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Il concorso di Andreotti con la mafia “è Cassazione”

Gian Carlo Caselli il . Giustizia, Istituzioni, Mafie, Memoria, Politica

Hanno suscitato polemiche le dichiarazioni – riferibili a Giulio Andreotti – di Rita dalla Chiesa (figlia del generale-prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso da Cosa Nostra il 3 settembre 1982), che hanno riproposto il dilemma sull’esito del processo per mafia contro lo statista dc.

Alcuni “irriducibili” sostengono che Andreotti fu assolto perché innocente.

Ma le cose sono ben diverse: la Corte d’Appello di Palermo, in sole 8 righe, ha dichiarato testualmente quanto commesso dall’imputato – fino a primavera 1980 – il reato di associazione a delinquere con Cosa Nostra, ma estinto per prescrizione. Non per altra causa, men che mai per “assoluzione”, che se riferita a un reato commesso sarebbe un ossimoro.

Nel 1984 Andreotti (fallito il tentativo di convincere Cosa Nostra a non uccidere Piersanti Mattarella, presidente della Regione che con la mafia non voleva avere a che fare) torna in Sicilia per chiedere a Stefano Bontate e altri boss – tra cui Salvatore Inzerillo – perché l’omicidio nonostante sue contrarie indicazioni. Con asprezza Bontate gli risponde di farsene una ragione o accontentarsi dei voti del Nord.

L’incontro segna – per la Corte d’Appello – il momento di crisi e distacco di Andreotti da Cosa Nostra: c’era stata “un’autentica stabile e amichevole disponibilità dell’imputato verso i mafiosi”, ma “non si [è] protratta oltre primavera 1980”.

Il 28 gennaio 2004 la Cassazione ha confermato e reso definitivo il verdetto.

Un riscontro, in un’operazione del luglio 2019 della Polizia di Palermo e dell’Fbi, si ebbe con un’intercettazione ambientale, dove Tommaso Inzerillo racconta quanto appreso dal cugino Salvatore sulla “tumpulata” (ceffone) di Bontate a un politico: “A Roma comandi tu, qua a Palermo comandiamo noialtri”.

Una spregiudicata campagna innocentista pro Andreotti, camuffata da garantismo, gioca con le risultanze processuali e prende in giro i cittadini: spettacolo – di ieri e oggi – che sbeffeggia la democrazia.

Fonte: Il Fatto Quotidiano, 02/10/2024


Caro Direttore: nel mio intervento pubblicato sul Fatto del 2 ottobre intitolato “Il concorso di Andreotti con la mafia è Cassazione”, la data dell’incontro del senatore con i boss Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo è indicata tre volte: due volte esattamente (1980) e una volta con un errore materiale (1984). Di questo errore mi scuso con te e con i lettori, osservando nel contempo che la data giusta (1980) è quella che sta scritta nella sentenza della Cassazione, come del resto risulta in modo chiaro e inequivoco dal mio scritto.

Cordialmente Gian Carlo Caselli

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