Operazione antiracket, a Gela otto le persone arrestate
Operazione antiracket della Mobile a Gela (Caltanissetta) ed in altre
tre province italiane, Viterbo, L’Aquila e Potenza. Otto gli arrestati
per estorsione aggravata: fanno parte delle famiglie mafiose gelesi di
‘Stidda’ e Cosa nostra. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere
sono state emesse dal Gip di Caltanissetta, Carlo Ottone De Marchi, su
richiesta della Dda. L’inchiesta, denominata ‘Aeolum’, ha messo in
luce, dopo due anni d’indagini, un pesante sistema di taglieggiamento,
al quale da circa un decennio venivano sottoposti due imprenditori,
titolari di un’azienda d’impianti elettrici. Entrambe le
organizzazioni malavitose pretendevano il pagamento di somme con cadenza
mensile, intercalate da richieste occasionali di fornitura e montaggio
gratuito di materiale elettrico per usi personali degli esponenti
mafiosi. Dal 1999 al 2005 i due imprenditori furono costretti a versare
prima tranche di 500 mila lire e poi di 500 euro, ad entrambe le cosche.
Il sistema e’ saltato grazie anche alla collaborazione delle
vittime, assistite e sostenute dalla locale associazione antiracket
‘Gaetano Giordano’.
Fra gli arrestati, gli unici due in liberta’ erano Nunzio Salerno, 38
anni, e Pietro La Cognata, 48, detto ‘Peppe Zorro’. Gli altri sei
destinatari del provvedimento di custodia cauterale gia’ si trovavano
agli arresti: si tratta di Vincenzo Gueli, 45 anni, soprannominato
‘Patatina’; Francesco Morteo, 46, detto ‘Franco’; Alessandro Gambuto,
35, ‘u vutrisi’; Luca Luigi Incardona, 34, meglio conosciuto come
‘Luchino’ o ‘A-team’; Enrico Maganuco, 47 detto ‘u gemellu’. L’accusa
per tutti e’ di estorsione aggravata.
Pur di incassare con puntualita’ il pizzo, gli affiliati al racket di
Gela si trasformavano spesso in esattori dei crediti delle loro
vittime, come hanno rivelato gli investigatori nella conferenza stampa
alla questura di Caltanissetta. I due imprenditori presi di mira, i
fratelli Natale e Graziano Brigadeci, quando non erano in condizione di
pagare, si sarebbero giustificati con i taglieggiatori, dicendo di non
disporre di denaro liquido malgrado vantassero crediti consistenti.
Allora erano gli stessi malavitosi di ‘Stidda’ e Cosa Nostra a chiedere
nomi e indirizzi, presentandosi ai clienti-debitori per il saldo. E, se
qualcuno pagava con assegni post-datati, erano sempre i Brigadeci a
trovare il denaro contante per scambiarli subito. Dal 2005, pero’, il
clima sarebbe cambiato. I due imprenditori commerciali, assistiti dalla
locale associazione antiracket ‘Gaetano Giordano’, hanno accettato di
collaborare con la polizia che stava gia’ indagando sulla loro vicenda.
Trackback dal tuo sito.