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Reggio Calabria: magistrati nel mirino

Di Gaetano Liardo il . Calabria



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A Reggio Calabria l’atmosfera è
sempre più cupa e pesante. L’ennesima intimidazione ai magistrati
della Stretto può essere letta come un’ulteriore sfida. Proprio
ieri, in coincidenza con la telefonata anonima che indicava agli
inquirenti una “sorpresa” per il Procuratore Giuseppe Pignatone,
era in corso una massiccia operazione delle forze dell’ordine
nell’ambito dell’inchiesta sulle minacce ai magistrati reggini.
Oltre 250 perquisizioni che hanno riguardato la città di Reggio e le
zone della costa jonica e tirrenica della provincia. Perquisizioni si
legge in una nota diramata dalla Questura nei confronti di «esponenti
di vertice ed i “reggenti” delle famiglie di ‘ndrangheta dei De
Stefano, Tegano, Serraino, Condello, Fontana, Polimeni, Labate e
Libri per Reggio Calabria e le più importanti ‘ndrine della fascia
tirrenica tra cui i Piromalli, Bellocco, Gallico, Facchineri,
Fazzalari, Crea, Zito e Bertuca ed i Commisso, Cordì, Cataldo,
Strangio, Vottari, Romeo e Iamonte per il versante jonico» .

Ieri quindi, mentre oltre 700 tra
poliziotti, carabinieri e finanzieri erano impegnati nella ricerca di
armi ed esplosivi, qualcuno ha fatto trovare un bazooka mono-uso di
fabbricazione jugoslava proprio di fronte la Procura. Indirizzato a
Pignatone. Nel solco della “strategia della tensione” che da
gennaio sta investendo la Città dello Stretto. L’ordigno
rudimentale fatto esplodere il 2 gennaio, le minacce nei confronti di
Salvatore Di Landro e dello stesso Pignatone, intimidazioni e minacce
nei confronti di giornalisti, le armi fatte trovare lungo il percorso
attraversato dal corteo del Presidente della Repubblica in visita a
Reggio. Una situazione che Vincenzo Macrì attuale Procuratore di
Ancona ma per anni magistrato presso la Direzione nazionale antimafia
definisce, ai microfoni di Radio 24: «fuori dal terreno tradizionale
della ‘ndrangheta». Secondo Macrì ci sono «poteri contigui alla
malavita organizzata calabrese, nervosi sia per le vicende legate
alla Procura generale, che per le iniziative della Procura su
collegamenti tra clan e settori deviati delle istituzioni».

Settori legati alla ‘ndrangheta, ma
non della ‘ndrangheta, indagati che parlano di collegamenti con
settori dei servizi segreti, come nel caso di Giovanni Zumbo e
Domenico Praticò, fermati per le armi trovate lungo il percorso
presidenziale. «Evidenziano – sottoliena Macrì – rapporti
abbastanza anomali di settori della ‘ndrangheta con personaggi che
parlano a nome di settori dei servizi: non si capisce se sono
millanterie o circostanze vere».

Una gran confusione che lascia
allarmati. E’ un dato di fatto che i pm di Reggio Calabria hanno
dato una forte accelerazione alle indagini sul crimine organizzato, e
sui rapporti tra le ‘ndrine ed il mondo politico. Le operazioni,
inoltre, stanno colpendo pesantemente l’organizzazione
‘ndranghetistica, con centinaia di arresti e milioni di euro di
“capitali” sequestrati. Basti pensare alla recente operazione “il
Crimine”, condotta in collaborazione con la Procura di Milano, che
ha portato dietro le sbarre oltre 300 associati, e che ha
rappresentato un duro colpo per le ‘ndrine nel nord Italia.

Le indagini intanto vanno avanti,
nonostante il clima violento i magistrati continuano a fare il
proprio lavoro. E’ proprio per questo che danno fastidio.

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