Che errore far crescere i bimbi in carcere
È passato, infine, l’articolo 15 del decreto sicurezza, che elimina l’obbligo di rinviare l’esecuzione della pena per le detenute incinte o le madri fino ai tre anni di vita dei figli.
Forza Italia che pure aveva votato la proposta di legge nella scorsa legislatura che prevedeva l’istituzione di più case famiglie protette per detenute madri e come ultima possibilità e solo per reati gravi il ricorso agli Istituti a custodia attenuata per detenute madri (Icam) ha votato il provvedimento.
Ma perché un bambino non può vivere e crescere in un carcere?
Perché nei primi mille giorni di vita l’ambiente in cui il bambino vive svolge un ruolo decisivo per lo sviluppo del suo cervello.
I primi 3 anni di vita dei bambini sono straordinariamente importanti per stabilire una corretta traiettoria di sviluppo. Le esperienze precoci positive incidono su come si organizza il cervello e sul suo funzionamento: ciò che succede all’inizio ha un’influenza sul futuro. Sono i momenti più delicati e decisivi della formazione del bambino, si mettono le basi per l’adulto che sarà. I primi anni di vita influenzeranno il rendimento scolastico, lo stile di vita sano, la capacità di relazionarsi con gli altri. Quello che non accade in questa fase della vita sarà più difficile da recuperare dopo.
Ogni cosa intorno ai bambini influenza il loro sviluppo e il loro apprendimento. I bambini assorbono tutto e danno un significato ad ogni esperienza che vivono con i loro genitori.
Tutto quello che avviene in un carcere quindi viene assorbito dai bambini influenzandone negativamente la crescita.
E lo stesso vale per le donne in gravidanza che hanno bisogno di essere sostenute e seguite secondo le linee guide ministeriali, cosa impossibile in un carcere.
L’Icam che è un carcere a misure attenuata per detenute madri è pur sempre un carcere, un luogo assolutamente non idoneo alla crescita di un bambino.
Gli psicologi ci hanno insegnato che esiste la sindrome da prigionia per i bambini che vivono in carcere, dove la ristrettezza degli spazi in cui giocare, la mancanza di stimoli, i gesti ripetitivi, le luci sempre accese, le sbarre alle finestre, la mancanza di relazioni con altri bambini, possono sviluppare nei bambini detenuti difficoltà nel gestire le emozioni e senso di inadeguatezza, di sfiducia, di inferiorità e certamente un tardivo sviluppo del linguaggio e dello sviluppo psicomotorio.
Per questo motivo servono case famiglie protette dove le mamme possono scontare la loro pena e i bambini vivere in un ambiente che non ha nulla a che vedere con il carcere.
Il Parlamento ieri ha palesemente violato il “supremo interesse dei minori” che deve sempre prevalere tra due interessi, ce lo ricorda la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e la nostra carta costituzionale che tutela i diritti dei bambini, “garantendo che ogni bambino possa crescere in un ambiente sicuro e rispettoso dei propri diritti”.
Ma il Parlamento lo ignora.
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