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Le ‘ndrine dietro gli sbarchi

Di Anna Foti* il . Calabria

C’è un’umanità che cerca protezione in Calabria. Il secondo sbarco in venti giorni sulle coste joniche calabresi di Crotone. Dopo i 105 immigrati giunti all’inizio del mese di novembre nella città di Pitagora, adesso un’altra rappresentanza di un’umanità che la legge italiana classifica come clandestina e che invece è sofferente e in fuga da guerra e povertà. 137 immigrati prevalentemente afgani, e in minor misura pakistani e iracheni, tutti uomini e di cui 30 minori, viaggiavano a bordo di un veliero con due alberi battente bandiera russa di nome Annah, a largo di Crotone, ad 11 miglia al largo di Punta Alice a Crotone.  Nella notte scorsa intorno alle 3 la Guardia di Finanza ha intercettato l’imbarcazione dopo che gli scafisti si erano già dati alla fuga all’ingresso in acque nazionali. Un approdo nel porto della città di Crotone dunque scortato dalle Fiamme Gialle e cui stanno seguendo le operazioni di identificazione e di accesso alle richiesta di asilo e protezione internazionale, previste dalla legge e dai trattati internazionali in materia.

 La città di Pitagora si trova in queste ore al centro di un nuovo flusso di stranieri su cui, dopo gli arresti dei 12 egiziani con riferimento allo scorso sbarco, le mutate condizioni di ‘viaggio della speranza’ adesso su mezzi di lusso che non rendono il medesimo viaggio comunque meno drammatico, adesso indaga anche la Direzione Nazionale Antimafia che dunque ritiene possibile il coinvolgimento del crimine mafioso nelle gestione internazionale dell’immigrazione clandestina. Traffici non nuovi nel panorama mafioso, ma con riferimento ai quali le mafie potrebbero manifestare adesso nuovo interesse.  In questi termini si è pronunciato il procuratore di Crotone Raffaele Mazzotta, un percorso avviato già con l’incontro tra il procuratore Nazionale Antimafia Piero Grasso, il pm della Procura di Crotone che si occupa degli sbarchi, Nicola D’Amato, e i magistrati delle Procure distrettuali antimafia di Lecce, Bologna, Milano, Messina e Catania. Una nuova sinergia mentre è evidente che vi è un’inversione di tendenza circa gli sbarchi in aumento rispetto ad inizio anno.  E il tutto mentre sull’accordo Italia Libia avente ad oggetto anche la gestione dell’immigrazione clandestina, che impedirebbe di fatto l’arrivo alle coste italiane da parte del governo libico che non ha neppure sottoscritto la convenzione Onu sullo status del Rifugiato e che non brilla per trattamento dei cittadini di altra nazione, in Parlamento si discute su una clausola che dovrebbe sorprendere per il solo fatto di non essere stata contemplata ab origine nel trattato di Amicizia Italia – Libia e che oggi costituisce un emendamento passato sul filo alla Camera e a cui il governo è contrario.

Parliamo delle garanzie sui diritti umani, ossia  la fondamentale ma finora ignorata richiesta che i respingimenti vengano effettuati in base agli accordi internazionali e ai principi umanitari.  Intanto il crimine mafioso potrebbe, in tutto ciò, essersi bene insinuato, lo rivelerà la DNA. Come gli assetti criminali anche le fonti di reddito illecito mutano, si lasciano dei settori poi si riprendono. E’ anche il caso delle armi, una volta molto più gettonato sulle grandi rotte internazionali e che sta collezionando gravi fatti di cronaca tra cui la rapina qualche giorno fa ai danni di due cacciatori a Laureana di Borrello e l’arresto a Marina di Gioiosa di Giuseppe Pugliese, pensionato in possesso di un fucile con la matricola abrasa.

 Un settore che torna a far riflettere su scala locale con le lupare che sparano ai cacciatori per ottenere dei fucili calibro 12, come accaduto ieri a Cittanova. Qui come altrove il giovane calabrese, residente a Polistena ma originario di San Giorgio Morgeto, Antonio Giovinazzo, non tornerà più a cacciare. Era marito e padre di 35 anni che forse aveva tentato di resistere prima di subire una scarica di pallettoni che lo avrebbe freddato sul colpo.  Utile la collaborazione degli altri cacciatori. Le indagini dei Carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria intanto sono serrate anche perchè si è ancora alla ricerca della Fiat Panda su cui i malviventi, presumibilmente tre, sarebbero fuggiti facendo perdere le loro tracce. Ma le indagini lambiscono anche ambienti criminali mafiosi.

Le piste battute dagli investigatori sono due: la necessita’ di reperire armi per rimpiazzare gli arsenali oppure che proteggere quella zona e con essa le attivita’ illecite svolte in quei luoghi, in cui non erano evidentemente graditi estranei.  

* da Reggiotv

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