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Libera, l’illegalità sconfitta dai giovani

Di Agnese Moro* il . L'analisi

Nata
il 25 marzo 1995 con l’intento di sollecitare la società civile nella
lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia, “Libera. Associazioni,
nomi e numeri contro le mafie” è, come recita un depliant di presentazione,
“un coordinamento di oltre 1500 associazioni, gruppi, scuole, realtà
di base, territorialmente impegnate per costruire sinergie politico-culturali
e organizzative capaci di diffondere la cultura della legalità. La
legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, l’educazione
alla legalità democratica, l’impegno contro la corruzione, i campi
di formazione antimafia, i progetti sul lavoro e lo sviluppo, le attività
antiusura, sono alcuni dei concreti impegni di Libera. Libera è riconosciuta
come associazione di promozione sociale dal Ministero della Solidarietà
Sociale. Nel 2008 è stata inserita dall’Eurispes tra le eccellenze
italiane.”

In
realtà Libera è questo, e molto altro ancora. E’ un prezioso mobilitatore
di risorse, che rischierebbero, altrimenti, di essere inutilizzate e
di andare, quindi, sprecate.

Prima
risorsa tra tutte, è quella dei giovani, ai quali Libera offre un terreno
di impegno, sia quotidiano che occasionale, con le tante occasioni nelle
quali è possibile far sentire la propria voce, come nei giorni scorsi
a Potenza, nella Giornata della memoria e dell’impegno, o come nelle
attività di formazione, di sensibilizzazione e di utilizzo dei beni
confiscati alle cosche. Quest’ultima, fra tutte, è forse quella che
ha maggiore valore simbolico, oltre che impatto pratico. Si tratta,
infatti, di fare in modo che quelle proprietà che gli esponenti della
criminalità organizzata hanno acquisito con le attività illegali,
e che lo Stato ha sequestrato, divengano luoghi di sviluppo delle comunità
locali. Campi lavorati da cooperative di giovani, palazzi che divengono
luoghi di cultura o di aggregazione sociale. Realizzazioni spesso osteggiate
attivamente dalla criminalità che, se non può riprendersi ciò che
è stato “suo”, vuole però impedire che sia utilizzato in favore
di tutti. Tutto ciò che crea coesione sociale e riallaccia legami di
fiducia è, per chi pratica sistematicamente l’illegalità, almeno altrettanto
pericoloso della attività di contrasto realizzata dalle forze dell’ordine.

Ho
sentito più di una volta don Luigi Ciotti, fondatore e animatore di
Libera, insistere sul fatto che i giovani non sono il nostro futuro,
ma il nostro presente. Con questa affermazione, don Ciotti comunica
ai ragazzi due cose importanti: che da subito quello che loro fanno
conta, e che il cambiamento non è qualche cosa da attendere da un astratto
futuro migliore, ma nasce e cresce con l’impegno personale. Una sollecitazione
alla quale i giovani sembrano aderire con convinzione ed entusiasmo.
A dimostrazione, anche, del fatto che non sono amorfi e disinteressati,
come troppo spesso vengono descritti, ma capaci, invece, di rispondere
con la generosità di sempre quando si chieda loro di fare cose belle
e grandi.

Accanto
a quelle dei giovani, ci sono poi vite sempre a rischio di andare “perdute”,
schiacciate dal dolore, dalla rabbia per non avere avuto giustizia,
per la solitudine e il silenzio che le circonda. Sono quelle dei familiari
delle vittime innocenti della criminalità organizzata, ai quali Libera
dà appoggio, umano e giuridico, solidarietà e rinnovate ragioni per
vivere pienamente. La memoria dei propri cari diventa memoria collettiva.
Il dolore di ognuno è il dolore di tutti. La presenza di queste persone
è uno dei punti di forza dell’organizzazione. Testimonianze della necessità
e della possibilità della vita di rinascere, almeno un poco, buona.

E’
proprio creare speranza, anche lì dove questa sembra assolutamente
assente, il più importante valore aggiunto di Libera. Un’opera preziosa
contro quella disperazione e quel disimpegno che sono il vero nutrimento
dell’illegalità e di ogni altra forza che ritarda il dispiegarsi di
una umanità semplice, libera e giusta.


Pubblicato nella rubrica “Costruire cose buone” domenica 27 marzo 2011 sul quotidiano La Stampa.
Si ringrazia la direzione del giornale per l’autorizzazione alla pubblicazione sul nostro sito.

*Agnese Moro (1952), dopo la laurea in psicologia si è dedicata alla
tutela dei diritti dei cittadini, sia professionalmente, sia militando
in organizzazioni della società civile. Nel 2003 ha pubblicato con la
Rizzoli il libro di ricordi “Un uomo così”, dedicato al padre Aldo; il
testo, ampliato, è stato ristampato nel 2008.

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