“Il Mediterraneo dei gelsomini”
«Le armi italiane sono oggi corresponsabili dei crimini che si stanno commettendo in Libia. Risulta esserci una vendita da parte dell’Italia di settantanove milioni di euro di armi leggere alla Libia. Una vendita che sarebbe avvenuta attraverso una triangolazione tra Italia, Malta e Libia. Tutto senza le necessarie autorizzazioni della Presidenza del consiglio né del ministero degli interni. Chiediamo, al parlamento e al governo, chiarezza e informazioni su queste vendite». Sono le parole che ci rilascia il coordinatore della Tavola della pace, Falvio Lotti, al margine del presidio davanti a Montecitorio intitolato “il Mediterraneo dei gelsomini”.
Le Nazioni Unite, nel 1998, adottarono la Dichiarazione per promuovere e proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali universalmente riconosciute. Oggi è il primo strumento dell’ONU, spesso dimenticato ma che riconosce l’importanza e la legittimità del lavoro dei difensori dei diritti umani, così come il loro bisogno di avere una protezione migliore.
«Tutti hanno diritto, individualmente e in associazione con altri, di promuovere e lottare per la protezione e la realizzazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali a livello nazionale e internazionale» è uno dei principali articoli della dichiarazione ONU. Le associazione e sindacati italiani lo scorso venerdì a Roma hanno reso vivi questi principi con un presidio per esprimere solidarietà al popolo libico, violentemente represso per aver espresso pacificamente il proprio dissenso al dittatore Gheddafi.
All’iniziativa c’erano tutte quelle sigle che vogliono far sentire il loro “basta” al massacro in Libia. Molte le firmatarie dell’appello, da Tavola della pace a Legambiente, da Amnesty international all’Arci, tutte in piazza per far sentire la loro contrarietà alla repressione violenta del popolo libico, e alla inerzia della politica estera italiana nei confronti dell’emergenza umanitaria che con il passare delle ore aumenta la sua tragica portata di vittime umane.
Concomitante con Roma altre piazze italiane hanno fatto sentire forte e chiara la loro voce. Tra le richieste condivise dal presidio: l’immediato invio di osservatori internazionali da parte delle Nazione Unite e dell’Ue; il blocco della vendita di armi e la sospensione di ogni forma di cooperazione militare con i tutti i paesi che non rispettano la libertà di manifestare; l’apertura tempestiva di una inchiesta internazionale dell’Onu tesa a individuare, processare e punire i responsabile delle uccisioni e delle violenze contro i civili. In piazza, anche per ribadire l’innegabile coinvolgimento dell’Italia con ciò che accade aldilà del mare. Le speranze e i timori, i successi e le tragedie delle sollevazioni arabe disegnano pure il nostro il futuro.
Il nostro Paese si trova nel centro del Mediterraneo ed è da qui che è sempre venuta gran parte della nostra storia. Dopo il presidio, prosegue Lotti, le manifestazioni non si fermeranno: «Invitiamo tutti i cittadini ad esporre la bandiera della pace dal balcone di casa propria. In segno di solidarietà con tutti i giovani che stanno rischiando la vita per la rivendicazione dei diritti fondamentali e inalienabili»
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