Ferito imprenditore che aveva denunciato racket
«Siamo sul fronte e non si può più restare fermi a guardare». Queste le
prime parole che Domenico Nasone, referente di Libera Reggio Calabria,
ci affida direttamente dai corridoi dell’ospedale in cui è ricoverato
l’imprenditore Tiberio Bentivoglio, ferito stamani a Reggio da
un colpo d’arma da fuoco sparato contro la sua gamba. Bentivoglio è un
imprenditore che aveva denunciato il racket, è socio fondatore di ReggioLiberaReggio il movimento antiracket della città, si è costituito parte civile nei processi contro i
sui aguzzini e porta in giro
la sua testimonianza.
Gli aggressori hanno atteso l’imprenditore
sotto casa e hanno fatto fuoco non appena è uscito per andare a
lavorare. I proiettili sparati contro l’uomo sarebbero stati due ma solo
uno lo ha colpito al polpaccio. L’agguato è
avvenuto nei pressi di Gambarie, in Aspromonte, intorno alle 7. L’uomo
ha raccontato agli uomini della squadra mobile di aver sentito degli
spari mentre stava salendo sul suo furgone per tornare a Reggio
Calabria, e di aver avvertito subito dopo una fitta alla gamba. I
poliziotti stanno
cercando gli altri bossoli nella zona. L’imprenditore è stato
portato agli Ospedali Riuniti, le sue condizioni sono serie ma non
verserebbe in pericolo di vita. Sul posto è giunta la Polizia di Stato.
Adesso in ospedale con lui tutto il gruppo di Libera Reggio, familiari e
amici. Tiberio Bentivoglio ha dichiarato di essere soggetto da quasi un
ventennio alla richiesta del pizzo per la sua attività commerciale di
rivendita di prodotti sanitari e per la prima infanzia nella zona nord
di Reggio Calabria.
«Ci troviamo a lottare ogni giorno, oggi è
toccato a Tiberio ma domani può accadere ad altri. Siamo sul fronte e
non possiamo non combattere questa battaglia – dichiara Domenico Nasone
di Libera – rimane il fatto che siamo ancora soli e in pochi». Sono
stanchi della solidarietà a parole gli aderenti al movimento antiracket
di Reggio Calabria nato nell’aprile scorso con il coinvolgimento di una
cinquantina di associazioni impegnate sul territorio. «Siamo tutti molto
provati oggi – continua Nasone – ma quello che ci teniamo a dire è che
serve che ognuno faccia la sua parte ogni giorno, non si può restare
indifferenti, è una battaglia che ci riguarda tutti; gli investigatori
lavorano a pieno ritimo, ci sono arresti e condanne, sequestri e
confische ma manca ancora una partecipazione totale della società
civile e degli operatori economici». Nasone misura nei
fatti l’impegno di questa città, dei suoi commerciantie e imprenditori.
In tanti dalla scorsa primavera sono vicini
al movimento antiracket. Alcuni, come Tiberio Bentivoglio denunciano e
sono in prima linea ma tanti altri rimangono colpevolmente distanti.
Nasone ci racconta un caso su tutti, accaduto pochi giorni fa: «solo
l’altro ieri eravamo per le strade della città a manifestare in memoria
di Giuseppe Sorgonà, ad un mese esatto dall’omicidio del parruchiere di
24 anni ucciso mentre rientrava a casa da lavoro – racconta Nasone.
Avevamo chiesto ai commercianti di abbassare le saracinesche al
passaggio del corteo pacifico su via Garibaldi, in segno di rispetto.
Soltanto un imprenditore l’ha fatto». Reagire, non soltanto dopo fatti
di violenza. Prendere parte al movimento di un’antimafia del giorno
prima. Questo chiedono alla società civile coinvolta gli aderenti al
movimento antiracket della città.
E ancora, qui a Reggio Calabria, la strada della legalità e partecipazione non sembra scontata.
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