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Usa: l’ultimo don testimonia contro Cosa nostra

Di Gaetano Liardo il . Internazionale

Lo chiamano l’ultimo don, “the last don”, perchè è sempre stato uno all’antica. Un pezzo grosso della famiglia Bonanno, una delle cinque famiglie della Cupola di Cosa nostra a New York, che ha retto dagli anni ’90 fino all’arresto. E’ stato condannato all’ergastolo dai giudici statunitensi per sette omicidi nel 2004. Nel 2005 ha subito l’ottava condanna per omicidio, oltre che per associazione mafiosa, che gli è valso il secondo ergastolo, nonché il rischio della pena di morte. E’ stato allora che Joseph “Joey” Mssino ha deciso di collaborare con la giustizia americana. Il primo boss di altissimo livello che ha saltato il fosso. Una collaborazione importante che ha consentito allo Fbi di portare a compimento numerosi arresti. In questi giorni, per la prima volta da quando ha iniziato a collaborare, Massino è apparso pubblicamente davanti alla Corte del distretto federale di Brooklyn.

Sta testimoniando contro Vincent Basciano, boss della famiglia Bonanno, accusato dell’omicidio di Randolph Pizzolo, anch’egli associato dei Bonanno. Basciano sta già scontando l’ergastolo per numerosi reati di mafia, se dovesse essere condannato anche per quest’ultima accusa rischia la pena capitale. Già nel passato numerosi boss della famiglia Bonanno sono stati condannati grazie alle testimonianze rese da Massino. L’ex capo-famiglia conosce i reati commessi da suoi affiliati proprio perchè ne è stato per lungo tempo il regista. Massino, inoltre, da capo-famiglia ha introdotto regole ferree per limitare i controlli da parte della polizia, rendendo invisibile l’operato dei Bonanno. In un periodo in cui le altre famiglie della Commissione erano falcidiate dalle defezioni di numerosi boss.

Un tentativo di “sommersione” che puntava sulla comunicazione discreta tra gli affiliati. Niente cellulari o telefoni. Massima riservatezza e circospezione. Parlando in tribunale Massino ha spiegato la sua strategia: «Non dovete parlare mai in un club, non dovete parlare mai in un’auto, non dovete parlare mai al cellulare, non dovete parlare mai al telefono, non dovete parlare mai nella vostra casa». Lo stesso Massino ha riferito ai giudici che trattava i suoi “affari” nella sala refrigeratrice nel ristorante di sua proprietà. Un posto sicuro da cimici e spioni. Tuttavia, le regole imposte da Massino hanno soltanto limitato i danni. La famiglia Bonanno, infatti, ha subito la più grande infiltrazione poliziesca da parte dello Fbi grazie al lavoro dell’agente chiamato Donnie Brasco.

Conquistata la fiducia della famiglia, Brasco riuscì a raccogliere i segreti dei Bonanno fornendo una ricca e circostanziata documentazione agli inquirenti. Lo stesso Massino, infine, ha deciso di collaborare. «Che poteri aveva?» – ha domandato il giudice al vecchio boss, 68 anni, nel corso della testimonianza in Tribunale. «Omicidi, responsabilità della famiglia, nominare i capi e rimuoverli», ha risposto Massino. La prima udienza del processo contro Basciano è stata concentrata proprio sulla figura di Massino. Un capo di altissimo livello in grado di delineare le strategie di Cosa nostra americana. «Se hai bisogno di qualcuno per uccidere qualcun altro – ha dichiarato Massino – hai bisogno di operai. Serve ogni tipo di carne per fare un buon sugo». La collaborazione di Massino nel processo contro Basciano, tuttavia, ha sollevato molte polemiche. La difesa ha criticato le spese sostenute dai contribuenti americani in un processo contro un boss che sta già scontando l’ergastolo.

Polemiche, inoltre, sulla reale forza delle famiglie mafiose americane. Decimate dopo più di vent’anni di arresti eccellenti che ne hanno falcidiato le fila. Tuttavia, come riporta il New York Times, le autorità non sono così convinte della decadenza di Cosa nostra negli Stati Uniti. Anzi, scrive il quotidiano newyorkese, negli ultimi dieci anni le autorità hanno concentrato l’azione repressiva contro le organizzazioni terroristiche e i crimini dei colletti bianchi. Allentando, di fatto, la presa nei confronti del crimine organizzato. Correndo così il rischio che Cosa nostra possa riorganizzarsi, trovando nuove risorse e stringendo nuove alleanze. Un pericolo che non può essere sottovalutato.

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