Reggio Calabria: arriva l’esercito
Arriva l’esercito a Reggio Calabria. Come in Sicilia, dopo la stagione delle stragi, con l’operazione “Vespri siciliani”, e come nel 1994 e nel 1995 era già successo nella città dello Stretto durante l’operazione “Riace”. La richiesta, avvenuta nel corso della riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza provinciale convocata dal Prefetto di Reggio Calabria Liugi Varrata, è al vaglio del Governo. Nel giro di pochi giorni, fa sapere il Ministro della Difesa Ignazio La Russa i militari saranno operativi in città. Decisione, questa, che suscita non poche polemiche in ambito politico e sindacale. Invece di rafforzare e potenziare le forze dell’ordine, fanno sapere i sindacati di polizia, si mandano militari. Un’operazione di «pura propaganda» sbotta Laura Garavini, capogruppo Pd in Commissione Antimafia.
Il Prefetto, tuttavia, difende la decisione: «in questo momento – dichiara – il territorio ha bisogno di questa presenza, non molto visibile ma finalizzata alla vigilanza». I militari, infatti, avranno il compito di vegliare sugli uffici giudiziari della città, sollevando le forze dell’ordine da questo compito. Sulla stessa linea d’onda Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia, che i militari li ha visti in azione in Sicilia: «la minaccia portata avanti con un’arma da guerra non rende spropositata la risposta con l’Esercito».
Intanto proprio sul versante delle indagini i magistrati stanno approfondendo la zona grigia di collusioni con le cosche calabresi. L’ipotesi che non sia solo opera della ‘ndrangheta va sempre più consolidandosi. «Una strategia mirata con fini specifici che potrebbe essere non solo ‘ndrangheta» ha dichiarato il Prefetto. Un’azione che colpisce gli organi inquirenti, le cui indagini diventano sempre più insidiose per il groviglio di interessi criminali che ruotano attorno alla Calabria. «Non credo che l’intimidazione sia collegata ad un singolo episodio, ma è certamente una risposta all’azione dello Stato», commenta il Procuratore Pignatone.
Sulle zone grigie e sulle presunte collusioni con i servizi segreti il fronte si allarga uscendo dai confini della Calabria. I principali quotidiani nazionali parlano oggi di una lettera anonima ricevuta dalla DIA di Caltanissetta. Una lettera che, secondo le prime indiscrezioni, sembra provenire dai servizi segreti. Tra le varie cancellature si parla di un summit tra le principali organizzazioni criminali italiane avvenuto in Sicilia, nei pressi di Messina. Emissari di Cosa nostra, della ‘ndrangheta e del clan dei Casalesi avrebbero stabilito una “linea” comune. Una strategia mafiosa volta a colpire i magistrati autori delle più “pericolose” indagini antimafia. Nel mirino, quindi, il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, il suo aggiunto Nico Gozzo e il sostituto procuratore nisseno Nicolò Marino. Raffaele Cantone, ex pubblico ministero della Dda di Napoli e oggi magistrato in Cassazione. Il procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone e il suo sostituto Michele Prestipino. Inoltre, tra gli altri obiettivi riportati nella missiva anonima figurano anche Sebastiano Ardita, dirigente del Dipartimento amministrativo penitenziario (Dap), responsabile del 41 bis, e il giornalista de L’Espresso Lirio Abbate.
Molti dei nomi che nella lettera vengono indicati come obiettivi da colpire hanno subito nel recente passato avvertimenti chiari e diretti. Ad iniziare dal bazooka, monouso ma ricaricabile con altri ordigni, diretto a Pignatone. La situazione si complica e diventa molto preoccupante, un asse delle principali mafie italiane per colpire i magistrati in un momento di profonda crisi politica, economica e sociale che investe il nostro Paese. Se fosse vero, si profila un nuovo 1992?
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