Contro Casa Pound serve concretezza, ma lo scioglimento non è una via facile
Il grave fatto commesso a Torino da una squadraccia di violenti contro un giornalista de “La Stampa” ha suscitato sdegno unanime e nel contempo richieste diffuse di interventi urgenti, utili a impedire ulteriori manifestazioni dello ”stile” che è nel DNA dell’ organizzazione neofascista Casa Pound.
Per alcuni la soluzione è già scritta nella legge vigente e si chiama “Divieto di ricostituzione del Partito Fascista sotto qualsiasi forma” ( XII disposizione transitoria e finale della Costituzione).
Senonché non è facile individuare i requisiti di un vero partito in un gruppo come Casa Pound, anche a voler prescindere dalla estrema difficoltà politica ( se non impossibilità) di muovere su questo terreno, perché potrebbe coinvolgere anche il partito di maggioranza del Governo eletto, che ha nel suo simbolo una fiamma tricolore storicamente incompatibile con l’antifascismo.
C’è piuttosto da ricordare che l’attuale Governo ha sfornato nuove leggi volte a inasprire la tutela dell’ordine pubblico in casi che alle bravate (eufemismo) di Casa Pound stanno come i fuochi d’artificio alle bombe. Mi riferisco ad esempio alle leggi varate d’urgenza per i “rave party”.
I violenti pestaggi di un branco, aggravati dalle finalità tipiche dei militanti di Casa Pound, intolleranza e disprezzo per chi è considerato diverso e/o nemico, meritano forse (dopo l’immediata ondata di riprovazione) indifferenza e disattenzione? Certamente no.
Anzi, dalle valutazioni generiche, buone per tutte le circostanze, occorre passare a risposte specifiche calibrate sul caso concreto.
Altrimenti si torna all’epoca delle inutili “Grida” manzoniane, col rischio di pericolose crescenti derive.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
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