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Tonnellate di rifiuti speciali , “smaltiti” dalle ecomafie

Di Toni Mira (da L’Avvenire) il . Campania

Quattro milioni di tonnellate
di rifiuti speciali. E nessun impianto (o quasi) per smaltirli. Mentre
in Campania ci si scontra violentemente, si polemizza, si scrivono pagine
e pagine di giornali, sulla nuova crisi dei rifiuti solidi urbani, nulla
si dice, si scrive, si protesta per quelli industriali. Ben più pericolosi.
Eppure mentre quelli urbani prodotti ogni anno nella regione sono circa
2,5 milioni di tonnellate, quelli speciali superano i 4 milioni. Dati
ufficiali, ma potrebbero essere molti di più. E, fatto ancor più grave,
mentre i primi, in qualche modo, tra discariche e termovalorizzatore
di Acerra, hanno impianti dove essere smaltiti, quelli prodotti dall’industria
praticamente non ne hanno. Ufficialmente tra il 15 e il 20% verrebbe
smaltito o stoccato in Campania. Meno del 20% finisce fuori regione,
a costi altissimi (ma, stranamente, ne arrivano anche 270mila tonnellate
da altre regioni). E il resto? È il vero regno delle ecomafie e degli
ecofurbi, imprenditori che a prezzi stracciati forniscono uno smaltimento
illegale, in cave, corsi d’acqua, terreni agricoli o bruciati in quelli
che l’assessore regionale all’Ambiente, Giovanni Romano, definisce
«termovalorizzatori diffusi senza ciminiere». E ricordiamo che si
tratta dei rifiuti del mondo produttivo, pericolosi e non, degli scarti
delle grandi industrie o dei piccoli artigiani: sostanze chimiche, metalli
pesanti, ceneri tossiche, liquami, e via dicendo. 

Un problema che riguarda anche
altre regioni ma la Campania in modo particolare. In tutta l’Italia
i rifiuti speciali prodotti ogni anno sono circa 134 milioni di tonnellate,
quelli “gestiti” sono 103 milioni. Quindi mancano all’appello
ben 31 milioni di tonnellate, l’equivalente di una montagna di tremila
metri d’altezza. Il fatto curioso è che in molte regioni gli impianti
di trattamento ci sono ma non si vedono mai file di camion davanti.
Sicuramente, però, ci sono quelli che vengono dalla Campania. Infatti,
mentre le norme nazionali e comunitarie sui rifiuti vietano (tranne
i casi di emergenza) di esportare fuori regione quelli urbani, per quelli
speciali è permesso. La Campania esporta poco più di 800mila tonnellate.
«Io li devo spedire in Puglia – ci spiega Antonio Diana, imprenditore
della plastica nel casertano – con costi superiori del 50%, rispetto
ai 70 euro a tonnellata che pagherei se potessi smaltire in regione.
Ma per altre tipologie di rifiuti, come quelli pericolosi, si parla
anche del 100-200%». E si tratta di pagare tra 300 e 1.000 euro a tonnellata.
Costi che i piccoli imprenditori o gli artigiani non si possono permettere.
La camorra e gli smaltitori illegali lo sanno e offrono “sconti”
fino al 50%. È il vero affare delle cosche. 

Un problema ben noto da tempo
e per il quale già undici anni fa era stata trovata una soluzione.
Nel luglio 1999 fu firmato un Accordo di programma tra Confindustria-Federindustria
Campania, Ministri dell’Ambiente e dell’Industria, Commissario delegato
Presidente della Campania. Prevedeva la realizzazione di una Piattaforma
regionale per il trattamento dei rifiuti speciali a Pignataro Maggiore
(Ce) e una discarica per inerti e rifiuti inertizzati in una cava a
Tora Piccilli (alto casertano). Sarebbe costata 50 milioni di euro,
tutti a carico degli imprenditori. Aveva avuto già la Valutazione di
impatto ambientale del ministero dell’Ambiente, ma per l’opposizione
degli enti locali e per lentezze burocratiche non se ne fece niente.
Confindustria ha allora stipulato un nuovo Accordo di programma il 14
aprile 2005, ma anche questo non è andato avanti ed è scaduto il 14
aprile di quest’anno. 

Perché tutto questo?
L’assessore Romano ha la risposta pronta. «Mettendo regole ben precise
andiamo a scoprire certi “altarini”, andiamo a toccare una
serie di interessi. Ecomafie ed ecofurbi. È un sistema che funziona
perfettamente e nel quale il confine tra vittime e carnefici, tra imprenditori
e smaltitori illegali, è molto labile. È in tutto questo che la camorra
fa i suoi migliori affari». Insomma, taglia corto Romano, «tranne
pochissimi e piccoli impianti, il resto è totalmente fuori controllo,
anche per quanto riguarda i rifiuti che vanno fuori regione, visto che
non esiste un sistema di tracciabilità». 

Eppure anche parte del mondo
ambientalista sostiene il progetto di piattaforma. «La questione dei
rifiuti speciali – spiega il presidente di Legambiente Campania, Michele
Buonomo – si può risolvere solo in termini di corretta gestione industriale.
Solo così potremo tenere fuori camorristi e truffatori». E allora
ci si riprova. «Il sistema è completamente fermo, ora tentiamo di
rimetterlo in moto – aggiunge l’assessore –. Ho ripreso in mano
il progetto, l’ho aggiornato e fatto approvare in giunta. Ora è stato
pubblicato ed è in attesa delle osservazioni. Poi, a breve, lo porterò
in consiglio regionale. Sarebbe la prima volta». In attesa gli inceneritori
della camorra vanno a pieno ritmo.

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