Quegli applausi a Netanyahu
Ma cosa avranno tanto da applaudire i senatori e i deputati statunitensi tutti riuniti per accogliere Benjamin Netanyahu nell’aula del Congresso?
Cosa avranno da applaudire mentre il popolo palestinese è vittima di una carneficina senza pari nella storia? Applaudire è una mancanza di rispetto per le vittime di entrambi i fronti.
Peraltro nel suo discorso Netanyahu ha ribadito la retorica con cui cerca di giustificare la strage che sta realizzando. Ha tentato di sostenere l’idea che l’impegno militare di Israele nella Striscia di Gaza è decisivo per difendere la pace nel mondo intero: “La nostra vittoria sarà la vostra vittoria”; “I nostri nemici sono i vostri nemici”; “Dateci gli strumenti prima e finiremo il lavoro prima”.
Nessuno gli ha fatto notare che sta agendo senza alcuna delega da parte della comunità internazionale, ma che piuttosto il suo operato è stato condannato. Netanyahu si è guardato bene dal fare il benché minimo riferimento all’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas in discussione con l’appoggio dell’amministrazione Biden. Piuttosto ha ripetuto il mantra secondo il quale la guerra finirà quando Hamas si arrenderà, verrà disarmato e libererà gli ostaggi.
Nessuno tra i presenti ha sentito il dovere morale di gridare: “A quale prezzo?”
Solo Rashida Tlaib, l’unica deputata di origini palestinesi al Congresso, si è presentata al discorso di Netanyahu con una paletta con scritto “Criminale di guerra” da una parte e “Colpevole di genocidio” dall’altra.
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