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Aprile 1977: la strage di Razzà che cambiò la percezione della ‘ndrangheta

Di Anna Foti* il . Calabria

1 aprile 1977, l’invisibilità delle ‘ndrine viene violata perchè un summit di ‘ndrangheta viene scoperto da tre carabinieri in servizio nel Nucleo Radiomobile del Comando Compagnia Carabinieri di Taurianova. In particolare la famiglia Avignone di Taurianova, una delle più aggressive nella provincia reggina, subisce la perdita di due componenti Rocco Avignone, 35 anni, e suo nipote, Vincenzo, di anni 20, sacrificatisi nel conflitto a fuoco contro le forze dell’ordine per consentire la fuga di altri, evidentemente più potenti, della stessa famiglia ma la cui vita e la cui libertà non avrebbero potuto essere minacciate. 

Ma su quei prati, da poco trascorse le ore 14, quel primo aprile di 34 anni fa scorreva anche il sangue dell’appuntato dei Carabinieri Stefano Condello e del militare dell’Arma Vincenzo Caruso. Sopravvissuto allo scontro a fuoco il Carabiniere Pasquale Giacoppo, inizialmente rimasto a guardia dell’autoradio, che nulla potè fare per soccorrere i colleghi dopo avere sentito il fragore degli spari. E’ la strage di Razzà, frazione di Taurianova, rievocata anche nelle pagine del volume a firma dell’allora presidente della Corte d’Assise di Palmi, Saverio Mannino, con la prefazione di Luigi Malafarina.  
Un volume che ricostruisce la vicenda processuale conclusasi in primo grado con condanne per 200 anni complessivi di carcere, 30 dei quali comminati al boss di Taurianova Giuseppe Avignone. Lo Stato non si costituì parte civile. Quello stesso Stato che invece i Carabinieri avevano onorato, divenendo in quel contesto di assoluto pericolo, eroi per avere svolto il loro dovere, per essersi soffermati su quelle autovetture, troppe, per il casolare del pregiudicato Francesco Petullà. Era in corso un summit, la cui interruzione costò la vita di quattro persone e squarciò la coltre che avvinghiava il malaffare alla fine degli anni Settanta. 

Il sacrificio di Stefano Condello e Vincenzo Caruso valse la Medaglia d’Oro al Valor Militare, alla Memoria, e condanne a due secoli di reclusione. 
Oggi la strage di Razzà è ancora di drammatica attualità per gli scenari che ha svelato, all’epoca inediti, di una criminalità mafiosa viva e capace di intrecci fino alla capitale e di ramificazioni anche nei subappalti del Quinto Centro Siderurgico di Gioia Tauro, nelle tangenti e nell’indotto degli investimenti immobiliari. 

Sono gli anni in cui si delinea anche la fitta geografia delle cosche della Tirrenica, della Jonica, dell’Aspromonte, della città di Reggio Calabria. Le stesse che oggi sono arrivate al Nord, oltre confine e oltre oceano e che dai sequestri di persona e dal contrabbando di sigarette sono approdate al traffico di droga e di armi, al riciclaggio di denaro sporco.  Ad oggi la memoria potrebbe davvero poco di fronte a tale sacrificio qualora mancasse la prospettiva concreta di sconfitta di questo male che con la Calabria convive ormai da troppo tempo. 

* www.reggiotv.it

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