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Omicidio Vassallo: il Cilento terra di conquista

Di Giorgio Mottola (da Terra)* il . Campania

Nove colpi sparati in faccia. Un intero caricatore di una pistola calibro 9 per 21 svuotato. Ha tutto l’aspetto di un’esecuzione. Ma al momento nessuno ha un’idea precisa del perché doveva morire Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, sud estremo della provincia di Salerno, appena due mila cinquecento abitanti. Il paese era diventato negli ultimi quindici anni un’importante meta del turismo d’èlite: mare cristallino, strapiombi mozzafiato, porto turistico affollato di yacht, ma soprattutto uno sviluppo del territorio programmato e rigoroso.

Abusivismo quasi inesistente, piano urbanistico comunale blindato, lottizzazione dei terreni bandita. Scelte che devono essere apparse folli, azzardate agli speculatori di professione. Che da queste parti hanno nomi che fanno tremare: Francesco Schiavone detto Sandokan e soprattutto il boss dell’area vesuviana Mario Fabbrocino, detto “o gravunaro”. Il Cilento, per la camorra, è da più di trent’anni terra di conquista. Non quella che si fa con le armi e con le basi dello spaccio. Ma una colonizzazione silenziosa, che produce un unico rumore: il fruscio dei soldi. In tutto il Sud della provincia di Salerno che dà sul mare, i clan napoletani e casertani investono in alberghi, resort, villaggi turistici, edilizia vacanziera: è il modo più redditizio per riciclare e far fruttare il denaro sporco. «Ora che è stato eliminato, chi ha interessi a fare affari illegali in questa terra troverà purtroppo meno difficoltà», confessa uno degli inquirenti, a pochi passi dalla scena del delitto.

La parola camorra, però, qui ad Acciaroli, che è la frazione marina di Pollica, non la pronuncia nessuno. «La criminalità è arrivata pure da noi», è il massimo che riesce a dire, sconsolato, un vecchio senza denti e con rughe profonde. Ha gli occhi lucidi, entra scuotendo la testa nel bar tabacchi che ha gli infissi delle porte chiusi, in segno di lutto. Il Cilento non è Scampia, non è Secondigliano e non è nemmeno la provincia di Caserta. Qui si riescono a comprendere e ad accettare i lutti normali. Quelli in cui c’entra la vecchiaia e non le pistole. Di fronte a una morte come quella del loro sindaco, questo popolo, fatto soprattutto da anziani pescatori che hanno visto passare Ernest Hemingway senza sapere chi fosse, è rimasto ieri attonito, afasico. Davanti alla casa di Vassallo, piazzata sul cucuzzolo di una collina di fronte al mare, si è alternata una folla di gente silenziosa. Si abbracciavano l’un l’altro senza nemmeno un gemito. Erano per la maggior parte pescatori: corpi bruciati dal sole, gambe e braccia sottilissime. Guardandoli, si riusciva a capire che singhiozzavano solo dal sussulto ritmato delle loro spalle.

Anche Angelo Vassallo era così. Burbero, rude, sanguigno, ogni volta che parlava faceva notizia. L’ultima provocazione l’aveva lanciata meno di un mese fa. «Questa è un’amministrazione di sinistra, ma noi siamo leghisti. La nostra salvezza viene proprio dalla Lega e confidiamo nella Lega per le riforme delle autonomie. Noi lo vogliamo il federalismo. L’Italia siamo noi, la somma dei comuni, e il danno della politica a livello nazionale, è che non conosce i territori e non sa più ascoltare. Noi non vogliamo niente dallo Stato, ma almeno ci lasci le nostre cose», disse con il suo accento che aveva le dolci cadenze del dialetto cilentano. Aveva iniziato a fare politica negli anni ’80 con i Verdi, poi il passaggio alla Margherita e infine il Partito democratico. Era stato più volte eletto dagli amministratori del comprensorio presidente della comunità montana. Amministrava Pollica da quasi vent’anni anni. L’ultima volta alle elezioni fu presentata solo la sua lista civica: è stato lui l’artefice della grande trasformazione del paesino cilentano. E per questo aveva raggiunto una grande visibilità non solo sul piano locale, era diventata una voce molto ascoltata anche a livello regionale. Da qualche anno era tornato a fare il pescatore: insieme al fratello possedeva una piccola imbarcazione e faceva parte di una cooperativa.Negli ultimi tempi, però, raccontano amici e familiari, Vassallo sembrava incupito, preoccupato. Forse il motivo lo conosce Alfredo Greco, il magistrato della Procura di Vallo della Lucania, che si sta occupando dell’inchiesta. «Il sindaco era venuto spesso a trovarmi in Tribunale per alcune vicende che lo riguardavano», ma non aggiunge altro il pm. La dinamica con cui l’omicidio è avvenuto non lascia alcun dubbio sulla premeditazione.

Seconda la prima ricostruzione, l’assassino ha aspettato Vassallo a bordo di un’automobile. Il primo cittadino stava rientrando a casa, tra le 21 e le 22 e 30 di domenica sera, e, a trecento metri dalla sua abitazione, poco prima di una curva a gomito si è visto la strada bloccata. Ha tirato il freno a mano e a quel punto, probabilmente, il killer (ma potrebbero essere anche due) è sceso dall’automobile e gli ha esploso nove proiettili tra la faccia e il cuore. Dal momento che non ci sono vetri sul luogo del delitto, è verosimile che l’assassino abbia avuto il tempo di aprire la portiera e di sparare. La zona in cui l’omicidio è avvenuto era in aperta campagna, per cui nessuno ha sentito le esplosioni dei proiettili, ma gli inquirenti non escludono che chi ha premuto il grilletto utilizzasse un silenziatore. Il cadavere è stato scoperto dal fratello e della moglie intorno all’una di notte. Preoccupati, erano andati a cercarlo insieme al figlio.Le modalità con cui l’omicidio è avvenuto fanno pensare alla mano della camorra. Dice infatti il procuratore capo della Procura di Vallo della Lucania: «Se fossimo in un territorio ad alta densità mafiosa, questa sarebbe la prima pista. Dal momento che però ci troviamo in una zona relativamente tranquilla non dobbiamo escludere nessuna ipotesi».

Il pensiero corre subito alle speculazioni edilizie, rispetto alla quali Vassallo ha sempre costituito un argine. Ma il vice sindaco, Stefano Pisani assicura: «Non abbiamo subito minacce o condizionamenti negli ultimi anni. Ci eravamo messi al riparo dalle pressioni approvando un rigido piano urbanistico comunale molti anni fa». L’altro fronte aperto era quello del porto: il sindaco ucciso si era sempre battuto per la gestione comunale delle concessioni e aveva con forza respinto gli interessi dei privati, che erano interessati a prenderne il controllo. Si trattava di un affare da milioni di euro, che a molti faceva gola. Vassallo sceglieva personalmente le barche che ormeggiavano nel porto del suo paese. E molto spesso diceva no.

* da Terra del 07/09/2010

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