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Campania, dove la democrazia è commissariata

Di Nello Trocchia il . Campania

«A volte mi fanno più paura i poteri forti, gli intoccabili, i ritorni in sella che i bufalai con il fucile». In questa frase un magistrato super-scortato,  pur senza firmarsi, riassume la sua spietata analisi sul rapporto tra questione morale, politica e lotta alle mafie. Un tema usato troppe volte come strumento da brandire contro l’avversario piuttosto che faro di una pratica politica. Così tra pagliuzze e travi affonda la credibilità di una classe dirigente. Per monitorare i livelli di infiltrazione del crimine organizzato nella pubblica amministrazione e la permeabilità del personale politico c’è un misuratore: i comuni sciolti per condizionamento malavitoso.

Dal 1991, anno di introduzione della legge sugli scioglimenti, sono 201 i consigli comunali commissariati nel Paese, un numero che comprende anche quattro Asl azzerate perché trasformate in luoghi di corruttela e mafiosità strisciante che ha modi semplici di manifestarsi. Nella maggior parte dei casi, i decreti di scioglimento denunciano: l’assoggettamento della res publica al volere di una cricca politico-mafiosa e l’occupazione di posti chiave. Gli obiettivi per le consorterie criminali sono gli appalti: le concessioni edilizie, il lavoro nella pubblica amministrazione; la contropartita per i politici, i “Cetto la qualunque” di casa nostra, sono voti e permanenza.

Lo strumento dello scioglimento non è una condanna penale, ma una macchia politica, l’atto è di natura preventiva, il decreto è appellabile con iter amministrativo, Tar e Consiglio di Stato. Il dibattito sulla pulizia delle liste è sempre vivo, e anche il presidente dell’antimafia, Beppe Pisanu, ha parlato di “indegni” candidati nelle ultime amministrative. Il primato rimane in Campania. Nell’ottobre scorso per Carlo Esposito, sindaco Pd di Crispano, in provincia di Napoli c’era un giorno importante da onorare. In comune l’amministrazione aveva organizzato un evento, una targa per Giorgio Criscuolo, uomo dello Stato e cittadino onorario.

Il motivo? Aver svolto il ruolo di commissario prefettizio dopo lo scioglimento per mafia nel 2005 del Comune di Crispano.Tutto bene, solo che siamo a Napoli e la commedia è solo all’inizio. Criscuolo invia una lettera ufficiale e declina l’invito. Non è difficile comprendere le ragioni della defezione. Il sindaco quando fu sciolto il Comune, poi affidato nelle mani di Criscuolo, era Carlo Esposito. Nessun caso di omonimia. Nel 2005 il Comune fu sciolto per infiltrazioni mafiose e la relazione allegata al decreto parlava chiaro: parentele e frequentazioni scomode di amministratori e dipendenti comunali, rapporti che delineano il contesto di condizionamento.

Sotto accusa l’appalto per la refezione scolastica e il grande business della “munnezza” con l’affidamento della raccolta ad una ditta su cui pendeva un’interdittiva antimafia. Senza trascurare l’aggressione al territorio, abusivismo edilizio, assenza di controlli e sanzioni. Non solo Crispano. In Campania, prima regione in questa speciale classifica, sono 76 i comuni sciolti per infiltrazioni mafiose, compresa l’Asl Na 4. Più colpita la provincia di Napoli, seconda Caserta. Negli enti locali fioriscono carriere politiche e spiccano il volo personaggi che, anni dopo, rivestono ruoli di primo piano a livello nazionale. Un caso è quello di Nicola Cosentino, l’ex sottosegretario all’economia del governo Berlusconi e attuale coordinatore campano del Pdl. La sua carriera politica che lo porterà ai vertici del partito inizia proprio dagli enti locali, dal suo ruolo di consigliere provinciale.

Nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per concorso in associazione camorristica, confermata anche dalla Cassazione, viene riassunta questa ascesa: «Contribuiva, con continuità e stabilità, sin dagli anni ’90, a rafforzare vertici ed attività del gruppo camorrista facente capo alle famiglie Bidognetti e Schiavone, dal quale sodalizio riceveva puntuale sostegno elettorale in occasione delle elezioni a cui il Cosentino partecipava quale candidato divenendo consigliere provinciale di Caserta nel 1990, consigliere regionale della Campania nel 1995, deputato per la lista Forza Italia nel 1996 e, quindi, assumendo gli incarichi politici prima di vice coordinatore e poi di coordinatore del partito».

Mamma ‘ndrangheta, invece, si sposta al Nord dove colpire le infiltrazioni nella pubblica amministrazione è più difficile perché manca la volontà politica, tra negligenze e omissioni. Basti pensare alle dichiarazioni del prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi che provava, nel gennaio 2010, a ridimensionare il fenomeno. Ma un Comune sciolto c’è stato: Bardonecchia, in provincia di Torino nel 1995. Gli ultimi casi riguardano, invece, il Comune di Desio, in provincia di Monza e Brianza e il Comune di Bordighera, in provincia di Imperia. Nel primo caso il consiglio si è autosciolto, nel secondo si attende la decisione del prefetto. Anche Lombardia e Liguria sono terra di mamma ‘ndrangheta.

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