Madrine di ‘ndrangheta
Durante l’ultimo maxiprocesso all’organizzazione criminale oggi considerata la più potente al mondo, un pentito ha detto: «Le donne sono il cordone ombelicale della ’ndrangheta». Quella femminile è una parte decisiva della mafia calabrese e non ancora adeguatamente analizzata.
Potere e sessualità si intrecciano e si confondono; il corpo femminile va “usato” da parte dell’uomo di ’ndrangheta in un modo determinato, e sempre dominato. La donna, dunque, col suo corpo diventa un possedimento e una forma di autorappresentazione.
L’onore mafioso, maschio, ha sempre come contraltare la sua luna, la donna, il suo ruolo complesso, il suo ruolo cangiante, il suo ruolo stratificato.
Partendo dai primi del Novecento e dal caso di una cosca dell’Aspromonte, questo libro percorre negli anni le modificazioni avvenute. Un lungo e dettagliato reportage, che si rivela anche un’indagine antropologica, tra passato e presente.
“La donna è il centro, col suo corpo diventa un possedimento e una forma di autorappresentazione del mafioso: se lui è in carcere, lei deve essere trasandata, se lui è libero e comanda lei deve essere perfetta. L’uomo si rappresenta all’esterno attraverso l’immagine femminile. La donna non può tradire proprio perché è molto più centrale dell’uomo, perché può scegliere di portarsi via i figli, perché genera il vero e proprio capitale su cui le cosche investono e senza il quale muoiono”. Dalla Introduzione
Federica Iandolo
Madrine di ‘ndrangheta
Prefazione Anna Sergi
Compagnia Editoriale Aliberti, I libri della Salamandra 2024
Pagg. 176/€ 17,90
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