Torino, la finanza che guarda al futuro
Leggi più chiare e certezza della pena per chi “sgarra”, specie per i colpevoli delle grandi frodi finanziarie, ma per combattere l’illegalità serve che la società tutta acquisisca consapevolezza rispetto all’importanza delle regole e del cambiamento necessario nel modello di produzione e degli stili di vita. Questo il messaggio forte emerso della prima giornata di “Join for Change, Compartimos 2011”, la tre giorni dedicata alla finanza nel suo legame necessario e imprescindibile con la società, promossa dal Gruppo Abele, dal consorzio finanziario per il microcredito Etimos e dalla neonata Etimos Foundation, ospitata nella sede del Gruppo Abele.
«La crisi della legalità è direttamente proporzionale a un individualismo insofferente di regole e limitazioni» ha affermato don Ciotti ricordando che Bankitalia ha stimato il valore del volume di riciclaggio nel nostro Paese intorno a un 10% del Pil. Ciotti ha poi puntualizzato che secondo la Banca mondiale, solo il 30-35% dei circa 1.600 miliardi che alimentano i flussi finanziari internazionali “sporchi” (una stima al ribasso) sono di provenienza criminale: il rimanente è legato a pratiche commerciali illecite, al furto e alla corruzione. «Segno di un’illegalità diffusa che inquina in profondità l’economia, di un’eclissi dell’etica».
Gian Carlo Caselli, procuratore capo della Repubblica di Torino, ha affermato che il riciclaggio di denaro oggi avviene sempre più attraverso i circuiti di finanza internazionale sull’onda del progresso tecnologico e ricorrendo ai più moderni mezzi telematici: «Dall’altra parte, gli apparati di contrasto si incagliano nella burocrazia delle leggi statali e nell’impossibilità di ricostruire i flussi di denaro depositati nei vari paradisi fiscali. Solo una strategia globale di lotta all’illegalità, armonizzata a livello internazionale e in grado di superare i confini nazionali, potrà portare a risultati significativi».
La criminalità organizzata ha imparato velocemente come sfruttare a proprio favore la globalizzazione: è d’accordo anche Tiberio Bentivoglio, imprenditore di Reggio Calabria nel settore articoli sanitari parafarmaceutici e per la prima infanzia, che coordina ReggioliberaReggio, un network di imprese, professionisti, associazioni, cooperative e consumatori della provincia che contrastano ‘ndrangheta e racket. Una scelta coraggiosa che paga con una vita sotto scorta, dopo che il 9 febbraio 2011 è finito all’ospedale colpito da un proiettile. «Le mafie hanno capito prima di qualsiasi guru finanziario come gira il mondo e come usare tutti i moderni mezzi per creare veri e propri imperi. Io invece sto ancora aspettando di riscuotere l’assicurazione per la distruzione completa della mia attività, che ho subito nell’aprile 2005. E poi c’è il nodo delle banche, che allontanano subito chi subisce minacce o attentati, che diventa un cliente a rischio dal quale cautelarsi. Anche per questo è fondamentale che gli strumenti di finanza etica divengano sempre più diffusi, specialmente al Sud».
Lo testimonia Gianluca Faraone, presidente del Consorzio Libera Terra Mediterraneo, sette cooperative siciliane che coltivano in modo biologico le terre confiscate a boss mafiosi del calibro di Giovanni Brusca e Totò Riina. «In passato i terreni e le strutture produttive nelle quali lavoriamo, essendo beni confiscati di proprietà dello stato e a noi affidati con la formula del comodato d’uso, non potevano costituire garanzie per le banche. Dal 2008 grazie a Banca Etica, Unipol Gruppo Finanziario e Coopfond è stato possibile istituire un fondo di garanzia per gli investimenti di cui abbiamo bisogno per le nostra attività».
“Join for Change” proseguirà giovedì 12 maggio, giornata dedicata le prospettive della green finance come veicolo di sviluppo e strumento di investimento; venerdì 13 maggio si analizzerà la capacità di tenuta alla crisi dimostrata, numeri alla mano, dalla finanza cooperativa e il suo ruolo nella congiuntura presente e negli scenari futuri.
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