Julian Assange è libero e la soluzione scelta dal suo team legale è la migliore per sostenere le sue condizioni di salute e contrastare l’indebolimento della sua capacità di resistenza. La moglie Stella si dice “euforica”, e possiamo ben capirlo, dice che il contenuto del patteggiamento verrà reso noto appena lo convaliderà un giudice americano, domani alle Marianne: da quel che emerge, Assange si deve dichiarare colpevole di uno solo dei 18 capi d’imputazione sollevati in America – pretesa minima dal dipartimento di Giustizia di Washington – sulla base dell’Espionage Act: draconiana legge sul controspionaggio del lontano 1917 e mai evocata fino ad oggi. Ovviamente il patteggiamento con le autorità americane cancella la richiesta di estradizione. Ed è ciò che ha consentito agli inglesi di disporre sia il rilascio del giornalista – che compirà 53 anni il 3 luglio – sia la cancellazione delle udienze su un ulteriore appello della difesa contro la consegna agli Stati Uniti: già fissate a Londra per il 9 e 10 luglio.
Ma il capitolo ‘Assange’ non è chiuso e non solo per le sue sorti personali: la persecuzione giudiziaria che gli Stati Uniti hanno orchestrato contro di lui è senza precedenti, neanche con i Pentagon papers accadde, allora la guerra in Vietnam si dava per persa e non si aprì una sfida alle fondamenta democratiche dello Stato, si lasciò correre. Oggi questo potere imperiale vuole continuare le sue sfide guerrafondaie e perciò ha voluto inchiodare Assange, perché il mondo sappia a cosa si possa andare incontro a chi lo ostacola. Assange è libero è noi esultiamo ma non siamo liberi dalla minaccia di un potere micidiale. I movimenti democratici hanno risposto, ora questa vivace e bella prova deve essere messa al servizio di una campagna contro la guerra.
Il Fatto Quotidiano, il blog di Stefania Limiti, 25/06/2024