L’uomo che sorrideva alla vita
Ha fatto con il proprio corpo l’ultimo atto politico possibile nella provincia di Messina. Lì dove parlare di mafie e corruzione equivale ad infangare il paese e il buon nome delle persone. Lì dove non ci sono mafie, nè emergenze e anche quest’ultime, quando arrivano, diventano di “serie B”. L’ha fatto sapendo che forse, anche questa volta, nulla o poco sarebbe cambiato. Sono trascorsi due anni da quel 2 ottobre del 2008, in cui il professore Adolfo Parmaliana ha deciso di suicidarsi, buttandosi giù dal viadotto che collega Patti Marina a Messina, ad una manciata di chilometri da casa sua. Cinquantenne, docente di chimica industriale presso il polo universitario cittadino, figlio di un operaio e di una levatrice, esponente politico fra i migliori della sua corrente politica (prima il Pci poi i Ds), Adolfo ha scelto il suicidio portando con sè la profondità del suo impegno politico, la sua purezza di borghese intellettuale schierato per lo sviluppo e la legalità e l’amore per la sua terra e i suoi cari.
Uomo controcorrente a Terme Vigliatore (paesino di 6000 anime in provincia di Messina) la città in cui era nato e aveva scelto di vivere con la sua famiglia, in cui si era battuto per chiedere lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose nel 2005. Per quelle stesse denunce, il prof. Parmaliana era stato coinvolto in un procedimento penale che lo accusava di diffamazione per aver affisso in paese, all’indomani dello scioglimento dell’amministrazione comunale, volantini nei quali si leggeva la soddisfazione per il provvedimento preso. Il rinvio a giudizio per calunnia da parte della procura di Barcellona Pozzo di Gotto era stato per lui l’ultimo atto di un lungo calvario giudiziario che si era abbattuto contro le sue denunce e il suo impegno per la legalità. Dopo il trasferimento degli investigatori che avevano lavorato all’informativa Tsunami (grazie alla quale si era ottenuto lo scioglimento del Comune) il rinvio a giudizio era stato per Parmaliana un chiaro segnale dell’inizio di una rappresaglia. Il 3 ottobre scorso nel palazzo del Comune di Messina, un incontro per ricordarlo e presentare nella provincia, dopo 11 mesi dalla sua pubblicazione (un tempo che la dice lunga…) il libro che racconta questa storia “Io che da morto vi parlo” di Alfio Caruso. Un testo che raccoglie l’esempio di rettitudine e intelligenza, portato avanti fra mille altri progetti e troppo spesso in solitudine (con buona distanza anche di una parte del suo partito politico) dal prof. Parmaliana. Un libro – inchiesta che fa luce sul coacervo di interessi contro cui si era scontrato, più volte, Parmaliana. Gli stessi cui fa riferimento nella sua lucida lettera – testamento lasciata ai suoi cari, puntando il dito contro la “cupola” così la definisce, che opera intorno alla procura di Barcellona Pozzo di Gotto. (leggi qui il testo della lettera di Parmaliana) .
“Scienziato in una nazione in cui la scienza non è considerata ambito di investimenti per lo sviluppo – dichiara durante l’incontro, l’avvocato Fabio Repici – politico in una provincia come Messina, dominata dal cerchio di interessi che ruota intorno a massoneria, mafia, politica collusa e silenzi dell’informazione ufficiale, infine persona per bene in un territorio in cui indagini dei carabinieri indicavano elementi validi per sciogliere il Consiglio comunale per infiltrazione mafiosa”. Questo era Parmaliana, un uomo che ha voluto dimostrare sino in fondo, la sua integrità in questo contesto. Un uomo che ha portato agli estremi la sua battaglia per la legalità e la difesa del territorio risultando,anche da morto, un personaggio scomodo e poco amato, in particolare per le sue battaglie sul piano regolatore. Più volte, fra le tante battaglie intraprese, rese note le delibere della giunta sull’assetto urbanistico della città, gli esposti della magistratura, e produsse denunce politiche attraverso voltantini, cercando di parlare direttamente ai concittadini, colmando quel gap che c’era fra la pubblica amministrazione e la circolazione delle informazioni dal Palazzo. Nel 2002 si era candidato alle elezioni comunali con la lista “legalità e sviluppo” raccogliendo 780 voti ma venne battuto dal forte elettorato orientato verso Gennaro Nicolò. Nelle ultime elezioni, le prime dopo il commissariamento, i cittadini di Terme scelsero Bartolo Cipriano, consigliere di maggioranza nella amministrazione sciolta per mafia, appartentente al bacino elettorale di Domenico Nania, Partito della Libertà, politico di spicco dell’area della vicina Barcellona Pozzo di Gotto, e attuale vicepresidente del Senato
Post mortem
L’attuale sindaco attuale di Terme Vigliatore, qualche giorno fa, è stato condannato a pagare 20mila euro di risarcimento per il reato di ingiuria aggravata proprio nei confronti di Adolfo Parmaliana. Cipriano, era stato assolto dal giudice di pace, e riconosciuto responsabile agli effetti civili di ingiuria aggravata. Il giudice monocratico di Barcellona Pozzo di Gotto, Maria Celi ha stabilito il pagamento di 20 mila euro, a titolo di risarcimento dei danni morali agli eredi del docente, la moglie Cettina Merlino e i figli, Basilio e Gilda. Una vicenda giudiziaria iniziata nella primavera del 2002, nel corso delle elezioni amministrative di Terme Vigliatore quando Cipriano appoggiava la candidatura a sindaco di Gennaro Niccolò (suo “uomo ombra” nel biennio in cui Cipriano non potè ricandidarsi) e si contrapponeva alla lista che sosteneva proprio Parmaliana come candidato a sindaco. Il 22 maggio, durante un comizio, Bartolo Cipriano avrebbe pronunciato alcune frasi contro Parmaliana, riferendosi all’incarico di docente, in merito alla gestione di fondi del dipartimento seguito dal professore presso l’ateneo di Messina. Il 20 novembre 2007, il giudice di pace di Barcellona Pozzo di Gotto, Maria Riili, aveva assolto Cipriano da ogni accusa; la sentenza fu appellata da Parmaliana prima e poi dai familiari, costituitisi parte civile con gli avvocati, Fabio Repici e Maria Rita Cicero. Oltre al pagamento di 20mila euro, il giudice monocratico ha condannato Cipriano a pagare anche 2.250,00 di spese del doppio grado del giudizio. Post mortem arriva un primo granello di giustizia per “l’uomo che sorrideva alla vita” . Qualche mese fa il procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone ed il sostituto Federico Perrone Capano avrebbero chiesto il rinvio a giudizio di Rocco Sisci, l’ex procuratore di Barcellona P.G., per rivelazioni di segreto d’ufficio. L’iniziativa e’ conseguenza delle risultanze dell’informativa Tsunami, redatta nel 2005 dai Carabinieri di Barcellona e riesumata dopo l’ultima lettera del prof. Adolfo Parmaliana, e delle dichiarazioni rese alla Procura reggina dal dr. Andrea De Feis dopo il suicidio del docente. Secondo i PM di Reggio Calabria, nella primavera del 2005 Rocco Sisci rivelo’ al dr. Franco Cassata e al dr. Olindo Canali le risultanze di un’indagine riservatissima condotta da De Feis e dal cap. Cristaldi sul Comune di Terme Vigliatore. Nel corso delle investigazioni erano emersi collegamenti tra il dott. Canali, il maresciallo della GdF Santi Pino, l’appuntato dei Carabinieri Nino Granata e il sindaco Bartolo Cipriano. Contemporaneamente, anche la procura di Barcellona, in collegamento con quella di Reggio Calabria, con il Sostituto Francesco Massara, sta procedendo contro il maresciallo Pino nell’ambito dell’indagine Tsunami. In que
gli stessi giorni il sostituto Olindo Canali ha lasciato la Procura di Barcellona P.G. per il tribunale di Milano, chiedendo il trasferimento.
Clicca qui per leggere:
L’interrogazione parlamentare del senatore Beppe Lumia sul caso Parmaliana
L’inchiesta di Diario su Adolfo Parmaliana (a cura di Walter Molino)
Gli articoli di Libera informazione sulla morte di Adolfo Parmaliana
Alfio Caruso autore di “Io che da morto vi parlo” (video – presentazione del libro)
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