Buoni mondi. Soliani, la “resistente” della politica esclusa dalle poltrone
Di Albertina c’è solo lei. La conobbi alla fine del secolo scorso mentre faceva la sottosegretaria alla Pubblica Istruzione nel primo governo Prodi. Diventammo amici.
Quando nei primissimi anni del 2000 si candidò a sindaca di Parma subì il fuoco amico di un po’ della Parma femminista che per non guastare i rapporti con gli amministratori uscenti usò la sua proverbiale gonna blu da suora per dipingerla come nemica dell’aborto. Cose da società civile, insomma.
Per fortuna l’Albertina ha un’altra idea della società civile. Di cui vi offrirò qui un piccolo assaggio.
L’idea improvvisa di scriverne me l’ha data infatti una sua lettera giunta l’altro giorno dopo l’ultimo suo impegno internazionale, anzi, “internazionalista”.
Incominciava così: “Cari Amici, sono rientrata ieri dal Brasile, con un nuovo punto di vista sul mondo. Penso a questi giorni vissuti nel Rio Grande do Sul, a Porto Alegre colpita dall’alluvione, a Santa Maria, poi a Brasilia. Ho partecipato al 16° Congresso della Rede Unida, l’Associazione nata dalla collaborazione tra municipalità, università, società civile brasiliana e Regione Emilia-Romagna almeno una decina di anni fa, alle quale si è aggiunto il Myanmar democratico”.
Già, il Myanmar, la vecchia Birmania, diventata una delle ragioni di vita di Albertina, amica di Aung San Suu Kyi, la leader odiata e imprigionata dai militari. E quindi rivelava i nuovi grandi teatri su cui intende giocare il suo ruolo al servizio della democrazia.
“Rede Unida è presente nei luoghi del conflitto, senza attendere la sua fine. Una rete per lo scambio di buone pratiche, per la riflessione e la ricerca sulla salute pubblica come ‘bem viver’ della comunità, nella sua radicale connessione con la democrazia e la partecipazione popolare, per l’innovazione nelle politiche pubbliche. Una rete internazionale che affronta i grandi temi della vita dentro la politica: la salute, l’educazione, l’alimentazione, la cura del pianeta, la democrazia.
Un’immersione nella realtà potente di un grande Paese. Il Brasile, ricco di identità, con un forte bisogno di uguaglianza e di diritti, con una grande spinta alla partecipazione.”.
Non vado oltre. La lettera è lunga ma, polverizzando i miei timori, suscita un interesse proporzionale alla lunghezza. E letteralmente ti rigenera.
Tu pensi ai rischi di un asse Trump-Putin? Vedi intorno a te solo le sagome dei signori della guerra? Ti deprimi prendendo atto delle disperanti gaffes governative (e non solo)?
Ebbene, l’Albertina ti regala i passi di un mondo nuovo, fatto di movimenti, municipalità, associazioni, governi e pezzi di istituzioni, in cui c’è anche lei, con la sua Emilia-Romagna (persino le cucine popolari di Bologna…), con la sua ricerca di senso che va alle future amministratrici brasiliane, agli intellettuali nativi, in nome di una diversa scuola e di una diversa idea di salute. In cerca del “Bem viver”, il cardine della democrazia.
Ora voi vi chiederete se Albertina abbia incarichi internazionali. Macché. È presidente del famoso Istituto Alcide Cervi di Gattatico, in provincia di Reggio Emilia.
E potrebbe occuparsi “solo” di amministrare quel grande patrimonio simbolico e culturale, quel “mappamondo sul trattore”. Invece alla sua età, scruta, cerca, allarga gli orizzonti, va a vedere. Non si accontenta.
Sempre dalla parte dei poveri, dei giusti, delle buone cause. Nel 2016 disse a una platea di imprenditori e professionisti a Gattatico: dobbiamo fare con la mafia quello che la nostra terra ha fatto coi nazisti.
Così quando Federica Cabras e io presentammo a Brescello il nostro libro sulla ‘ndrangheta a Reggio Emilia, in un clima diffuso di diffidenza o perfino di ostilità, lei era lì in prima fila a sostenerci insieme con i sindacalisti che avevano voluto la ricerca.
Sapete dove sarà a Ferragosto? “Nel Trentino, per una commemorazione partigiana. La Resistenza continua”. Che sia benedetta quella gonna.
Il Fatto Quotidiano, Storie Italiane, 12/08/2024
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