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Operazione “Raccordo”, il prete che si è opposto all’associazione antiracket

Di Gianluca Ursini il . Calabria

Dal mille e Seicento, ci insegnano i nostri Padri della letteratura italiana, esistono Don Rodrigo e sgherri, a tutte le latitudini italiche. Sopraffattori, estortori, minacciano, impongono la propria volontà al disopra della legge e vogliono che, chi abita nel territorio che considerano “roba loro” ubbidisca a quanto dispongono e fanno osservare con la forza dalle sue bande di bravacci. Dei mafiosi, in una parola; storia vecchia, che da quel ramo del lago di Como si potrebbe ai giorni nostri trasporre sui calanchi pre-aspromontani dello Stretto, dove il Don Rodrigo di turno si chiama Santo Crucitti, e c’è un uomo che prova a contrastare la sua prepotenza e spavalderia, Tiberio Bentivoglio.

E dove c’è un Rodrigo sopraffattore, a volte c’è un Don Abbondio che, timorato di Dio, e forse anche troppo, delle umane potenze e prepotenze, non riesce ad opporsi allo strapotere dei bravacci e invita le anime a lui affidate a non alzare troppo la testa, per non mettere a repentaglio la loro incolumità; e soprattutto, anche il quieto vivere della comunità. E’ il caso di Condera e della sua parrocchia, dove facevano molto discutere il coraggio e l’ardire di Tiberio, che voleva dire “basta” ai soprusi dei bravacci delle ‘ndrine e alle continue richieste di estorsione ai danni della sua attività. Succede che ci fosse una associazione che a questi bravacci voleva farla pagare, facendo valere la legge, e le denunce al braccio dell’ordine costituito: ma il Don Rodrigo di turno, Santo Crucitti aveva già decretato: “quella associazione non s’ha da fare”. E il Don Abbondio di turno, Don Nuccio Cannizzaro, pastore delle anime sulle colline tra Valanidi e l’Eremo, a Condera, non sa dire di no, come il suo predecessore sul lago di Como quattro secoli or sono. E si piega al volere del boss, intercede perché l’associazione non veda la luce, perché i suoi fedeli non vengano distratti e turbati dalla lotta alla mafia e perché quel Bentivoglio, insomma, si faccia i fatti suoi, se ne faccia una ragione, qua deve vivere e per decenni tutti hanno fatto così, hanno pagato il pizzo, perché deve venire a interrompere la quiete di questa comunità, dove nulla accadeva prima che lui si mettesse in testa certe idee?

Non pagare e ribellarsi al pizzo, figurarsi. No, no, questa associazione, diceva bene Crucitti, non è cosa da farsi a Condera, bisogna dire due paroline a quel Marcianò, l’imprenditore edile che mette a disposizione i locali per l’associazione antipizzo, “vedete di non portare le donne”.. Queste cose, queste riunioni sediziose, sono pericolose per le signore timorate di Dio. Tanto che il boss Santo Crucitti alle domande del pm Lombardo chiarisce di aver subito sposato la causa di Don Cannizzaro, «meglio non fare bordelli con questa associazione, non portate le donne»: a domanda risponde il boss di Pietrastorta: «Eee dottore non lo so nemmeno io come è venuta in testa questa cosa (di prestare la casa per la ‘Harmos’ ndr) a Consolato (Marcianò) che ci siamo cresciuti da figghioli; questa se vogliamo è una cosa che ha detto pure il prete, perché il prete l’ha fatta questa cosa, e ve la chiarisce pure, il prete».

Don Cannizzaro da subito prova a fare capire ai suoi parrocchiani come quel luogo, quella associazione antiracket, Harmos, non è cosa da frequentare per donne timorate della Chiesa. Così, nell’anno del Signore 2004, il signor Consolato Marcianò andrà in parrocchia dal nostro Don Abbondio, a riferire che in quella associazione di Bentivoglio e della moglie, la signora Falsone, non c’è e non ci sarà nessun accenno di antimafia, per rassicurare il parroco, che provvederà (così come ricostruito dai pm nel fermo “Raccordo”) a far arrivare la voce al boss Crucitti, attraverso un altro accolito, come sempre un imprenditore edile anch’egli, Paolo Romeo, che porterà “l’imbasciata” del  parroco: «State tranquillo, da quelli di “Harmos” non c’è nulla da temere». Poi, nell’aprile 2005, la bomba al negozio di Bentivoglio; e la parola fine alla nascita di una associazione anti-racket.

Vicende che poi il parroco Cannizzaro e il fedele Marcianò, imprenditore edile minacciato dal boss, commenteranno nell’aprile 2010, a due mesi di distanza dalla sentenza di condanna al boss Cruccitti a 6 anni. Cinque anni dopo la vicenda dell’intermediazione del Don Abbondio; cinque anni in cui il potere mafioso di Crucitti aveva continuato ad intimidire il povero Consolato Marcianò;  Consolato, che ha perso la consolazione, e cerca conforto, confidandosi con Don Nuccio – Don Abbondio: «“Padre, sapete come andò a finire?” – don Nuccio “Dimmi , figliolo” – Marcianò “che una volta ho incontrato Santo (il boss, ndr) in piazza del Carmine e mi disse: “Se mi ‘’ttaccanu ( mi mettono ai ceppi, mi arrestano) la colpa è la tua”; ma io gli ho detto subito: vatti a vedere che cosa dissi, è tutto scritto, io non c’entro niente, vai a leggerti le cose, vai e leggi le carte, come io testimoniai tre volte in favore tuo” don Nuccio: “Ma se io glie lo ho detto, ma se quando sei venuto tu, ma io ho dichiarato per aiutarlo, io lo aiutai, sempre”. E continua il Don Abbondio: “E’ venuto a dirmi che tu, che con Crucitti si incontravano, ma io, io gli ho riferito, dissi ‘’e chi è sta cosa?’’  che tu avevi chiuso la cosa, che avevi detto: vabbò basta, cca finiu u film (sono chiusi i giochi, finiamola qua, ndt) e lui non ti ha minacciato. Cioè io glielo dissi, e lui non ti ha più minacciato. Ti ha minacciato più Santo? No, non ti ha minacciato più”».

Il Don Abbondio briga e negozia e promette, e con la sua bontà dovuta all’osservazione distaccata delle terrene vicende, può persino permettersi di intercedere per conto dei suoi parrocchiani, con i boss mafiosi a tu per tu. Come erano le parole dell’Abbondio manzoniano? «Una parolina, giusta, detta al momento opportuno». Ma a differenza di Don Abbondio, don Nuccio Cannizzaro è un prete del duemila, è prete tecnologico, e dimostra affinità e conoscenza persino delle più avanzate tecniche di ascolto e registrazione, nel suo colloquio col parrocchiano Consolato: «ma io non so picchì (i Crucitti, ndr) si sono impuntati con me». Don Nuccio: «No, perché tu poi mi dicesti di intervenire, perché c’era una microspia nella macchina di quello “storto” (quel fesso, ndt), che sapevamo noi! Eh eh! Capisci, chistu u problema fu». Consolato: «ma don Nuccio, se pensate che a QUELLO  della denuncia l’hanno trasferito (il maresciallo dei Carabinieri che raccolse le dichiarazioni dell’imprenditore coraggio Bentivoglio)» Don: «Eh, perché se non c’era la microspia, ci sono pure dichiarazioni che tu dovevi fare il campo sportivo là sopra, ma che sunnu ssi cosi? Ma poi mi hanno scritto negli atti che io “andavo chiamando” i cristiani uno ad uno “mu nesciunu i ll’associazioni” (perché uscissero da lla Onlus, ndt), io? Ma io, ma non chiamai a nuddhu mai (a nessuno mai! Ndt)».

Forse una differenza tra Don Abbondio e Don Nuccio, di fatto, nei caratteri esiste; tale protervia e sicurezza, il pretuccio di quel ramo del lago di Como, mai la dimostra, nelle pagine manzoniane. Invece, i forti sapori aspromontani e il sole dello Stretto, sul capo di uomo di Chiesa di Don Nuccio, hanno “calato”  un carattere ben determinato e assertivo, quando si tratta di argomentare in difesa delle sue frequentazioni con poliziotti o mafiosi, mai si dica qualsiasi cosa sul suo conto, che nessuno, in parrocchia, si azzardi a parlarne.

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