Operazione Epilogo, 22 arresti fra i “serraino”
22 ordinanze di custodia cautelare in carcere disposte dal gip su istanza della DDA di Reggio Calabria nei confronti di presunti affiliati della clan Serraino. Ad eseguire gli arresti oltre cento carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Reggio Calabria nella notte scorsa. Tanti i reati contestati, associazione per delinquere di tipo mafioso finalizzata ad estorsione aggravata, danneggiamento e minaccia aggravata, porto e detenzione abusiva di armi, intestazione fittizia di beni. Si tratta delle attività associative che lo stesso Procuratore Capo di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone ha definito normali attività del crimine mafioso in città ai danni degli esercizi commerciali, professionisti liberi e coraggiosi.
L’inchiesta denominata ‘Operazione Epilogo’ ha disegnato una città in ostaggio, soffocata nell’espletamento delle attività commerciali, ma ha anche gettato luce sui fatti del 3 gennaio scorso quando un ordigno è stato fatto esplodere proprio fuori la sede della Procura di Reggio Calabria in via Cimino; quello fu un momento cruciale che ha avviato una scia di intimidazioni ai danni di magistrati, amministratori e giornalisti. Luce è stata fatta anche su una della quindici intimidazioni ai danni di coraggiosi cronisti della Calabria solo nel 2010, il blogger e giornalista di Reggio Calabria, Antonino Monteleone, colui che, secondo i presunti affiliati intercettati, ‘scrive articoli brutti contro le persone a tipo Saviano’.
Quattro persone, tra quelle destinatarie delle ordinanza di custodia in carcere, Antonino Barbaro, di 24 anni, Felice Lavena (28), Ivan Valentino Nava (25) e Nicola Pitasi (31) hanno, inoltre, ricevuto un avviso di garanzia, emesso dalla DDA di Catanzaro retta dal procuratore Vincenzo Antonio Lombardo per aver presumibilmente organizzato ed eseguito l’attentato in procura. Intanto disposte perquisizioni, sequestri di beni mobili e immobili tra cui anche quello dello scooter utilizzato lo scorso 3 gennaio, un modello Honda SH 300. Sul movente dell’attentato continua ad esserci silenzio, dunque non si conferma e non si smentisce l’ipotesi che il clan Serraino possa non avere gradito il passaggio di consegna nel processo Rende tra il procuratore Francesco Neri, oggi consigliere della Corte di Appello di Roma, e l’attuale procuratore generale presso la Corte di Appello di Reggio Calabria, nonché vittima di numerose minacce e attentati nel 2010, Salvatore Di Landro.
Il cambio di magistrato nelle veste di pubblica accusa nel processo d’appello, conclusosi con cinque ergastoli, per l’omicidio della guardia giurata Luigi Rende, avvenuto il primo agosto del 2007, nel corso di un tentativo di rapina ad un furgone postale, potrebbe, secondo quella che resta ancora un’ipotesi, aver indotto i Serraino a lanciare i messaggi intimidatori che hanno colpito la magistratura nel recente passato. Dunque il clan Serraino non avrebbe gradito la revoca del fascicolo al procuratore Neri. E’ lo stesso procuratore Francesco Neri a chiarire che nessun atteggiamento di favore è stato mai assunto dallo stesso affinchè gli stessi Serraino potessero maturare questo affidamento e, fugando ogni dubbio, chiarisce altresì che nessuna questione è pendente con il procuratore Di Landro da cui venne sostituito nel processo Rende perché il difensore di uno degli imputati per l’omicidio era anche il suo legale. ‘Col procuratore Di Landro – ha detto Neri – non ho mai avuto alcun contrasto. Mi vedo coinvolto in una situazione in cui mi ritengo assolutamente incolpevole’. Siamo ancora a livello ipotetico, le indagini hanno ancora molto da chiarire e soprattutto si attendono anche gli esiti di altre operazioni.
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