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Nuove indagini sul delitto
Alpi – Hrovatin

Di Norma Ferrara il . Interviste e persone, Lazio

Sarà riaperta l’inchiesta sul duplice delitto della giornalista Ilaria Alpi e del cameraman Miran Hrovatin avvenuto a Mogadiscio il  20 marzo del 1994. Ad annunciarlo la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti che ha reso nota  oggi l’intezione di voler riaprire le indagini sulla morte dei due giornalisti.  Il lavoro della Commissione si muoverà all’interno della più ampia inchiesta sulle cosiddette navi dei  veleni e sul traffico transfrontaliero dei rifiuti tossici o radioattivi. La scelta –  scrive in un comunicato, il presidente della Commissione, Gaetano Pecorella –  è stata presa dopo l’audizione del maresciallo Scimone, collaboratore del capitano De Grazia e dei magistrati della procura di Reggio Calabria. Il maresciallo ha ricordato – come già noto – che nel corso di una perquisizione nell’abitazione dell’imprenditore Giorgio Comerio era stato rinvenuto in un fascicolo  denominato “Somalia” e relativo allo smaltimento di rifiuti, la copia di un dispaccio dell’ agenzia ANSA sulla morte della giornalista Rai. «In quel momento – sottolinea Pecorella –  nulla consentiva di collegare la morte della giornalista e del suo operatore al traffico dei rifiuti con la  Somalia; il rinvenimento di questo documento e la sua collocazione richiedono un ulteriore e penetrante approfondimento». 

«Questa notizia – dichiara la madre di Ilaria Alpi, Luciana – mi dà motivo di sperare. Da tempo sono note le vicende che vedono questo signor Comerio citato nell’inchiesta che riguarda l’omicidio di nostra figlia: dal ritrovamento di un dispaccio di agenzia sulla morte di Ilaria e Miran sino a giungere al certificato di morte di nostra figlia, tutt’ora non in nostro possesso. La scelta di riprendere le indagini annunciata oggi in un lancio di agenzia dalla Commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti mi mette in uno stato di ansia e di ottimismo». Parla al plurale, Luciana Alpi – raggiunta al telefono da Libera informazione. Parla per lei e per il marito, Giorgio, venuto a mancare nel luglio scorso, dopo una lunga malattia che non gli ha impedito di portare avanti con forza, sino all’ultimo, la ricerca di verità e giustizia sull’omicidio della figlia.

  Il nome di Giorgio Comerio entra nell’inchiesta sul caso Alpi – Hrovatin per una serie di “strane coincidenze”e per un giallo che avvolge le carte rinvenute nell’ispezione effettuata all’ ingegnere che si era occupato di studiare un nuovo metodo per lo “smaltimento” dei rifiuti tossici. La Commissione Taormina che indagò sul caso Alpi – Hrovatin inviò i suoi collaboratori per verificare la presenza di questi documenti ma non vennero trovati. La stessa cosa accadde, alla procura di Roma, dove il procuratore Neri da Reggio Calabria dichiarò di aver inviato i documenti, perchè competente nelle indagini sul caso Alpi.   Nell’aprile del 2010 i famigliari di Ilaria Alpi e l’associazione a lei dedicata hanno lanciato un appello alla magistratura e alle istituzioni perchè  venga fatta piena luce su questo omicidio, ancora senza verità, dopo 17 anni.

Per il delitto Alpi – Hrovatin la giustizia italiana ha già condannato uno dei presunti killer, Omar Hashi Hassan. Da tempo, però, numerose prove scagionano l’uomo. Una su tutte: a carico del principale accusatore di Hassan, Ali Rage Ahmed, detto “Gelle” c’è un processo in corso per calunnia. Il 22 febbraio si terrà la prossima udienza. Durante la scorsa edizione del premio dedicato a Ilaria Alpi in un’intervista a Roberto Scardova, giornalista d’inchiesta Rai, l’avvocato di Omar Hassan ha dichiarato  di poter dimostrare che l’unico accusatore di Hassan, “Gelle”, sia stato pagato da istituzioni italiane per mentire e consentire la chiusura del caso Alpi.

Un processo dunque non solo da rifare, ma che è stato un tentativo di depistaggio su indagini scottanti che erano al centro dell’inchiesta dei due giornalisti e che mettavano insieme, in un momento delicatissimo per l’Italia (le prime elezioni post – Tangentopoli) sospetti pesanti su traffici di rifiuti tossici e armi e malacooperazione, fra Somalia e Italia con l’appoggio di altre forze internazionali. «In attesa di nuove notizie – conclude Luciana Alpi – io vado avanti. Non mollerò, voglio sapere perché sono stati assassinati mia figlia Ilaria e Miran Hrovatin. Non smetterò di chiedere la verità».

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