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I “conflitti” si vedono solo nei nemici da discriminare

Gian Carlo Caselli il . Costituzione, Diritti, Giustizia, Istituzioni, Mafie, Politica

Due pesi. Zelanti con i due magistrati, ma non per Marini alla Consulta.

Chissà se Chiara Colosimo ha mai sentito quel proverbio dei nativi americani che recita: “Manitù, per poterlo conoscere, fammi camminare un po’ di tempo nei mocassini di chi devo giudicare”?

Se sì, può darsi che in quanto presidente della Commissione antimafia, incaricata di giudicare fatti di mafia, abbia voluto leggere qualcosa sulla “identità mafiosa”.

Scoprendo l’immedesimazione dell’uomo d’onore con il collettivo della sua “famiglia”, interiorizzata come l’unico mondo all’interno del quale vi sono individui degni di essere riconosciuti come persone, mentre il mondo esterno viene rappresentato come una realtà nemica nella quale vivono individui destinati ad essere assoggettati, quasi si trattasse di esseri disumanizzati, di oggetti.

Nozioni sempre utili quando si esercita una funzione delicata e difficile come quella della presidente Colosimo.

Queste considerazioni mi son venute in mente leggendo che Chiara Colosimo vuol proporre di modificare la legge istitutiva della Commissione, così da  escludere dai lavori e dalla consultazione dei documenti i membri in presunto conflitto di interesse.

Ogni osservatore di buon senso non può non pensare che la proposta sia stata calibrata su Cafiero de Raho e Scarpinato.

Due magistrati integerrimi, già pubblici ministeri, che hanno avuto la “disavventura” di essere eletti in  una Commissione antimafia chiamata ad occuparsi anche di vicende che per Cafiero riguardano i dossieraggi o accessi indebiti alla banca dati della DNA, di cui era direttore; per Scarpinato la colleganza con un Pm di Palermo e poi i colloqui intercettati con l’ex collega, mentre la Commissione stava ricostruendo la gestione di un suo processo di 32 anni fa. Con la conseguenza che da tempo sia Cafiero che Scarpinato sono oggetto di violente campagne discriminatorie a mio avviso ingiuste.

La facciata propagandistica della proposta Colosimo parla di un principio di buon funzionamento della Commissione (che però dovrebbe essere esteso quantomeno ai magistrati giudicanti, agli avvocati, ai cancellieri etc.).

Ma nella realtà si intravede il tentativo di scrollarsi di dosso il fastidio di avversari politici pericolosi, escludendoli dalla discussione e decisione di casi che stanno molto a cuore al Centrodestra + IV. Una forma di discriminazione (ribadisco), se non anche un tentativo di sottomissione, di persone considerate – a causa delle loro idee – “nemiche”, che apre scenari cupi e inquietanti.

La Colosimo – anticipando la legge proposta – ha poi negato a Scarpinato l’accesso alle intercettazioni, pervenute alla Commissione fin dal dal 3 settembre, effettuate contro il divieto di legge che tutela i senatori in carica come appunto Scarpinato.

Ma in una situazione così incerta, di una cosa almeno si può essere sicuri.

E cioè che la presidente Colosimo ha agito all’insaputa della premier Meloni. Che di conflitto di interessi non vuol proprio sentir parlare quando candida alla Consulta – petto in fuori e piglio decisionista – il suo consigliere giuridico di Palazzo Chigi (Marini),  che se nominato potrebbe dover giudicare le stesse leggi da lui medesimo scritte.

Fonte: Il Fatto Quotidiano, 17/10/2024

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