La performance
La performance è la parola chiave che guida oggi la vita e le scelte di molti adolescenti e giovani.
È la generazione che abbiamo creato nel solco dell’idolatria della competizione sempre e a tutti i costi.
Anche la bambina di 10 anni circa che mi siede accanto nel viaggio in treno, da quando è salita non fa altro che bere con gli occhi e le orecchie i consigli propinati da una influencer sul make-up. Il viaggio è durato tre ore di smartphone!
È questo ‘catechismo del prevalere’ nell’aspetto fisico così come nella moda e nelle prestazioni a tutti i livelli che riempie la vita di questi ragazzi fino all’orlo. E talvolta anche oltre.
È questa la fonte delle frustrazioni dolorose per sé e per gli altri. Non c’è altro modello cui ispirarsi se non quello di arrivare primi e suscitare l’ammirazione (o l’invidia) degli altri.
Non c’è bisogno d’essere psicoterapeuti di provata esperienza per comprendere che questo clima inquina pesantemente le relazioni perché l’altro è un competitor, un avversario che sposta la meta dei miei desideri sempre più avanti. Interrogo lo “specchio delle mie brame” e, se non mi vedo performante, mi deprimo.
E allora penso che il compito delle generazioni educanti oggi consiste nel riuscire ad annaffiare la vita con la bellezza e con la gioia di vivere, nel lasciarsi abbracciare dallo sport o dalla danza, dalla musica o dall’arte, per sentire il profumo del bello e non per rincorrere vittorie illusorie e precarie.
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