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Dopo Dachau prima di Auschwitz

Di Riccardo Orioles il . Sicilia

I tedeschi non cominciarono subito ad ammazzare gli ebrei. Prima dichiararono che non erano cittadini come gli altri, e anzi probabilmente neanche esseri umani. Poi cominciarono a vessarli in tutti i modo, cogliendo qua e là le occasioni per estorcergli del denaro. Nel 1933, “per ragioni di ordine pubblico”, istituirono dei “campi di raccolta” (Konzentration Lager) che presto, per brevità, cominciaronmo a essere chiamati semplicemente “campi” (Lager). Infine, sette anni dopo, esaurito tutto il dibattito e stabilita la piena incompatibilità fra una “razza” e l’altra, fu aperto Auschwitz (1940).

Qua l’obiettivo era la “soluzione finale” del problema, visto che tutte le altre soluzioni si erano rivelate insufficienti e, come si direbbe oggi, “buoniste”:  I campi di concentramento in Italia esistono già, e si chiamano campi temporanei di raccolta. Le persecuzioni sono già in atto da molti anni, e così pure la teorizzazione scientifica dell’incompatibilità di fondo fra una razza e l’altra. L’estorsione dei soldi, fra una cosa e l’altra, non è stata assente: il disavanzo Inps è pagato dagli immigrati, e in più di un’occasione (per i rinnovi, per le “regolarizzazioni” e chi più che ha più ne metta) la razza inferiore ha dovuto pagare in moneta la tolleranza della razza eletta.  Manca, finora, la “soluzione finale”. Ma già diciassettemila Untermensch sono stati annegati (per scelta politica: in mare i bianchi viaggiano su regolari traghetti) nel nostro bel mare. Ma, quanto a teorizzazioni, non siamo molto lontani.  Sia Bossi che Goebbels, sia Calderoli che Herr Streicher, hanno fatto capire in più occasioni che la cosa importante, per gli uomini-non-umani, non è di sopravvivere, ma di togliersi di mezzo. “Foera di ball”, si dice in tedesco. Che il resto debba seguire non è una mera ipotesi, ma – ragionevolmente – una probabilità molto forte.  Il regime italiano, come quello tedesco del ’36, avrà forse consenso (e nel nostro caso è molto dubbio, visto che lo vota meno d’un quarto dei cittadini). Ma non è sicuramente legale. Qualunque cittadino tedesco, nel regime di Goebbels, aveva il diritto – e spesso il dovere – di non tener conto alcuno delle ingiunzioni delle autorità, trattandosi di disposizioni illegittime, in violazione delle costituzioni e delle leggi, e soprattutto dei comuni principi della morale umana. 

Maroni, Calderoli, Bossi, Streicher e tutti gli altri razzisti non godono di autorità maggiore. I loro ordini non  hanno peso, nessun pubblico ufficiale o cittadino è  tenuto a obbedire, ed è anzi dovere civico, e doveroso tributo all’onor militare, boicottare apertamente gli ordini disumani. Lo fecero carabinieri, Regia Marina, ufficiali del Re, sotto il fascismo. La loro pietà umana, e il rispetto delle stellette, indicò loro la via del dovere, contro ogni burocratica – ma vile e illecita “obbedienza”.  Son questi i termini della questione. Il regime è illegale, bisogna disobbedirgli apertamente. Non per le Rudy e le Noemi, storie tristi e grottesco che rendono ridicolo ogni italiano nei paesi normali. Ma per la strage voluta, per la criminale teorizzazione  e messa in pratica della persecuzione sistematica di una “razza”.  In Libia, in Egitto, in Italia stessa i dittatori e i subalterni responsabili dovranno pagare, quando la legalità sarà ristabilita. Nei Paesi feroci, come nella Germania d’anteguerra, nulla dovrà restare impunito.  A questo nuovo nazismo dovrà corrispondere una nuova Norimberga. Una Corte internazionale che giudichi gli stragisti e i i loro seguaci, non a Ginevra o all’Aja ma in un paese-vittima, a Nuova Delhi, a Brasilia, in una delle potenze democratiche dell’avvenire.  Si ebbe anni addietro un Tribunale internazionale, presieduto da Lord Russell, per i crimini contro l’umanità in Vietnam. Bisogna che personaggi autorevoli, gli scienziati, i Nobel, i sapienti del mondo, assumano un’iniziativa del genere, in attesa di una vera e propria Corte Penale delle nazioni. Nulla deve restare impunito e nulla, fin d’ora, deve restare non denunciato. Perché la politica è finita e quella di oggi – decine di bambini annegati, per volontà di un regime, e forse di una nazione, è un’altra cosa.  E questo è quanto.

Avremmo dovuto scrivere delle ultime risultanze giudiziarie, da cui emerge che per la seconda volta consecutiva il Governo della Sicilia è ufficialmente colluso con la mafia. Avremmo voluto scrivere della disperata resistenza dei quartieri poveri catanesi, della rinascita dell’Experia (unico presidio civile, in alcuni di essi, oltre al Gapa).  Ma anche questi argomenti, per quanto importantissimi, passano in secondo piano dinanzi alla drammaticità di questa semplice cosa: viviamo in un regime illegale.  Non è questa o quella legge ad essere violata, lo sono tutte. Non è questo o quel crimine di cui accusiamo il governo, il crimine è lui stesso.  Certo: è “estremistico” dirlo, è  impopolare, è rozzo. Ma era impopolare anche a Weimar, era “estremista”. Noi siamo a Weimar, fuor d’ogni dubbio. L’eccessiva prudenza, in quegli anni, creò milioni di morti.

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