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Mafie: quello che Maroni
non dice

Di Lorenzo Frigerio il . L'analisi

Dopo una settimana di alta tensione e di continui richiami alla necessità di garantire il giusto contradditorio al Governo, a seguito delle presunte accuse di collusione con la ‘ndrangheta al Nord rivolte da Roberto Saviano alla Lega, lunedì sera il ministro dell’Interno Roberto Maroni è approdato finalmente negli studi di “Vieni via con me”. Qui ha potuto ripetere, seguendo il format della fortunata trasmissione, cioè la lettura di un elenco, quello che è andato ripetendo per una settimana dai teleschermi di tutte le trasmissioni possibili immaginabili a marchio RAI e Mediaset. Ci saremmo aspettati uno spunto di novità, un qualche elemento peculiare che spiegasse a tutti gli italiani perché, dopo sette giorni passati nella trincea televisiva, il ministro leghista aveva chiesto a gran voce una sorta di riparazione al duo Fazio-Saviano. E invece niente, o meglio, tutto, stando all’impostazione data da Maroni al suo intervento: una lista di successi nella lotta alle mafie che – è sottinteso ovviamente – fanno di lui il miglior ministro degli Interni mai avuto prima e del Governo in carica il migliore in assoluto della storia repubblicana.

Certo, difficile eccepire su quanto riportato da Maroni, ma noi di Libera Informazione ci proviamo lo stesso, a garanzia di quel contraddittorio mancato ieri sera.  È vero, signor ministro: le mafie si combattono arrestando i superlatitanti – 28 quelli presi finora e all’appello mancano solo Michele Zagaria e Matteo Messina Denaro – ed è legittimo il suo orgoglio, soprattutto quando arriva dopo il necessario e non scontato ringraziamento a magistratura e forze dell’ordine. È vero, signor ministro: le mafie si combattono sequestrando gli ingenti patrimoni dei boss e delle cosche – 35.000 beni per un valore di circa 18 miliardi di euro – che tolgono ricchezza e sviluppo a larga parte del territorio italiano.
È vero, signor ministro: le mafie si combattono contrastandone l’insediamento sul territorio ed è bene che si ricordi – come ha fatto lei stesso ieri sera – che la ‘ndrangheta è presente da tre decenni al nord e che il piano straordinario di lotta alle mafie deve andare nella direzione di perseguire uomini e affari delle famiglie mafiose.

È vero, signor ministro: le mafie si combattono rendendo le istituzioni locali impermeabili alle lusinghe mafiose. Lei giudica offensivo e ingiusto sostenere che la ‘ndrangheta interloquisca con la Lega e a supporto cita le tante operazioni antimafia – Cerberus, Parco Sud, Crimine, Infinito – portate a termine dalla DDA milanese senza che un esponente leghista finisse in manette. È vero, signor ministro: le mafie si combattono eliminando gli squilibri tra nord e sud del Paese e per ciò chiama in causa Salvemini, per ribadire che il federalismo è l’unica soluzione per la questione meridionale. È vero, signor ministro: battere le mafie passa da qui, da tutto quello che lei ha elencato ma anche e soprattutto da tutto quello che lei ha dimenticato, ci auguriamo almeno inconsapevolmente.

Le mafie si combattono, sicuramente catturando i latitanti, ma facendo in modo che la magistratura e le forze dell’ordine siano messe in condizione di lavorare meglio. Perché, se tutti questi successi arrivano oggi, pur in carenza di risorse, pensiamo a cosa succederebbe se le poste di bilancio per il funzionamento dei comparti della sicurezza e della giustizia fossero all’altezza di un paese civile. Non dovremmo vedere magistrati portarsi in tribunale la carta per le fotocopie o i poliziotti pagare di tasca propria la benzina per pedinare un mafioso. E forse si potrebbe davvero scrivere la parola “fine” al potere delle mafie.

Le mafie si combattono, sicuramente catturando i latitanti, ma facendo in modo anche che la carriera criminale non sia l’unica alternativa praticabile alla disoccupazione, al sud come al nord. Se invece l’aspettativa massima per un adolescente è finire in televisione, si comprende purtroppo come ogni mezzo diventi lecito, compresa l’illegalità e il reato. Le mafie si combattono, sicuramente sequestrando i patrimoni alle mafie, ma distinguendo tra quanto viene sequestrato e quanto viene realmente confiscato e non si perde nei meandri della burocrazia. Se non si vuole fare solo propaganda, occorre spiegare ai cittadini che l’iter che porta alla confisca è lungo e per nulla scontato. Le mafie si combattono, sicuramente sequestrando i patrimoni alle mafie, ma facendo in modo che tutte queste  ingenti ricchezze finiscano alla collettività, grazie all’uso istituzionale e/o sociale dei beni sottratti alle cosche.
Le mafie si combattono, sicuramente sequestrando i patrimoni alle mafie, ma rendendo operativa l’Agenzia creata appositamente con una dotazione di risorse e di competenze all’altezza della sfida, che è culturale, politica ed economica.

Le mafie si combattono, sicuramente sequestrando i patrimoni alle mafie, ma anche impedendo che i proventi di corruzione e collusione e gli investimenti delle mafie droghino l’economia legale. Un provvedimento come quello approvato dal Governo per il cosiddetto “scudo fiscale” non aiuta nella lotta alle mafie, anzi produce l’effetto contrario. Le mafie si combattono, sicuramente contrastandone l’insediamento sul territorio, ma a tutti i livelli, quello politico compreso, senza che si sbandierino patenti di aprioristica diversità da parte di questo o di quel partito. Da questo punto di vista, il riconoscimento della presenza della ‘ndrangheta al nord è una precondizione a qualsiasi tipo di bonifica sociale, economica, politica. Le mafie, infatti, da sempre, cercano costantemente il rapporto con chi comanda, con la politica, senza badare ai colori e agli schieramenti; viceversa sarebbero una banda di rapinatori o spacciatori, un problema di ordine pubblico come tanti altri.

E il ministro non si deve risentire, se nelle carte processuali da lui citate è finito anche Angelo Ciocca, un consigliere leghista eletto in Regione Lombardia che, pur non essendo allo stato indagato, è stato ripreso in compagnia di un avvocato in odore di mafia, tale Pino Neri. Le mafie si combattono, sicuramente rendendo le istituzioni locali impermeabili, ma lo si deve fare distinguendo il giudizio politico da quello giudiziario. Se veramente si vuole evitare che la magistratura faccia politica, la politica non aspetti la Cassazione per isolare i suoi rappresentanti che hanno relazioni che sono già discutibili per un normale padre di famiglia…
E il ministro Maroni ci spieghi la coerenza con quanto dichiarato ieri sera con la scelta tenuta in Parlamento dal suo partito, che ha votato contro l’utilizzo delle intercettazioni nel caso Cosentino.

Le mafie si combattono, sicuramente eliminando gli squilibri tra nord e sud, ma la risposta federalista, in una condizione come quella attuale, sembra più la traduzione in legge dell’aspirazione leghista a lasciare il sud del Paese al proprio destino. Ricordiamoci, infatti, delle parole del professor Miglio, per anni ideologo della Lega che diceva: “Io sono per il mantenimento anche della mafia e della ‘ndrangheta. Alcune manifestazioni tipiche del Sud hanno bisogno di essere costituzionalizzate”.
Le mafie si combattono, infine, signor ministro, aiutando i cittadini a collaborare con la giustizia, sostenendo gli imprenditori nella denuncia del racket delle estorsioni, ribadendo a gran voce che non sono consentiti rapporti di alcun genere tra politica e mafia.

Come si concilia “l’antimafia del fare” da lei sostenuta con il fatto che quest’estate il ministro Bossi, leader del suo partito, ha dichiarato di non essere riuscito ad aprire una sede della Lega in Calabria per la presenza della ‘ndrangheta? Ha denunciato il ministro Bossi quanto accaduto ad un magistrato della Repubblica oltre che ai giornali? Come si concilia “l’antimafia del fare” da lei sostenuta con il fat
to che il presidente del Consiglio dei Ministri, quando era un imprenditore in ascesa, ha pagato il pizzo per due decenni alle cosche palermitane, per il tramite di un suo collaboratore, oggi senatore della Repubblica?

Questo è solo parte di quel contraddittorio che ieri sera è mancato, di fronte alla lettura dei successi incontrovertibili di questo Governo. Siamo purtroppo quasi certi che nessuno scriverà al Presidente Napolitano o ai vertici della RAI per lamentare l’assenza di un simile contraddittorio.  

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