Corruzione. Abolizione dell’abuso d’ufficio: la stampa dovrà controllare
Dopo un anno e qualche settimana, la maggioranza di destra è riuscita nell’intento di abolire il reato-sentinella a presidio della legalità nell’amministrazione pubblica: l’abuso d’ufficio.
Adesso, nei concorsi pubblici, il padre potrà essere commissario quando il figlio è concorrente; il sindaco potrà andare a simpatia nel concedere le licenze edilizie; l’assessore potrà allegramente “mobizzare” l’impiegata che rifiuta le sue avances; gli uffici di ragioneria dei ministeri potranno dare pareri fasulli e artati, per danneggiare taluno o per avvantaggiare talaltro, senza temere nulla. Sarà tutto penalmente lecito.
E poi non ci saranno più indagini che potranno far scoprire di riflesso l’infiltrazione mafiosa nei comuni e nelle regioni. Corrotti e mafiosi stanno brindando (mi ero permessa di segnalarlo sul Fatto quotidiano del 17 giugno 2023), altro che “paura della firma”.
Ho fatto l’assessore e il vicesindaco di Desio (MB) e quando stavo assumendo un provvedimento, ben istruito e corrispondente all’interesse dei desiani, non avevo paura di niente! Hanno quindi detto bene i parlamentari delle opposizioni, quando hanno sottolineato che d’ora innanzi il cittadino comune, che vive del suo onesto lavoro e che cerca di tirare alla fine del mese, è più vulnerabile e più esposto ai furbi e ai farabutti.
Ma la legge Nordio ha anche altre brutte notizie per il buon senso e il tessuto civico del nostro Paese.
Il traffico d’influenze illecite (art. 346-bis del codice penale) viene drasticamente ridimensionato. Si tratta di un reato che era stato introdotto nel nostro ordinamento su sollecitazione del Consiglio d’Europa nel 2012 (la c.d. legge Severino) e che colpiva il sottobosco di millanterie, raccomandazioni, pressioni indebite e prossimità di gomito che rendono l’ambiente politico-amministrativo così permeabile alla corruzione.
La nuova formulazione esige che, per aversi reato, tutto ciò si basi su relazioni “esistenti” tra il trafficante di influenze e il pubblico ufficiale. In pratica, basta che il politico di turno e il trafficante dicano di non conoscersi e il gioco è fatto.
E veniamo alle intercettazioni, lo spauracchio di qualsiasi mafioso e corrotto. Adesso viene vietato di pubblicarne il contenuto se questo non è riportato dal giudice in un suo provvedimento. Viceversa, se le intercettazioni stanno in una richiesta di misura cautelare avanzata dal PM e non riprodotta dal GIP non le potremo più leggere.
Con questa legge, non avremmo potuto sapere più nulla di quello che l’assassino di Giulia Cecchetin le diceva e le scriveva per whatsapp né avremmo saputo che cosa dicevano al telefono Fabrizio Piscitelli (in arte Diabolik) e lo spacciatore e picchiatore albanese Demce.
Si dice sempre che la stampa è il “cane da guardia dell’opinione pubblica”. Oggi quel cane viene gravemente ferito. Speriamo che si rialzi presto e si ribelli nelle aule giudiziarie e faccia dichiarare illegittime queste norme criminogene.
* Un abstract del testo è stato pubblicato in data odierna da Il Fatto Quotidiano
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