Due CSM e Alta Corte disciplinare. Così rinascono corporazione e gerarchia
Nella scelta del sorteggio per la provvista dei membri togati dei due CSM separati e dell’Alta Corte disciplinare c’è qualcosa che va oltre il proposito di infliggere una umiliazione alla magistratura. È il tentativo di far rivivere una concezione della magistratura come “corporazione” indifferenziata, nella quale non sono ravvisabili – e comunque non sono legittime – diverse idealità e diverse interpretazioni degli interessi professionali.
Riaffiora il fiume carsico del sorteggio
Il governo della destra la chiama “riforma della giustizia” ma è un progetto che, come già accaduto in passato, persegue un’unica finalità: riscrivere, in termini per più versi antitetici rispetto alla Costituzione, l’assetto della carriera dei magistrati, il giudice e il giudizio disciplinare e il governo autonomo della magistratura [1].
Di molti degli aspetti toccati dalla “riforma” Questione Giustizia si è già più volte occupata, anche in interventi recenti [2], ai quali si può rinviare in attesa di ulteriori e più approfondite analisi.
Nell’immediato sembra più utile concentrare l’attenzione su di un tema che, come un fiume carsico, è apparso e scomparso, per poi riemergere più a valle, nei confronti politici e culturali sulla provvista del CSM: il sorteggio per l’individuazione dei membri togati del governo autonomo della magistratura.
Soluzione istituzionale, questa, che era stata ritenuta realizzabile già nel quadro dell’attuale Costituzione grazie all’invenzione di formule più o meno fantasiose di sorteggio c.d. “temperato”.
Ricordiamole, anche se in estrema sintesi.
Il “sorteggio degli eleggibili”, destinato ad essere seguito, per la scelta dei membri togati del CSM, da una votazione limitata alla platea dei magistrati preliminarmente sorteggiati.
Il “sorteggio degli eletti”, da effettuarsi nell’ambito di un’ampia rosa di candidati selezionata grazie ad una votazione preliminare degli elettori.
Il “sorteggio tra gli ottimati”, circoscritto alle categorie dei magistrati più anziani e/o più alti in grado.
Formule immaginifiche, come si è detto, destinate però a scontrarsi frontalmente con il chiarissimo ed inequivocabile dettato della nostra Costituzione che vuole il CSM eletto dalla generalità dei magistrati.
Dopo i tentativi andati a vuoto in passato l’attuale governo sceglie ora la via più radicale nel contenuto e nella forma: cambiare la Costituzione e proporre una forma di “sorteggio secco”, per l’individuazione dei membri togati del CSM ed una sorta di sorteggio temperato per i membri laici, che sono destinati ad essere sorteggiati nell’ambito di un “elenco” compilato mediante elezione – senza alcuna previsione nel testo costituzionale di maggioranze qualificate – dal Parlamento in seduta comune entro sei mesi dal suo insediamento.
L’art. 3 del ddl costituzionale approvato nella seduta del 29 maggio riscrive l’art. 104 della Costituzione nei seguenti termini:
«Art. 104 – La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente.
Il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente sono presieduti dal Presidente della Repubblica.
Ne fanno parte di diritto, rispettivamente, il primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di cassazione.
Gli altri componenti sono estratti a sorte, per un terzo, da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, e, per due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, nel numero e secondo le procedure previsti dalla legge.
Ciascun Consiglio elegge il proprio vicepresidente fra i componenti sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento.
I membri designati mediante sorteggio durano in carica quattro anni e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva.
Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.».
La lettura del nuovo testo dell’art. 104 della Costituzione mostra con chiarezza quali dovrebbero essere, nell’intenzione del governo, i tratti qualificanti del nuovo assetto costituzionale del governo autonomo della magistratura:
– previsione di “due” Consigli superiori, entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica, per le categorie separate di giudici e pubblici ministeri;
– analoga composizione dei due organi, formati per due terzi da membri togati e per un terzo da membri laici, con la sola differenza riguardante il membro di diritto (il primo presidente della Corte di cassazione per il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il procuratore generale per il Consiglio superiore della magistratura requirente);
– formazione dei Consigli attraverso sorteggi differenziati – secco per i togati e temperato per i laici – come in precedenza ricordato .
Su quest’ultima “innovazione”, decisiva per la provvista dei due Consigli, vale la pena di soffermarsi più da vicino per coglierne il significato politico e la valenza tecnica.
Una scelta discriminatoria
Nel progetto del sorteggio l’intuito dei cronisti, spesso più penetrante di tante sofisticate riflessioni giuridiche, ha subito ravvisato uno “schiaffo ai magistrati”.
Ed in effetti è difficile non vedere come l’opzione per il sorteggio, in particolare nella sua versione più radicale, nasca e si accompagni ad una volontà politica di mortificazione della magistratura.
Questa viene infatti additata all’opinione pubblica come inidonea a compiere, con il voto, le scelte che quotidianamente assicurano la formazione di innumerevoli organi di amministrazione, pubblici e privati, dai più rilevanti sino all’ultimo condominio.
Con l’effetto di porre i magistrati in una condizione di diseguaglianza – irragionevole ed inaccettabile – rispetto a tutti gli altri appartenenti a categorie professionali che, primi tra tutti gli avvocati, continueranno ad eleggere i loro rappresentati negli ordini professionali e negli organismi disciplinari.
Dunque l’affronto c’è e si traduce anche in una irrazionale diseguaglianza e in una vera e propria discriminazione ai danni della magistratura ordinaria, cui viene inibito di “votare” in un quadro istituzionale complessivo che resta incentrato su sistemi di rappresentanza e di amministrazione decisi attraverso il voto.
Né il profondo disagio nascente dall’esclusione del voto per i magistrati si riduce per il fatto che sono sorteggiati anche i membri laici .
Non c’è infatti alcuna simmetria tra i due sorteggi dal momento che il potere politico mantiene la prerogativa di eleggere l’intera rosa entro cui verrà effettuato il sorteggio riducendo così grandemente il ruolo della sorte nella scelta dei membri laici.
Da ultimo ma non ultimo, il ddl costituzionale che incide così profondamente sull’assetto della magistratura ordinaria tace del tutto sulle altre magistrature, così che non è dato di intendere se esse verranno coinvolte e in che forme e in che tempi nella restaurazione che oggi investe la magistratura ordinaria. Dando così una ulteriore riprova dell’intento discriminatorio e punitivo dell’iniziativa del governo.
Il sorteggio riflette una concezione della magistratura come “corporazione” indifferenziata
Nella scelta del sorteggio c’è però qualcosa che va oltre il proposito di infliggere una umiliazione alla magistratura.
Parlo del tentativo di far rivivere una concezione della magistratura come “corporazione” indifferenziata [3], nella quale non sono ravvisabili – e comunque non sono legittime – diverse idealità e diverse interpretazioni degli interessi professionali.
E’ solo in quest’ottica infatti che si può ritenere che ciascuno degli appartenenti al “corpo”, anche se scelto a caso, possa rappresentarlo nella sua interezza e decidere in suo nome.
In questa visione della magistratura si esprime una logica di “restaurazione” che mira a cancellare e a smentire il percorso culturale, ideale ed istituzionale compiuto dalla magistratura negli ultimi cinquanta anni, appiattendola sull’unica dimensione di un corpo indistinto di funzionari, portatori di elementari interessi di status e di carriera cui ciascuno di essi può attendere in nome e per conto degli altri senza bisogno di scelte o investiture rappresentative.
E’ come se si volesse riavvolgere il nastro della vicenda storica dei magistrati italiani per invertire l’itinerario compiuto a partire dallo storico congresso dell’ANM svoltosi a Gardone nel 1965.
In quel congresso, all’interrogativo “giudici o funzionari? ” i magistrati, sostenuti dalla migliore cultura giuridica dell’epoca, risposero rivendicando orgogliosamente la loro funzione di “giudici” e, con essa, la cittadinanza anche in seno al governo autonomo di diverse sensibilità e visioni del ruolo dei magistrati, dell’organizzazione degli uffici, dell’indipendenza esterna ed interna.
Oggi il governo di destra sembra animato dall’intenzione di far regredire i giudici a corpo omogeneo di “funzionari”, escludendo che nell’organismo che li amministra possano consapevolmente rispecchiarsi le idee e le culture dei “ giudici”.
Scomparirà il dovere di rendere conto?
Scelti dal caso e non sulla base di idee, programmi e opzioni condivise, a chi saranno tenuti a rendere conto i governanti designati dalla sorte?
Come è noto il governo autonomo della magistratura non è pura e semplice amministrazione del personale.
Al contrario l’organo di governo autonomo cumula in sé una complessa pluralità di funzioni, tra cui quelle consultive e normative secondarie, mentre le questioni riguardanti le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le promozioni e le nomine ad uffici direttivi e semidirettivi possono essere affrontate e risolte solo esercitando una discrezionalità amministrativa orientata da valori ed opzioni culturali ed istituzionali .
Il rischio che si corre è quello della scomparsa di ogni forma di accountability dei membri togati di fronte alla platea degli amministrati per le scelte compiute
Delicate funzioni istituzionali saranno affidate a magistrati che, per essere stati selezionati dalla mera sorte, non avranno alcun punto di riferimento se non la cerchia delle persone direttamente conosciute o il territorio in cui operano e non si sentiranno direttamente responsabili nei confronti della generalità degli amministrati.
In definitiva, come ha scritto sulle pagine di Questione Giustizia Valerio Savio in occasione di una delle periodiche riemersioni del tema del sorteggio per la provvista del CSM, il c0nsigliere estratto a sorte «sarebbe una monade svincolata da ogni responsabilità politica e di gruppo, senza retroterra e senza punti di riferimento pubblici e potrebbe rapidamente, e stavolta non più patologicamente ma fisiologicamente diventare il terminale di una lobby personale, di una rete di relazioni che non facendo capo in chiaro ad un riconoscibile e visibile gruppo associativo bensì alla sua persona e/o ai suoi amici e/o al suo territorio e/o a notabilati locali e/o a gruppi di pressione di categoria (dei pm, dei gip, ecc.) sarebbe molto più opaca, molto meno leggibile nelle scelte operate nel quotidiano della vita consiliare dell’attuale consigliere di corrente [4]».
Sgombrare subito il campo da un equivoco
Dopo queste prime note – scritte immediatamente a ridosso del varo, nel Consiglio dei ministri di ieri, del testo del ddl costituzionale sulla giustizia – la Rivista avrà certamente modo di tornare su tutti i temi oggetto dell’iniziativa legislativa governativa, incluso il sorteggio.
E’ utile però sgombrare subito il campo da un equivoco, rimuovendo un possibile alibi culturale e politico all’operazione adottata nei confronti della magistratura.
La destra al governo non ha affatto intenzione di convertirsi alla democrazia del sorteggio ed alla democrazia deliberativa al fine di rispondere alla disaffezione politica ed istituzionale che si esprime nell’astensionismo e nella crescente apatia politica della società italiana.
Come è noto, infatti, in molti Paesi dell’Occidente la riproposizione del “sorteggio” come criterio di selezione dei componenti di organismi istituzionali di varia natura – politici, amministrativi, consultivi, gestionali – è scaturita dalla presa di coscienza di una profonda crisi della politica e dalla ricerca di meccanismi idonei a rivitalizzarla [5].
In questo contesto il sorteggio è stato considerato come una soluzione utile per rispecchiare fedelmente in particolari organismi investiti di funzioni consultive e propositive la composizione di un determinato corpo sociale, dando vita, attraverso un sorteggio «stratificato [6]», ad una sorta di microcosmo sociologicamente rappresentativo di tale realtà.
In quest’ottica va ricordato – tra i molti esempi che potrebbero essere addotti – che al sorteggio si è fatto positivamente ricorso in Francia per dar vita a esperimenti di democrazia deliberativa destinati ad integrare, su questioni spinose come il fine vita, una democrazia rappresentativa incapace di dar risposte perché inceppata da pregiudiziali ideologiche e di schieramento politico [7].
Nulla di tutto questo sta avvenendo in Italia, dove di organismi di democrazia deliberativa, con funzioni consultive o propositive, composti grazie al sorteggio, si parla poco e meno ancora si sperimenta.
Nel nostro Paese, invece, la maggioranza di governo – del tutto sorda ai brontolii di tuono dell’apatia e della disaffezione democratica – è esclusivamente impegnata a rafforzare i meccanismi di concentrazione e di personalizzazione del potere come dimostra l’impegno profuso nella approvazione della riforma del premierato elettivo.
Al sorteggio si fa perciò ricorso non per integrare e rivitalizzare la democrazia rappresentativa ma solo per snaturare e impoverire l’esperienza di governo autonomo della magistratura ordinaria riducendone la legittimazione e l’efficacia.
Il sorteggio per la provvista dell’Alta Corte disciplinare
Sono ancora meccanismi di sorteggio a regolare, nel nuovo testo dell’art. 105 della Costituzione, la provvista del nuovo giudice disciplinare dei magistrati: l’Alta Corte disciplinare.
Alla previsione che «La giurisdizione disciplinare nei riguardi dei magistrati ordinari, giudicanti e requirenti, è attribuita all’Alta Corte disciplinare» fanno seguito le disposizioni che regolano la composizione e la formazione del nuovo giudice stabilendo che «L’Alta Corte è composta da quindici giudici, tre dei quali nominati dal Presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio e tre estratti a sorte da un elenco di soggetti in possesso dei medesimi requisiti che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione nonché da sei magistrati giudicanti e tre requirenti estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie, con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità»[8].
Giudice disciplinare di primo grado, l’Alta Corte è anche, in diversa composizione, giudice esclusivo dell’impugnazione.
Nel testo novellato dell’art. 105 della Costituzione si prevede infatti che «contro le sentenze emesse dall’Alta Corte in prima istanza è ammessa impugnazione, anche per motivi di merito, soltanto dinanzi alla stessa Alta Corte, che giudica senza la partecipazione dei componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione impugnata».
Per inciso va rilevato che la indiscussa natura giurisdizionale del giudizio disciplinare nei confronti dei magistrati e la definizione delle decisioni dell’Alta Corte come «sentenze» inducono a ritenere che la riforma lasci intatta la possibilità, prevista dall’art. 111 della Costituzione, del ricorso in Cassazione per violazione di legge avverso le sentenze del nuovo giudice disciplinare.
Ritornando al tema cruciale del sorteggio, si constata che c’è piena simmetria tra il meccanismo di estrazione a sorte dei membri togati dei due CSM e quello dei tre membri laici dell’Alta Corte di competenza del parlamento: in entrambi i casi, infatti, l’estrazione a sorte è effettuata in un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio compilato mediante elezione dal Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dal suo insediamento.
E’ invece il sorteggio dei togati a far emergere una corposa differenza, essendo circoscritto ai magistrati con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità.
La giustizia disciplinare sarà dunque monopolio dei magistrati di cassazione ripristinando una primazia – diversa da quella di natura esclusivamente giurisdizionale oggi esercitata – che riecheggia un passato lontano nel quale gli alti gradi della cassazione svolgevano un ruolo di vertice dell’organizzazione giudiziaria e di preminenza nel CSM e nella giustizia disciplinare.
Il sorteggio dunque diviene il veicolo attraverso il quale si punta a far rinascere nella magistratura italiana corporazione e gerarchia in sostanziale contraddizione con altre norme della Costituzione, tra cui quella secondo cui i magistrati si distinguono soltanto per diversità di funzioni.
Con la consueta enfasi la riforma è stata subito definita “epocale” dalla Presidente del Consiglio.
Ma allo stato essa è poco più che un progetto che, culturalmente e politicamente, appartiene un’altra epoca storica, alla quale la magistratura non può essere forzatamente ricondotta in forza di un sogno reazionario.
Note
[1] Come ha ricordato da ultimo Gianni Canzio in una intervista a Il Messaggero del 29 maggio 2024 «la riforma della giustizia di cui abbiamo bisogno c’è già . Si chiama riforma Cartabia e interviene sulle reali emergenze» . L’intervento sulle carriere e sul governo autonomo è invece «un progetto solo ideologico… che non porterà maggiore efficienza».
[2] Cfr. al riguardo N. Rossi, Oltre la separazione delle carriere di giudici e pm. L’obiettivo è il governo della magistratura e dell’azione penale, in Questione Giustizia on line, 4.9.2023. Tra gli scritti più recenti sul tema cfr. Armando Spataro, La separazione delle carriere dei magistrati? Una riforma da evitare, in Giustizia Insieme, on line, 28 luglio 2016; Edmondo Bruti Liberati, Lo statuto del pubblico ministero nel progetto di legge costituzionale n. 14. Non solo separazione delle carriere, in Sistema penale, on line, 9 marzo 2020; Sergio Lorusso, Eclettismo giudiziario e processo accusatorio, in Sistema penale, on line,11 ottobre 2023 Mi sia consentito anche richiamare N. Rossi, Separare le carriere di giudici e pubblici ministeri o riscrivere i rapporti tra i poteri?, in Sistema penale on line, 16.11.2023 e l’ampia bibliografia ivi citata.
[3] Cfr. su questi temi, F. Lanchester, Il sorteggio in campo politico come strumento integrativo dell’attività delle assemblee parlamentari, in NOMOS, 2-2016 e l’ampia bibliografia ivi richiamata.
[4] Così V. Savio, Come eleggere il CSM, analisi e proposte: il sorteggio è un rimedio peggiore del male, in Questione Giustizia on line, 26.6.2019, par. 1, punto 8.
[5] Sulla problematica della democrazia del sorteggio v. N. Urbinati, L. Vandelli, La democrazia del sorteggio, Torino, Einaudi, ed on line; D. Van Reybrouck, Contro le elezioni, Perché votare non è più democratico, Feltrinelli, 20125, ed. on line; V. M. Caserta (e altri), Democrazia a sorte ovvero la sorte della democrazia, Catania, Malcor D’, 2012.
[6] Il sorteggio stratificato è quello che riproduce con l’impiego di sofisticati mezzi statistici una sorta di microcosmo della realtà rappresentata, una versione bonsai del corpo sociale di riferimento.
[7] Sul tema v. N. Rossi, La convenzione francese sul fine vita. La democrazia deliberativa per superare una impasse?, in Questione Giustizia on line, 4.5.2023 .
[8] Il testo novellato dell’art. 105 prosegue prevedendo: «L’Alta Corte elegge il presidente tra i giudici nominati dal Presidente della Repubblica e quelli sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento. I giudici dell’Alta Corte durano in carica quattro anni. L’incarico non può essere rinnovato. L’ufficio di giudice dell’Alta Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento, del Parlamento europeo, di un consiglio regionale o del Governo, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni altra carica e ufficio indicati dalla legge. La legge determina gli illeciti disciplinari e le relative sanzioni, indica la composizione dei collegi, stabilisce le forme del procedimento disciplinare e le norme necessarie per il funzionamento dell’Alta Corte, e assicura che i magistrati giudicanti o requirenti siano rappresentati nel collegio».
DDL costituzionale giustizia 29.05.2024
* Direttore di Questione Giustizia
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