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Reggio Calabria: quattro arresti per le bombe in Procura e le minacce ai magistrati

Di Gaetano Liardo il . Calabria

Quattro arresti per la strategia stragista contro i magistrati reggini. L’operazione, è stata condotta stamani dalla Squadra mobile di Reggio Calabria e dal Comando provinciale dei Carabinieri su richiesta del Gip di Catanzaro, che ha firmato le ordinanze di custodie cautelari avanzate dalla Dda del capoluogo calabrese. L’accusa rivolta alle persone coinvolte è relativa alle bombe, e alle minacce, nei confronti dei magistrati reggini. La prima fu quella del 3 gennaio 2010. Un ordigno rudimentale venne fatto esplodere davanti l’ingresso della Procura generale. Un chiaro messaggio nei confronti del neo Procuratore Generale Salvatore Di Landro, “colpevole” di aver dato una forte accelerazione ai procedimenti contro i boss della ‘ndrangheta. Minacce proseguite nel corso dell’anno con un ordigno fatto esplodere contro l’abitazione dello stesso Di Lando, il 26 agosto del 2010 e con il bazooka fatto ritrovare, ad ottobre, nei pressi del Ce.Dir, sede della Procura della Repubblica. Destinatario della minaccia il Procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone.

Un clima di tensione che non si è esaurito con questi attentati, oggetto dell’operazione odierna, ma che è proseguito per tutto il 2010 e che continua a persistere anche nel 2011. Una strategia “sottile” che per molti non è frutto soltanto dell’azione della ‘ndrangheta. Basti ricordare l’auto piena di esplosivi fatta ritrovare a Reggio Calabria lungo il percorso del corteo del Presidente della Repubblica in visita in città. Oppure i numerosi avvertimenti nei confronti del pm Giuseppe Lombardo, che sta verbalizzando le testimonianze dei nuovi collaboratori di giustizia: Antonino Lo Giudice, Roberto Moio e Consolato Villani. Proprio dalle dichiarazioni di Lo Giudice, capo dell’omonima cosca, sarebbero risultati elementi utili per l’operazione della Dda di Catanzaro di questa mattina. Lo Giudice è un elemento importante per ricostruire le vicende dell’ultimo anno in città. Lo scorso ottobre, grazie alle sue dichiarazioni, è stato possibile arrestare Antonino Cortese, accusato di essere l’esecutore materiale degli attentati contro la Procura generale, contro l’abitazione di Di Landro e del bazooka indirizzato a Pignatone. E’ stato arrestato ad ottobre al valico di frontiera tra l’Italia e la Slovenia dagli uomini della Squadra mobile di Reggio Calabria e di Trieste.

Sulla strategia messa a punto dalle ‘ndrine dal 2010 ci sono molti elementi oscuri. Secondo gli inquirenti, ma anche secondo alcuni parlamentari della Commissione antimafia, non è solo frutto dell’azione delle ‘ndrine. Molti elementi fanno pensare a contatti pericolosi con uomini dei servizi segreti, e con la massoneria. Basti pensare alle dichiarazioni, prese con le dovute cautele dagli organi inquirenti, di Giovanni Zumbo, il commercialista reggino che lavorerebbe per i servizi. Oppure ai contatti intrattenuti dai boss ‘ndranghetisti con ambigui personaggi che offrivano loro appoggi gratuiti e incondizionati, come ripreso da numerose intercettazioni telefoniche. In una intercettazione inserita nell’ordinanza “Il Crimine” gli inquirenti riprendono la conversazione tra il boss di San Luca, Giuseppe Pelle, e Giovanni Ficara, esponente del clan Ficara-Latella, su un “contatto” molto importante. «FICARA G.: non vuole soldi, non vuole niente, se gli voglio portare io una bottiglia… PELLE G.: Gliela portate, sennò niente. FICARA G.: …Se non ché, lo fa per amicizia, perché è “riggitano”…». Nella stessa conversazione Ficara descrive il suo “contatto”: «FICARA G.: Questo qua, amico nostro è uno dell’Aeronautica, dove lavora, solo che è nei Servizi Segreti. PELLE G.:  Ah, ah, ah! FICARA G.: E qualche due del ROS, nei Servizi Segreti pure». A dicembre, sempre grazie alle rivelazioni dei collaboratori di giustizia, è stato arrestato il capitano dei carabinieri Saverio Spadaro Tracuzzi, in servizio per molti anni al centro Dia di Reggio Calabria, con l’accusa di passare informazioni ai boss sulle operazioni condotte dalla Procura.

C’è poi la vicenda, mai del tutto chiarita, della missiva anonima inviata alla Dia di Caltanissetta all’indomani del bazooka fatto ritrovare davanti la Procura della Repubblica di Reggio Calabria. La lettera conterrebbe riferimenti ad un summit di mafia, che si sarebbe svolto nei pressi di Messina, tra esponenti di Cosa nostra, della ‘ndrangheta e del clan dei casalesi. Nel corso del presunto summit sarebbe stata stilata una lista di nomi di magistrati e giornalisti da colpire. Tra questi Giuseppe Pignatone e Michele Prestipino. Sulla vicenda indagano le procure di Catania, Messina e Catanzaro.

Con l’operazione di oggi, che fa seguito ad un fitta azione di contrasto portata avanti proprio dalla Dda di Reggio Calabria contro le cosche operanti nella città dello Stretto e le locali del mandamento jonico, nuovi elementi utili sono in mano agli organi inquirenti.

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