Canfora non sarà trascinato in tribunale, Meloni ritira la querela
La difesa aveva chiesto nella passata primavera il non luogo a procedere «perché il fatto non sussiste, o perché non costituisce reato o perché non punibile per esercizio del diritto di critica, in particolare del diritto di critica politica». Ma la premier aveva chiesto un risarcimento di 20mila euro.
L’inizio del processo era previsto per il 7 ottobre. Ma il processo non ci sarà e Luciano Canfora, 82 anni, intellettuale di chiara fama nel panorama culturale italiano e internazionale, non rischierà di essere trascinato un’altra volta in tribunale e minacciato di dover pagare i 20mila euro richiesti da Giorgia Meloni a risarcimento di una sua presunta diffamazione aggravata.
La denuncia della presidente del Consiglio era stata avanzata il 16 aprile scorso e il giudice monocratico della prima sezione del tribunale di Bari, Antonietta Guerra, su richiesta della Procura della Repubblica, al termine dell’udienza pre dibattimentale, lo aveva rinviato a giudizio davanti al giudice preposto. Lui l’aveva definita «nazista nell’anima» e lei gli aveva risposto.
Ma vediamo come sono andate le cose.
I fatti risalgono al 2022, quanto la leader di Fratelli d’Italia non era ancora premier, ma una parlamentare a capo del partito di opposizione. Il professore, docente emerito all’università di Bari nel corso di un incontro, svolto al liceo scientifico Fermi del capoluogo pugliese, l’aveva così appellata, mentre parlava della guerra in Ucraina e dei neonazisti di quel Paese. Di lei aveva aggiunto a commento come fosse «una poveretta», mentre «è trattata come una pericolosissima».
La premier aveva chiesto al docente un risarcimento di 20mila euro.
L’accusa era aggravata dal fatto di aver pronunciato queste frasi contro un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni. La difesa aveva chiesto nella passata primavera il non luogo a procedere «perché il fatto non sussiste, o perché non costituisce reato o perché non punibile per esercizio del diritto di critica, in particolare del diritto di critica politica». La premier, parte civile, aveva chiesto invece all’intellettuale un risarcimento danni di 20 mila euro.
Canfora, assistito dall’avvocato Michele Laforgia, era presente in aula; al suo arrivo aveva trovato un gruppo di sostenitori di Anpi, Cgil, Cambiare Rotta e Link. L’accusa è stata sostenuta dal pm Giuseppe Dentamaro. In aula anche il procuratore aggiunto Giuseppe Maralfa e l’avvocato di parte civile per la parte offesa Luca Libbra.
A esprimersi sulla scelta recente della premier arriva quindi il post su X di un altro querelato, lo scrittore Roberto Saviano: «Luciano Canfora definì Giorgia Meloni ‘neonazista nell’animo’. La presidente del Consiglio querelò Canfora per queste parole. Ma a pochi giorni dall’inizio del processo, Meloni cerca di ridurre il peso delle sue intimidazioni ritirando la querela contro Canfora. Io sono fiero di essere stato portato a processo da questo governo banditesco e di aver, con il corpo, testimoniato il mio pensiero critico verso la ferocia delle sue politiche xenofobe».
Oggi il discredito della politica dilaga.
«C’erano una volta i partiti politici. Costituivano – come fu detto – ‘la democrazia che si organizza» secondo Canfora, che prosegue: «L’articolo 49 della nostra Carta ne scolpisce il ruolo vitale. Ora ne è rimasta soltanto l’ombra, e il discredito della politica dilaga. Dunque la conoscenza critica e storica della realtà politica si impone come esigenza ineludibile».
Sono le parole che della quarta di copertina del suo ultimo libro, Dizionario politico minimo, pubblicato da Fazi Editore, curato da Antonio Di Siena che utilizza la formula di una (lunga) intervista al professore. Si tratta di un lessico essenziale in cinquanta voci per comprendere le grandi questioni politiche del nostro tempo. Un volume di 230 pagine, organizzato per lemmi in ordine alfabetico, schietto e diretto un po’ come un manuale di politica che spiega cosa significhino “Antifascismo”, “Capitalismo”, “Costituzione”, “Democrazia”, “Guerra”, “Libertà”, “Occidente”, “Populismo”, “Potere”, “Propaganda”, “Sovranità” e così via.
Sono alcuni dei 50 termini che compongono il saggio, in cui lo storico spazia dall’antichità al mondo contemporaneo, dalla politica alla storia, dalla filosofia alla cultura, per aiutare il lettore a capire la complessità di vocaboli di cui si dà troppo spesso per scontato il significato. E, per il tramite di quelle, approfondire le principali questioni politiche dei giorni nostri. Con la lucidità, competenza e chiarezza che lo distingue, Canfora condensa oltre mezzo secolo di riflessione storico-politica, offrendo tanto ai suoi molti estimatori quanto ai neofiti, un prezioso strumento di comprensione critica della realtà.
Un testo destinato a essere un punto di riferimento nel dibattito intellettuale
In alcune voci parla il raffinato ed erudito accademico, in altre l’uomo, pungente osservatore del mondo che non ha ancora smesso di interrogarsi su di esso. In tutte emerge, con forza, un pensiero disincantato, sempre fuori dagli schemi, capace – anche grazie al costante richiamo al passato e alla conoscenza del mondo antico – di fornire una lettura alternativa del presente. Piccolo breviario laico contro il diffuso analfabetismo politico, dunque, il Dizionario è un testo destinato a diventare un punto di riferimento nel dibattito intellettuale.
Ma, intanto, sarà tempo di applicarsi a un Dizionario di politica minima, probabilmente. Perché «Il peggior analfabeta è l’analfabeta politico. Non ascolta, non parla e non prende parte agli avvenimenti politici». Uno «stupido che si vanta e gonfia il petto dicendo che odia la politica». Un «idiota» che non sa «che dalla sua ignoranza politica nasce la prostituta, il bambino abbandonato, il ladro e il peggiore di tutti i banditi: il politico imbroglione, corrotto, lacchè delle imprese nazionali e multinazionali». Autore della poesia, Bertold Brecht, forse. O forse no, sottolinea nell’introduzione Di Siena, strizzandoci l’occhio.
Fonte: Left, 07/10/2024
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