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Ragazzi di periferia a Napoli. Una questione urbana, minorile e criminale

Isaia Sales * il . Campania, Criminalità, Diritti, Giovani, Istituzioni, Mafie, Politica

Parafrasando Tolstoj, si potrebbe dire che ogni area urbana è felice allo stesso modo, se non è condizionata dalla presenza di bande organizzate. Al contrario, ogni grande città dominata dal crimine può essere infelice in modo del tutto originale.

Napoli non è in questo momento la città più violenta al mondo, né in confronto alle altre capitali europee. In Italia non detiene neanche il record del maggior numero di delitti ogni centomila abitanti. Precisato ciò, non si può affatto considerare quello che è avvenuto nelle settimane scorse come un qualcosa di “normale”, tipico di ogni metropoli dell’Occidente.

Le grandi aree urbane più violente sono quelle dove il controllo del traffico di droga si innesta su di un tessuto urbano e civile lacerato da evidentissimi contrasti e da dislivelli di opportunità.  L’economia della droga sembra offrire diverse chance di capovolgimenti radicali nella vita di persone che non speravano più di poterla cambiare. Sta di fatto che nel 2023 tra le 12 città più violente al mondo ne comparivano ben 7 messicane, 2 brasiliane, una venezuelana, una sudafricana e una nord-americana.

Non sono, dunque, solo il sovraffollamento o la miseria le cause principali della violenza urbana: moltissime megalopoli hanno in questo momento storico tassi bassi di omicidi (tutte le grandi città cinesi, New York, Tokyo, Londra, Istanbul, Seul, ecc.). Quello che incide è il controllo del traffico della droga abbinato a determinate condizioni di vita urbana e di aspettative.  Le narco-città sono quelle dove più esplosiva è la violenza.

E laddove c’è una così impressionante percentuale di guadagni illeciti, immediatamente si forma un floridissimo mercato delle armi. La questione minorile napoletana è purtroppo assai più densa, ingarbugliata e drammatica che in altre parti d’Italia.  Per coglierla appieno   faremo  riferimento ad alcune condizioni originali con cui si presenta.

1) Il concetto di periferia non è geografico ma sociale. Napoli è l’ultima grande città italiana a mantenere una estesissima periferia nel cuore del centro storico.  In Europa forse il paragone può essere fatto solo con Marsiglia. Alla periferia sociale ubicata al centro della città, si aggiungono altre due enclave criminali ubicate ai confini e nello sconfinato hinterland: un disagio distribuito in gironi concentrici.

2) Ciò fa sì che questione urbana, minorile e criminale si presentino in un intreccio inestricabile. In altre città i minori sono esposti alla deprivazione culturale e sociale, alla vita illegale ma non immediatamente a quella criminale. Qui il percorso è più breve tra violenza minorile e grande criminalità.

3) Se in altre grandi città la questione minorile è anche espressione di una difficile integrazione di varie ondate migratorie, a Napoli essa è quasi esclusivamente questione indigena, interna.  Gli stranieri e gli immigrati non c’entrano niente. Anzi mentre i bimbi delle famiglie di immigrati regolari vanno a scuola e non evadono l’obbligo scolastico, quelli delle famiglie napoletane dei quartieri più degradati non sentono la scuola come un luogo utile.

4) In altre città le forme violente si esercitano anche ad opera di ragazzi provenienti da famiglie borghesi, a Napoli invece c’è quasi il monopolio da parte di ragazzi di famiglie sottoproletarie. Non sembrano, quelli minorili, reati interclassisti.

5) Se in altre città l’impatto con la giustizia penale minorile non si tramuta necessariamente in continuità delinquenziale al raggiungimento della maggiore età, a Napoli e provincia una gran parte dei ragazzi che hanno commesso reati passano poi con naturalezza nelle carceri per adulti. Altissimo il numero di chi tra loro ha un genitore o un parente in carcere. Essi hanno cominciato prestissimo l’acculturazione illegale, per strada e in famiglia.  In molti di essi l’analfabetismo di ritorno è elevatissimo.

Arricchirsi senza integrarsi è il loro modo di pensare, vivere e rapportarsi al mondo. Una specie di auto-apartheid, espressione di una radicalizzazione giovanile introversa nel tessuto della città.

* Storico, scrittore, membro del comitato scientifico di Avviso Pubblico

Il contributo è contenuto nel Longform “Napoli, ragazzi a mano armata” pubblicato su La Repubblica del 17-11-2024. Su concessione dell’autore

Fonte: Avviso Pubblico

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