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Quando un arresto vale un armistizio

Di Peppe Ruggiero il . Campania

Nel giorno delle polemiche Maroni – Saviano dal cilindro esce l’arresto del superlatitante Antonio Iovine, boss di gomorra, detto ‘o Ninno, ‘o poppante. Si nascondeva nella casa di un muratore a Casal di Principe, a 500 metri di distanza dalla residenza ufficiale della sua famiglia nel comune limitrofo di San Cipriano d’Aversa. Una latitanza durata 14 anni, undici mesi e dodici giorni. ‘O Ninno era un boss imprenditore. La mente economica e finanziaria dei casalesi. L’ Italia lo conosce con l’uscita del libro di Roberto Saviano, ma il suo nome entra nelle case degli italiani grazie alla famosa telefonata trasmessa ad Anno Zero da un giornalista di un quotidiano locale casertano.

Una telefonata minatoria. Un avvertimento preventivo. “Consigliava” al giornalista di raccontare la verità e non  fesserie. Ma la verità era quella di un boss che viveva a Gomorra, faceva affari in tutt’Italia. Dalla Toscana all’Emilia fino alla Lombardia. Soldi. Tanti. Una multinazionale del crimine economico. Ciclo del Cemento, movimento terra, appalti, grandi opere, droga. E soprattutto a’ munnezza. Era lui, Antonio Iovine, il vero ministro dei rifiuti della camorra. Con il suo fisico asciutto ed il suo viso da ragazzino gestiva la partita dell’emergenza rifiuti in Campania. Ogni decisione su smaltimento e trasporto di rifiuti passava tra le sue mani. Vagliava, valutava e decideva. Altro che Bertolaso e Berlusconi. Era lui l’unico vero referente con i super poteri straordinari. Da tempo aveva capito che i rifiuti sono beni primari. Saranno sempre prodotti. Sempre necessari. E non subiranno mai crisi. Quella del mercato s’intende.

E che importa se rifiuti significa bombardamento di veleni sul territorio dove lui è nato. Dove viveva e vivono i suoi familiari. E soprattutto il suo popolo. Quei cittadini che per 14 anni hanno coperto i suoi spostamenti. Lo hanno protetto e tutelato. Questa protezione, questo legame si è sfaldato. Qualcosa si è rotto. Quando cade un latitante, quando lo si bracca nel suo territorio, qualcosa sta cambiando. O meglio non ha funzionato. Ribadiamo bene, qualora non si fosse capito:l’arresto di Antonio Iovine è una vittoria dei magistrati, delle Procure, delle forze dell’Ordine. In poche parole dello Stato. Ribadiamo dello Stato, non del Governo. I governi passano. La lotta alle mafie resta. E restano in trincea magistrati e forze dell’ordine. E allora è giusto che i poliziotti fuori dal Commissariato di Napoli festeggiano, come festeggiano le associazioni ed i cittadini di Gomorra. Hanno voglia di libertà e di aria pulita.

Ma nel momento della gioia non dobbiamo dimenticare quello che succede e succederà dopo l’arresto di Antonio Iovine. Chi finora ha controllato e gestito la rete di protezione che ha consentito al boss di evitare almeno quattro volte la cattura e di vivere nel suo paese per ben 14 anni? E cosa succede nella gerarchia criminale di Gomorra? Dietro il sorriso al momento dell’arresto sembra quasi che ci sia un messaggio in codice per chi deve sapere. Il suo compare fidato Michele Zagaria è ancora latitante. Fuori il branco della camorra fa sempre piu’ paura. Un esercito che aspetta segnali e nuovi generali. La partita e’ aperta. E nelle prossime ore la decisione verrà presa. I casalesi non possono permettersi di aspettare. Ancor piu’ di considerasi terremotati o sconfitti. E’ la legge degli affari. E’ la legge di Gomorra. Oggi vince lo Stato. E domani?

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