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Il golpe di Berlusconi e quello di Marchionne

Di Riccardo Orioles * il . L'analisi, Sicilia

Stanno salvando l’Italia, ora mentre scriviamo, e stanno preparando il dopoberlusconi. Dove? A Milano. Chi? I congressisti del nuovo partito di Fini, i “futuristi”. A loro l’Italia perbene, giornalisti e politici, si affida. Il capo, proprio a Milano, o almeno il portavoce, era quella Tiziana Maiolo che, dopo brillanti e varie carriere “di sinistra”, alla fine è approdata ai berlusconiani; e da questi ai finiani, sempre rispettatissima e riverita. E’ quella che l’altro giorno, di fronte alla morte atroce di quattro zingarelli: «Più facile educare dei cani – ha commentato – che degli zingari bambini».

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Si chiamavano Raul, Fernando, Patrizia e Sebastian. Erano nella loro baracca, morti bruciati mentre si riparavano dal freddo. Quattro bare a via Appia Nuova. Quattro rom bambini. Attorno alle bare  le famiglie. Soli da sempre. Campi zeppi di topi. Oggi come  dieci anni fa a Casilino 700, nell’anno del Giubileo, quando era vietato raccontare le stragi dei ragazzini nei ghetti, e quell’anno là ne morirono almeno dieci.

A Roma ci sono più case sfitte che in ogni altra città d’Europa: centomila alloggi, dieci milioni di metri cubi di case vuote, come mille stadi di serie A. Ma per i poveri, per i Rom non c’è posto. Ghetti, tendopoli, miseria e spesso morte. Ma quale giornale, quale politico lo dice? Stiamo perseguitando gli zingari esattamente come ieri perseguitavamo gli ebrei. Ma la “politica”, a quanto sembra, è un’altra cosa.

La “politica” si affida alle Maiolo e ai Renzi, alle soluzioni indolori. ai dopoberlusconi tranquilli, con tutto che resta com’è salvo (forse) Berlusconi. Chi parla più della Fiat? Chi pensa più agli operai? Eppure è stato appena deciso (anche qui, esattamente come sotto il fascismo) che di diritti non ne hanno più, neanche uno. Ma la “politica”, a quanto pare, è un’altra cosa.

Il golpe è questo qua, ed è bilaterale. C’è il golpe di Berlusconi, vecchio imbecille vizioso, che minaccia e ricatta e mobilita i suoi “puttani”. Ma c’è anche quello di Marchionne e soci, che vogliono fare miliardi sulla pelle dei ragazzi. Nessuno, sotto i trent’anni, sa più come sarà il suo avvenire.

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Ma c’è un’altra politica, quella vera. La politica che ha appena mandato via Mubarak, senza violenza. La politica che non è affatto isolata (che dite, ora, di Obama?) e che sa cogliere le occasioni. «Qua bisogna puntare sui ragazzi di Ammazzateci Tutti» ha detto – secondo Wikileaks – l’uomo di Obama in Calabria. Chi se ne è accorto? Vorrà dire qualcosa, politicamente?

Sono momenti incredibili, in cui davvero è possibile il cambiamento. Purché sia cambiamento vero – a cominciare dallo spazzare via i mafiosi, che sono il cuore del Sistema – e purché si sia disposti a far sul serio e non solo balletti “politici”. Perché il mondo è cambiato. I vecchi non se ne accorgono, ma i giovani sì. L’Egitto è un paese giovane. E ha vinto, alla faccia di tutti.

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Sicilia: qua tutto è lento. Ma si muove. Catania: sono bastati pochi giornalisti e cittadini coraggiosi – ma al culmine di una catena lunghissima, lunga trent’anni – per mettere in crisi la camera di compensazione del Sistema locale, a Palazzo di giustizia. Vorrà dire qualcosa, politicamente?

Informazione libera e movimenti, lavorando insieme, possono sperare di vincere, in questa città. E’ già quasi successo una vita, coi Siciliani. Perché non riprovare?
Per l’informazione, in particolare, è arrivato il momento della verità. Il caso Procura di Catania ha fatto da cartina di tornasole: chi si è schierato e chi si è messo da parte, chi ha detto la verità e chi l’ha nascosta. Chi se l’è presa coi funzionari infedeli e chi coi “dossieraggi” che li smascheravano. Adesso, bisogna scegliere. O da una parte o dall’altra.

E’, finito, fra l’altro, l’equivoco di Sudpress, diviso fra l’onesta ingenuità dei giornalisti e le grevi ambizioni dei proprietari. Ora è il momento di riprendere la strada dei Siciliani, tutti insieme. A questo sta servendo, da tre anni in qua, questo nostro giornale, con tutto ciò – e non è poco – che gli vive attorno.

Non siamo, e non vorremmo essere, autosufficienti. Ma abbiamo una storia e delle idee chiarissime e decise, le uniche che nessuno qui potrà mai equivocare. E’ un patrimonio per tutti, per tutta la comunità che ci appartiene: cerchiamo di usarlo bene, con decisione e tutti insieme ed essendone sempre degni.

* da Ucuntu

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