Rai, presidio dei giornalisti precari: «Una lotta che deve essere di tutti»
La segretaria generale Fnsi Alessandra Costante: «Il precariato è una questione nazionale, è il più forte bavaglio alla libertà di informazione». In piazza anche i segretari dell’Usigrai, Daniele Macheda, e di Stampa Romana, Stefano Ferrante. Il presidente Di Trapani ha inviato un messaggio.
«La Federazione nazionale della Stampa italiana è al vostro fianco come è stata, è e sarà al fianco di tutti i colleghi precari. Perché il precariato è una questione nazionale, è il più forte bavaglio alla libertà di informazione». Così Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi, intervenendo martedì 12 novembre 2024 a Roma al presidio convocato dai giornalisti precari della Rai a viale Mazzini.
«Le vostre testimonianze – ha aggiunto – sono le stesse che sento ripetere ormai da anni fuori dalla Rai. La flessibilità ad ogni costo ha portato via la vita a decine di migliaia di giovani lavoratori. Su questo dobbiamo portare avanti una lotta che deve essere di tutti, che riguardi la Rai come i quotidiani, dove da anni il lavoro è stato appaltato all’esterno, dove si fa dumping tra lavoratori. Non c’è solo il finanziamento alla Rai, il taglio del canone, il fatto che non ci siano risorse certe per il servizio pubblico, al contrario di quello che prescrive il Media freedom act. La precarietà riguarda tutti. Tutta l’informazione ha bisogno di risorse».
Costante ha poi ricordato che «negli anni la Fnsi ha costituito coordinamenti dei precari nelle testate dei principali gruppi editoriali. Un lavoro che ha dato grandi risultati. Nel 2019 è stato firmato un accordo fra Rai, Usigrai e Fnsi per stabilizzare i colleghi. È da quello che dobbiamo ripartire. Noi oggi siamo al tavolo con gli editori per ridare dignità al lavoro dei giornalisti e risorse nelle tasche dei colleghi. Invece gli editori chiedono contratti più leggeri per i nuovi assunti: ancora dumping contrattuale e generazionale. Questo – ha concluso – non fa bene all’informazione e non fa bene al servizio pubblico».
Il presidio, davanti alla sede Rai, è stato animato dai giornalisti che lavorano nei principali programmi di informazione della tv pubblica, ma non hanno il contratto di lavoro giornalistico: autori, programmisti registi, programmisti multimediali, ‘artisti’, alcuni dei quali hanno raccontato la loro storia – che è la storia di troppi giornalisti italiani – sventolando cartelli come ‘Giornalisti di fatto senza giusto contratto’, ‘Stop al precariato’ , ‘Stop programmisti senza giusto contratto’, ‘Né ferie né maternità ma quale denatalità’.
«Senza il contratto giornalistico – hanno detto – non c’è libertà e dignità per i giornalisti della Rai. Chiediamo la riapertura immediata del tavolo di trattative che riconosca il contratto giornalistico a chi tutti i giorni fa informazione in Rai, come avvenne nel 2019 con l’accordo del ‘giusto contratto’».
A sostenere la protesta e le rivendicazioni, insieme alla segretaria generale Alessandra Costante e al segretario aggiunto della Fnsi, Matteo Naccari, anche il segretario di Stampa Romana Stefano Ferrante e il segretario dell’Usigrai Daniele Macheda. In piazza anche il segretario generale della Cgil Maurizio Landini e il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri, la presidente della commissione di Vigilanza Rai Barbara Floridia e i componenti del Consiglio di amministrazione dell’azienda, Federica Frangi e Roberto Natale.
Il presidente della Fnsi Vittorio di Trapani, impegnato tra Milano e Vigevano per gli 80 anni dell’Anpi e il Consiglio nazionale dell’Unione Stampa Sportiva, ha inviato un messaggio ai manifestanti nel quale ha ribadito, fra l’altro: «La questione del ‘giusto contratto’ mi sta molto a cuore, è stata una delle priorità del mio ultimo mandato come segretario Usigrai. È arrivato il momento di concludere quel percorso: accordo per la fase 2 del giusto contratto e blocco delle prime utilizzazioni a partita Iva. Invece la Rai gioca sulla pelle dei lavoratori: dice no al giusto contratto e intanto continua con le chiamate dirette. E anzi china il capo di fronte al governo che in maniera illegittima impone il taglio del costo del lavoro, il che vuol dire la fine di ogni possibilità di fase 2. Ipotesi inaccettabile».
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