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Ddl diffamazione, Fnsi e Cnog: «Senza modifiche pronti a scendere in piazza»

Fnsi/Cnog il . Brevi, Diritti, Giustizia, Informazione, Istituzioni, Politica

Ordine e sindacato chiedono emendamenti alla proposta Balboni. Sanzioni pecuniarie spropositate, rischio di ‘turismo giudiziario’, inaccettabile rettifica automatica e nulla contro le querele temerarie: il testo «non tutela la libertà di informazione».

«Il sole non sorge mai sulla professione giornalistica. Sull’informazione, anzi, sta calando il buio totale». È netta la posizione espressa da Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi, nel corso della conferenza stampa convocata assieme all’Ordine dei giornalisti, mercoledì 25 ottobre 2023, per lanciare l’allarme sul disegno di legge in materia di diffamazione a mezzo stampa adottato dalla commissione Giustizia del Senato quale testo base per la prosecuzione dei lavori.

Entro l’8 novembre dovranno essere presentati gli emendamenti e gli organismi di rappresentanza dei giornalisti hanno elaborato una serie di proposte di modifica. «Quel testo, così com’è, è molto difficile da digerire per il mondo dell’informazione. Se non ci saranno interventi siamo pronti a mobilitarci e a scendere in piazza», ha scandito Costante.

Tra i punti critici del testo, che abolisce il carcere per i giornalisti, come chiesto dalla Corte costituzionale e dagli organismi internazionali, ci sono sanzioni fino a 50mila euro, ritenute assolutamente sproporzionate rispetto alla media retributiva di collaboratori e lavoratori autonomi; la rettifica automatica senza alcun commento da parte del direttore di testata o del singolo giornalista; il fatto che il giornalista non possa difendersi nel foro di registrazione della testata, ma debba farlo in quello del querelante «costringendo – è stato spiegato – colleghe e colleghi che sono ai margini della professione a una sorta di costoso ‘turismo giudiziario’».

Inoltre, non si affronta «la piaga delle querele temerarie», nonostante da almeno 10 anni tutta la categoria chieda di intervenire.

«Rivolgiamo un appello ai membri della commissione Giustizia affinché possano recepire queste nostre richieste», ha sottolineato Carlo Bartoli, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine.

«Prevedere queste sanzioni – ha aggiunto –, oltre al risarcimento del danno, significa consigliare a chi fa questa professione di cambiare mestiere. Sono norme che non tengono conto della realtà concreta della professione e possono reprimere il grado della libertà di informazione del Paese. Non sono suggerimenti che diamo a cuor leggero: sono il portato di preoccupazioni decennali, che anche i principali organismi internazionali esprimono sul grado di libertà in Italia».

Si tratta di un testo «sbagliato, che pone a carico dei giornalisti sanzioni e limitazioni intollerabili – ha rimarcato Costante – Esiste solo l’interesse del querelante e scompare quello preminente della collettività all’informazione: scompare l’articolo 21 della Costituzione. Ci auguriamo che le modifiche vengano accettate dalle forze politiche, perché sono una condizione minima per rendere accettabile questa legge».

«Mi viene voglia di dire “ridateci il carcere” – ha proseguito la numero uno del sindacato – perché penso che tanti colleghi preferirebbero andare in galera piuttosto che pagare cifre spropositate. È essenziale un testo moderno che cancelli il carcere, ma con questi interventi si finisce per imbavagliare la stampa».

Gianluca Amadori, componente del Comitato esecutivo del Cnog, ha posto l’accento sulle novità in tema di tutela del segreto professionale anche per i pubblicisti, «se qualcosa di positivo c’è è l’estensione di questa previsione, ma pur sempre una tutela parziale», ha osservato.

Per il presidente della Fnsi, Vittorio di Trapani, infine, «questa non è una questione di categoria, riguarda tutti i cittadini. Si calca la mano sulla diffamazione, mentre non c’è nulla sulle querele temerarie e sulla tutela delle fonti che viene aggirata, in molti casi attraverso il sequestro degli strumenti di lavoro dei giornalisti. In gioco – ha ammonito – c’è l’articolo 21, che non è nostro, è dei cittadini. Troppe norme imbavagliano l’interesse pubblico a sapere e, piuttosto che avvicinarci agli standard europei, con questa legge ce ne allontaniamo».

La registrazione della conferenza stampa è online sul sito di Radio Radicale (qui il link diretto).

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Il Ddl sulla diffamazione ammette che questo “non è un Paese per giornalisti”

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