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Resistenti. Fare l’avvocato senza difendere mai i “padroni” (e morire come un giusto)

Nando dalla Chiesa il . Diritti, Giustizia, Lavoro, Lombardia, Memoria

In giorni che appaiono di festa, vorrei raccontarvi una festa particolare. Un funerale.

Ma non di quei funerali in cui si balla e brinda ridendo “perché lui (o lei) avrebbe voluto così” e che, quando mi capita di parteciparvi, mi danno un po’ di vertigine. Ma un funerale, se vogliamo, abbastanza convenzionale. Almeno nelle aspettative dei convenuti.

Una cerimonia laica in cui il ricordo è affidato ad amici e conoscenti che esordiranno spesso, implacabilmente, raccontando di sé. Solo che poi lo svolgimento vero del ricordo prende spontaneamente un altro e più alto significato. Che proverò a spiegare.

Intanto il luogo. La Camera del Lavoro di Milano, salone Di Vittorio. In linea con le vita e le passioni di chi non c’è più.

Che è Mario Fezzi, storico avvocato del lavoro, punto di riferimento per una massa di operai e impiegati che il tempo ha gonfiato, e che in lui trovò una difesa generosa e inflessibile (e competente). Un’autentica scelta di campo, la sua, come se ne vedono poche, per l’ottima ragione che “tutti hanno il diritto di essere difesi”.

Fezzi non volle mai difendere un datore di lavoro né associazioni datoriali, benché gli fosse stato chiesto più volte. Che rapporto morale può avere un operaio con il suo avvocato se il giorno prima o quello dopo lo vede difendere un “padrone”? Lo so, la questione è controversa. Fatto sta che così decise.

Una scelta che deve avere lasciato un segno nelle coscienze e nel cuore di molti. La sala grande della Camera del Lavoro si riempie, si riempie sempre di più, in piedi arriva a 600 posti. Ne occorrono quasi altri duecento in una sala collegata per tenere tutti quelli che arrivano in un primo pomeriggio di un giorno feriale. Persone di tutte le età, anche se prevalgono fisiologicamente i più anziani.

È solo la mia esperienza, ma posso garantire che non ho mai visto quella sala così strabordante, nemmeno per le grandi occasioni politiche. Una folla commossa, composta. Che non cede alle suggestioni politico-ideologiche. Nessuno applaude di nostalgia per il ripetuto riferimento alla parola “compagni” (“se ancora si può dire”), che pronunciata in quel clima potrebbe fare immaginare ovazioni.

Vedo occhi che si inumidiscono, un rispetto muto. Scopro che quella sala è piena di gente che vuole bene a Fezzi, che “compagno” lo era davvero, ma per molti presenti è soprattutto quello che mi ha difeso e difendeva solo quelli come me.

Sì, le folle sanno ancora volere bene. Non solo ai calciatori o ai personaggi televisivi. Ma anche a un professionista che non guidava partiti, anche se ispirò la candidatura a sindaco di Giuliano Pisapia. Un professionista che non se ne è andato da martire, ma dopo una malattia affrontata con coraggio, portandosi via il suo carico, che in sala tutti ricordano, di simpatia contagiosa, di amore per i piaceri della vita condivisi con una moglie e due figli adorati (bellissimo, impagabile, il cd dedicato a un anniversario di matrimonio), di delicatezza mista a quel pizzico di ribalderia che bisogna saper concedere agli spiriti ribelli.

Ecco perché gradualmente l’appuntamento funebre si è trasformato in una festa, ha cambiato l’abito in corsa, almeno agli occhi di chi fosse disposto a vederlo. “Ma è una gioia vederti qui” ha esclamato una signora salutando un’amica. Non era una gaffe. Era il riconoscimento spontaneo di quel che in tanti stavano vivendo.

Come se l’avvocato amato si aggirasse per quel luogo a lui così caro dispensando battute e ricordi. E pure qualche incitamento a fare il proprio dovere, tra cui quello di godersi i piaceri possibili.

Nella Milano periodicamente percorsa da lampi di cupezza, da bramosie appena rattenute, che nemmeno il Natale riesce del tutto a oscurare, un pezzo di città festeggiava la sua storia migliore.

Brindare? Meditate gente, meditate…I sentimenti sono materia resistente. Non “resiliente”, ma proprio resistente.

Il Fatto Quotidiano, Storie Italiane, 16/12/2024

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