NEWS

Prima Hamas ora Hezbollah: alla propaganda israeliana servono ‘terroristi’ per imporre il piano

Stefania Limiti il . Diritti, Guerre, Internazionale, Istituzioni, Politica, SIcurezza

Anche il Libano, dopo Gaza, dopo Cisgiordania, Siria, Iraq, Yemen. Una vasta parte del mondo abbandonata all’aggressione militare dell’impero e del suo braccio armato locale, Israele. È doloroso vedere le immagini di uomini, donne, bambini, anziani stremati in coda verso il nulla, in fuga dalle loro case.

Adesso, infatti, è la volta del Libano: lì ci sarebbero i cattivoni, barbuti di Hezbollah e allora la macchina della propaganda è tarata su questo modulo. Di là c’è Hamas, di qua il Partito di Dio: lasciateci lavorare, dicono gli strateghi di Tel Aviv. Mentre scriviamo i loro generali stanno preparando l’invasione di terra e gli Stati Uniti ammassano truppe a Cipro.

Ho molto amici e amiche in Libano, dove sono stata tante volte sempre a settembre, insieme al Comitato per non dimenticare Sabra e Shatila, per ricordare il massacro architettato in quel mese del 1982 dall’allora ministro della difesa Ariel Sharon e realizzato dai falangisti.

Il Comitato prese vita a livello internazionale quando un agguerrito pool di avvocati e militanti riuscì a convincere le autorità del Belgio, in forza di una loro legge del 1993 sulla cosiddetta Competenza universale, che fosse arrivato il momento di procedere alla incriminazione di Sharon e dei suoi complici libanesi. I vertici della Nato, a cose decise, ci misero un’oretta a capire cosa fare: minacciarono lo spostamento della loro sede dal Belgio e così, fatalmente, naufragò una campagna che si era mobilitata in diversi paesi del mondo e che dava speranza alle vittime di quel massacro e di altri, tanti massacri.

Il Libano è un paese di commercianti, la sua popolazione è profondamente laica e aperta, la sua gioventù e vivacissima, bellissima, conosce le lingue e guarda al futuro, non è certo un paese bellicoso. A questo proposito, bisogna sempre ricordare che durante la famigerata Guerra dei sei giorni nel ’67, l’allora governo di Beirut fece di tutto pur di rimanerne fuori. I libanesi non avevano nessuna intenzione di prender parte al conflitto, mentre Israele occupava il Golan siriano, il Sinai egiziano, Gerusalemme, Gaza e Cisgiordania: ma poi una flotta navale battente bandiera libanese venne bombardata dagli aerei di Tel Aviv, provocando grandi sommovimenti nel governo e nella società libanesi.

Da una parte c’era una coalizione di partiti laici, chiamata il Movimento nazionale e che riuniva varie forze di ispirazione nasseriana, ampiamente radicate tra i sunniti, il partito comunista, il partito socialista di Kemal Jumblatt – in Italia è più noto suo figlio Walid. Dall’altro lato, si organizzò il partito falangista che raccoglieva i gruppi cristiani schierati dalla parte di Israele la quale coltiva sempre lo stesso sogno, quello ancora attuale: fare del Libano uno Stato cristiano proprio alleato e succube, legittimando in quel lembo di Medioriente uno Stato teocratico.

Queste sono le radici di quella che poi diventerà la guerra civile di una società spaccata in due: uno scontro nel quale la vivacissima realtà palestinese ebbe un ruolo importantissimo, ovviamente, essendo il bersaglio delle incursioni israeliane. Proprio come oggi: attaccare Hezbollah, per quanto noi di qua possiamo non capirli e non conoscerli, significa attaccare un fronte che in Medioriente si oppone alla ebraizzazione di Gerusalemme, alla cancellazione dei palestinesi, alla creazione di uno Stato di occupazione militare permanente.

La riduzione e la disumanizzazione del nemico a puro terrorista, per quante contraddizioni esso possa avere, è molto utile in questo piano di controllo militare che non è riuscito negli anni passati ad Israele e c’è da dubitare che riuscirà anche adesso.

Il Fatto Quotidiano, il blog di Stefania Limiti

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link