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Calabria, arrestato capitano dei carabinieri

Di Gaetano Liardo il . Calabria

Favoreggiamento, collusione, corruzione. Con queste motivazioni è stato arrestato il capitano dei carabinieri Saverio Spadaro Tracuzzi. In servizio dal 2003 allo scorso giugno presso il centro Dia di Reggio Calabria, in seguito trasferito a Livorno. Le accuse nei confronti dell’ufficiale dell’Arma sono pesanti e arrivano da due pentiti di ‘ndrangheta. Consolato Villani, affiliato alla cosca Lo Giudice di Reggio Calabria, e Antonino Lo Giudice uno dei reggenti della cosca. Pentiti importanti, specialmente Lo Giudice, che hanno contribuito con le loro dichiarazioni a fare luce sugli ultimi avvenimenti criminali verificatisi nella città dello Stretto.

Dagli attentati nei confronti dei magistrati della Procura di Reggio Calabria, alla macchina piena di armi fatta ritrovare lungo il percorso delle auto che conducevano il Presidente della Repubblica Napolitano in visita in città. Un clima di tensione che ha fatto parlare di una strategia stragista. Non tutta farina della ‘ndrangheta, ma frutto di contributi “esterni”. Le azioni spregiudicate, come ha dichiarato il procuratore Vincenzo Marcì all’indomani del ritrovamento di un ordigno nei pressi della Procura, sono inquadrabili: «Fuori dal terreno tradizionale della ‘ndrangheta». Frutto, secondo Macrì di: «Poteri contigui alla malavita organizzata calabrese, nervosi sia per le vicende legate alla Procura generale, che per le iniziative della Procura su collegamenti tra clan e settori deviati delle istituzioni».

Servitori dello Stato che servono la ‘ndrangheta. Come nel caso del capitano dei carabinieri che godeva di importanti appoggi da parte delle ‘ndrine per i servigi offerti. Un impegno solerte che – da quanto si apprende da una nota del Comando provinciale dei Carabinieri di Reggio –  ha portato l’ufficiale a fornire: «In maniera sistematica e continuativa ad elementi di vertice della cosca Lo Giudice notizie coperte dal segreto investigativo». Comprese quelle: «Riguardanti indagini in corso, in particolare anche anticipando l’adozione da parte dell’autorità giudiziaria di provvedimenti restrittivi nei confronti di appartenenti alla ‘ndrangheta».   La contiguità  di apparati deviati delle istituzioni con il crimine organizzato in Calabria è nel mirino degli inquirenti. E contribuisce, forse per la prima volta, a delineare uno spaccato di protezioni di cui la ‘ndrangheta riesce a servirsi. Siano esponenti delle forze dell’ordine o colletti bianchi.

E’ il caso, ad esempio, di Giovanni Zumbo. Commercialista reggino fermato per le armi fatte trovare nel tragitto presidenziale. Oppure di personaggi dei Servizi chiamati in causa in una conversazione, intercettata, tra il boss di San Luca Giuseppe Pelle e Giovanni Ficara. I riferimenti sono espliciti. «Di notevole rilevanza – scrivono i magistrati nell’ordinanza Il Crimine – risultava essere la conoscenza, da parte di FICARA Giovanni, dell’esistenza di attività di indagine, pendenti presso le Procure della Repubblica di Regio Calabria e Milano, che avrebbero coinvolto non solo la famiglia di quest’ultimo, ma anche quella di PELLE Giuseppe e dei maggiori esponenti di ‘ndrangheta di varie province d’Italia».  Come per i Lo Giudice, anche Ficara, esponente del clan Ficara – Latella operante nella zona sud di Reggio, conosceva in anticipo le mosse degli investigatori. Conosceva, ad esempio, le operazioni che avrebbero colpito la sua famiglia e i Pelle di San Luca. Sapeva l’origine della microspia trovata nella sua automobile. Il tutto grazie all’aiuto di un informatore.

Nella conversazione, addirittura, Ficara racconta a Pelle che il “contatto” non chiede soldi:  «FICARA G.: non vuole soldi, non vuole niente, se gli voglio portare io una bottiglia… PELLE G.: Gliela portate, sennò niente. FICARA G.: …Se non ché, lo fa per amicizia, perché è “riggitano”…».  Nella stessa conversazione Ficara descrive il suo “contatto”: «FICARA G.: Questo qua, amico nostro è uno dell’Aeronautica, dove lavora, solo che è nei Servizi Segreti. PELLE G.:  Ah, ah, ah! FICARA G.: E qualche due del ROS, nei Servizi Segreti pure».

Carabinieri del Ros, ambienti dei servizi segreti, uomini della Dia. Un gran polverone nella città dello Stretto. Le indagini degli inquirenti muovono proprio in questa direzione: funzionari dello Stato, di vario livello, che garantiscono protezione e prosperità alla ‘ndrine. Uomini delle istituzioni che fanno il tifo per l’Antistato. Perché?

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