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Caltanissetta, sotto accusa banche e politica

Di Rosario Cauchi il . Sicilia

La Direzione Investigativa Antimafia di Caltanissetta, impegnata nel contrasto alle organizzazioni criminali attive all’interno del territorio nisseno, ha diffuso una dettagliata relazione che riassume i punti più significativi delle attuali evoluzioni mafiose. La vera emergenza, stando alle conclusioni presentate, trarrebbe alimento dal rapporto, in alcuni casi molto stretto, fra professionisti della finanza e della politica e aderenti a cosa nostra e stidda nissene. Le dissennate operazioni condotte da banchieri e politici locali avrebero, in diverse occasioni, favorito il business delle cosche della provincia.
Tra i casi più significativi, non sfugge il riferimento all’inchiesta che, in piena estate, ha coinvolto il chiacchierato imprenditore di Caltanissetta Pietro Di Vincenzo, già ai vertici di Confindustria Sicilia, che, stando alla relazione, avrebbe ottenuto importanti appoggi tra i funzionari del locale Credito Siciliano. “Le indagini – si legge – consentivano di evidenziare la responsabilità di natura penale a carico dei dirigenti di tre società nonché di soggetti preposti della banca Credito Siciliano spa”. Le istituzioni bancarie, insomma, entro i confini della provincia di Caltanissetta, sarebbero molto restie alla collaborazione con gli investigatori: essenziale, invece, per venire a capo di complessi sistemi finanziari, creati, spesso, per riciclare capitali di provenienza illecita.
Nella relazione, infatti, si lamenta la mancata applicazione di ordinarie regole di cautela da parte degli istituiti bancari provinciali che “avrebbe sicuramente evitato di acquisire il ruolo processuale di volontari compartecipi in diverse condotte illecite”. Ma il campo dei cosiddetti colletti bianchi poco restii ad evitare le avances lanciate dai gruppi criminali nisseni si amplia fino ad abbracciare amministratori e componenti di istituzioni locali.
Per tutti, la relazione della Dia si sofferma sull’intreccio politico-mafioso scoperto a Vallelunga Pratameno, piccolo centro della zona nord della provincia, ma alla base dell’espansione del gruppo di cosa nostra guidato dall’ergastolano Giuseppe Madonia. Un Consiglio Comunale sciolto per infiltrazioni mafiose e una successiva gestione commissariale, che ancora si protrae, sarebbero le dirette conseguenze di una campagna elettorale, quella del maggio di tre anni fa, “nel corso della quale-scrivono gli investigatori-alcuni noti esponenti di cosa nostra si sono profusi nel sostegno alla lista civica “Montesano sindaco”, risultata poi vincitrice, anche attraverso l’affluenza ai comizi organizzati dalla stessa entità politica, segno di un’evidente scelta di campo”.
A Vallelunga Pratameno, inoltre, stando alle indicazioni fornite dalla Dia, anche il comando della Polizia Municipale avrebbe presentato tra i suoi ranghi soggetti con pesanti precedenti penali o, comunque, vicini, per amicizia o parentela, ai vertici della locale cosca. Secondo il rapporto, inoltre, sarebbe la città di Gela il teatro privilegiato delle più importanti operazioni finanziarie orchestrate dai gruppi criminali della provincia, capaci di disporre di importanti e abili professionisti del settore. 

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