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‘Ndrangheta in Lombardia: 18 arresti per traffico di droga, frodi ai contributi covid e bonus fiscali

Redazione il . Calabria, Forze dell'Ordine, Giustizia, Lombardia, Mafie, Politica

Alle prime luci dell’alba, il personale della Direzione Investigativa Antimafia e i Carabinieri del Comando Provinciale di Monza, con il supporto del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, hanno dato esecuzione, su delega della D.D.A. di Milano, a un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali nei confronti di diciotto soggetti (sette in carcere, quattro agli arresti domiciliari, tre con obbligo di dimora e quattro con obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria), indagati, a vario titolo, per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, all’estorsione ed al compimento di numerosi reati economico – finanziari, i cui proventi erano destinati ad agevolare le attività della ’ndrangheta ed in particolare della cosca Morabito – Palamara – Bruzzaniti.

L’indagine, che ha avuto inizio dall’anno 2019, protraendosi anche nel periodo della pandemia, ha visto coinvolti 68 soggetti, divisi in due sodalizi criminali che, sebbene “operativamente separati per materia” (da un lato il compimento dei reati economico – finanziari, dall’altro, il traffico di droga e le estorsioni), erano entrambi diretti da un medico calabrese, collaboratore di alcune RSA milanesi, già condannato in via definitiva per traffico di sostanze stupefacenti e, soprattutto, figlio dello storico capo della citata cosca, attualmente detenuto in regime di 41-bis a seguito di condanna irrevocabile per associazione mafiosa.

Il primo dei due gruppi, che ha visto la partecipazione di professionisti ed imprenditori, titolari nel centro di Milano di diverse società di consulenza e portatori del necessario “Know how” tecnico- giuridico, è risultato dedito alla commissione dei seguenti illeciti economico-finanziari:

  • la creazione di un sistema di società “cartiere”, di fatto non operative ed unicamente dedite all’emissione di false fatture, volte a fornire una “copertura cartolare” ad inesistenti acquisti di beni e di servizi, all’unico scopo di creare, a favore di terzi clienti, la disponibilità “in nero” di ingenti somme di denaro contante. Questi ultimi, infatti, a fronte del bonifico effettuato a pagamento della falsa fattura, ottenevano, al termine di diversi “passaggi” coinvolgenti conti correnti “on line” radicati su banche europee ed extracomunitarie, ingenti somme di denaro, così sottratte a ogni forma di controllo e monitoraggio da parte delle Autorità. Nel corso delle attività investigative, è stato possibile sequestrare circa 50.000 euro in contanti, provento delle suddette F.O.I., nonché ricostruire altre consegne di denaro gestite dall’organizzazione;
  • la creazione e la vendita di false polizze fideiussorie, formalmente emesse da uno dei più grossi gruppi bancari nazionali, a favore di imprese e ditte individuali che mai le avrebbero legalmente ottenute, in quanto prive della necessaria solidità patrimoniale e/o dei necessari requisiti di onorabilità. In particolare, tali “false” polizze servivano al consapevole acquirente per garantire, nei confronti di inconsapevoli “terzi”, il rispetto di obblighi derivanti da reciproci rapporti contrattuali. In un caso, le false fideiussioni sono state create a favore di imprese operanti nel settore dei giochi e delle scommesse (che mai avrebbero potuto ottenerle legalmente, in quanto colpite da interdittiva antimafia emessa al termine di indagini riguardanti anche il reato di associazione mafiosa), allo scopo di garantire l’adempimento degli obblighi economici conseguenti al contratto stipulato con il concessionario dello Stato;
  • la commercializzazione di falsi crediti d’imposta “Ricerca & Sviluppo” ceduti a terze società che, consapevoli della loro natura fittizia, li hanno utilizzati per compensare il pagamento di imposte e di contributi previdenziali. Tali crediti erano creati da un’altra organizzazione criminale con sede nella provincia di Napoli e composta da professionisti (commercialisti, periti ed ingegneri), alcuni dei quali già condannati per analogo reato;
  • l’organizzazione di truffe aggravate ai danni dello Stato, dirette al conseguimento di finanziamenti ed erogazioni previste dalle norme COVID 19. Le indagini hanno, da un lato, accertato l’effettiva percezione di tali somme, dall’altro evitato, tramite la tempestiva attivazione delle competenti Autorità, l’indebita erogazione di somme e di benefici economici (nella forma del finanziamento garantito e del credito d’imposta) per circa 2 milioni di euro, per i quali era già stata depositata la prevista documentazione artatamente predisposta. In uno di questi casi, proprio per sfruttare una specifica norma diretta a favorire la capitalizzazione delle società nel periodo della pandemia, erano stati creati, attraverso bilanci contraffatti, fittizi aumenti di capitale sociale, impiegando, anche grazie alla compiacenza di periti e pubblici ufficiali, titoli esteri di dubbio ed incerto valore ed aventi caratteristiche tecniche difformi da quelle previste dalla legge.

L’organizzazione avrebbe reinvestito il provento dei reati sopra indicati ed in particolare di quelli commessi a danno dello Stato, nella creazione, congiuntamente ad altri soggetti anch’essi indiziati di appartenere alla ’ndrangheta, di nuove società commerciali che avrebbero operato in settori quali quello edile – sfruttando i benefici dell’ecobonus -, della raccolta e del riciclaggio dei rifiuti, del commercio di carburante e della grande distribuzione.

Il secondo dei due gruppi criminali si è reso responsabile di più delitti di importazione, acquisto, trasporto e cessione sul mercato del Nord Italia (Milano, Torino e altre province) ed in Calabria, di centinaia di chili di sostanze stupefacenti (cocaina, eroina, marijuana e hashish) oltre a gestire un’attività di recupero crediti mediante le tipiche modalità utilizzate dalle organizzazioni mafiose anche ricorrendo, quando necessario, all’uso di armi.

Allo scopo, il sodalizio disponeva di:

  • basi logistiche e operative, ove i sodali potevano incontrarsi e custodire lo stupefacente, quale un magazzino in Paderno Dugnano;
  • telefoni cellulari, intestati a terze persone, cambiati con frequenza e utilizzati per le comunicazioni inerenti l’attività illecita;
  • autovetture impiegate per il trasporto dello stupefacente, spesso appositamente noleggiate a tal fine o messe a disposizione da uno degli indagati.

L’indagine ha consentito di ricostruire anche i canali di approvvigionamento esteri e, in occasione di una delle cessioni intercettate, è stato possibile arrestare in flagranza il corriere e sottoporre a sequestro 5 kilogrammi di eroina, inizialmente destinata al mercato calabrese. Sono state documentate innumerevoli compravendite di stupefacente, per un totale di 50 kg di eroina, 150 kg marijuana e circa 50 kg di hashish, provenienti anche dalla Spagna, dall’Austria e dall’Albania ed è stata, altresì, verificata l’apertura di un canale di vendita di cocaina proveniente dal Perù e dal Brasile e destinata ai membri di una nota famiglia di ‘ndrangheta.

Sono tuttora in corso, nelle provincie di Milano, Monza Brianza, Pavia, Varese, Novara, Alessandria, Messina e Foggia, perquisizioni in abitazioni ed aziende risultate nella disponibilità dei soggetti coinvolti, anche con il supporto di unità cinofile anti-valuta della Guardia di Finanza.

L’odierna operazione testimonia il costante impegno dell’Autorità Giudiziaria meneghina che, attraverso l’attività sinergica posta in essere dalla Direzione Investigativa Antimafia e da tutte le Forze di Polizia, è finalizzato al contrasto delle associazioni criminali dedite a gravi reati quali il narcotraffico, le truffe nonché ogni altra forma di criminalità economica-finanziaria.

La diffusione della presente è autorizzata in ottemperanza alle disposizioni del Decreto Legislativo n° 188/2021, ritenendo sussistente l’interesse pubblico all’informazione con particolare riferimento al contrasto dei reati di associazione con aggravante mafiosa, altamente lesivi degli interessi della collettività.

Va fatta salva la presunzione di innocenza delle persone sottoposte ad indagini preliminari, da reputarsi non colpevoli fino alla eventuale sentenza di condanna divenuta irrevocabile.

Fonte: Direzione Investigativa Antimafia


Frodi su Covid ed Ecobonus, arrestato il figlio del boss Morabito

Operazione dopo un’indagine di Dia e Dda su droga e ‘Ndrangheta.

Un’operazione congiunta di Carabinieri, polizia penitenziaria e Guardia di Finanza ha portato in Lombardia ed altre regioni all’esecuzione di misure cautelari nei confronti di 18 persone, accusate di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga, ma anche a reati economico-finanziari fra i quali frodi ai contributi Covid e all’Ecobonus, per finanziare la cosca di ‘ndrangheta Morabito-Palamara-Bruzzaniti.

Fra gli arrestati figura il medico Giovanni Morabito, figlio dello storico boss di ‘Ndrangheta Giuseppe, detto ‘U Tiradrittu’ e detenuto al 41bis.

L’operazione, scattata al termine di un’indagine della Dda di Milano e della Dia, ha portato a numerose perquisizioni e vede indagate 68 persone in stato di libertà, tra le quali molti cosiddetti ‘colletti bianchi’.

L’inchiesta, coordinata dalla Dda di Milano e dalla Dia, ha permesso di individuare un ampio ventaglio di frodi commerciali e finanziarie in un filone, e un ingente traffico di sostanze stupefacenti nell’altro. Nel primo settore di illeciti, quelli commerciali e finanziari, in particolare, sono stati denunciati professionisti che facevano consulenze e pratiche per le truffe, tra i quali vari commercialisti, tecnici e legali, ma anche imprenditori “titolari nel centro di Milano di diverse società di consulenza e portatori del necessario ‘know how’ tecnico- giuridico”. Secondo le accuse, i due filoni delle attività illecite erano entrambi diretti da Morabito, medico collaboratore di alcune Rsamilanesi, già condannato in via definitiva per traffico di droga.

Tra i reati contestati, si legge nell’ordinanza firmata dal gip Domenico Santoro, c’è “l’organizzazione di truffe aggravate ai danni dello Stato, dirette al conseguimento di finanziamenti ed erogazioni previste dalle norme Covid 19. Le indagini hanno, da un lato, accertato l’effettiva percezione di tali somme, dall’altro evitato, tramite la tempestiva attivazione delle competenti autorità, l’indebita erogazione di somme e di benefici economici (nella forma del finanziamento garantito e del credito d’imposta) per circa 2 milioni di euro, per i quali era già stata depositata la prevista documentazione”. L’organizzazione avrebbe anche reinvestito il provento deireati nella creazione di “nuove società commerciali cheavrebbero operato in settori quali quello edile, anchesfruttando i benefici dell’Ecobonus, oppure nel settore dellaraccolta e del riciclaggio dei rifiuti, del commercio dicarburante e della grande distribuzione”.

L’inchiesta ha scoperto fra l’altro un incontro, avvenuto in un ufficio in via Vittor Pisani, a due passi dalla stazione Centrale di Milano, in cui “sei gruppi” con dentro persone legate “a diverse e potenti famiglie di ‘ndrangheta” avrebbero deciso di “operare” assieme “nel business dei rifiuti”, dividendo i “profitti”. L’incontro “importante”, come si legge negli atti, sarebbe avvenuto il 26 giugno 2020 “negli uffici di via Vittor Pisani”, usati dal “gruppo” di Giovanni Morabito come base delle attività illecite. A decidere come spartirsi il business dei rifiuti, secondo l’ordinanza cautelare, sarebbero state persone legate alle cosche di ‘ndrangheta “Alvaro, Mancuso, Piromalli, Bellocco e, ovviamente, Morabito”.

In un’intercettazione si sente Massimiliano D’Antuono, unodegli arrestati, dire: “Noi abbiamo il gruppo di Tonino (…) seio devo mangiare sul gruppo di Tonino, devi mangiare anche te,deve mangiare anche il Benza (…) Ciccio ci porta la discaricatutti mangiamo su quello di Ciccio”.

La Dda aveva chiesto al gip l’applicazione di 65 misurecautelari per altrettanti indagati, tra cui 41 richieste dicarcere, ma il gip ha accolto le istanze di misura cautelare per18 persone (sette in carcere). Non è stata riconosciuta dalgiudice, neanche per Giovanni Morabito, l’accusa di associazionemafiosa, ma solo quella di associazione per delinquere con lafinalità di agevolare la ‘ndrangheta.

Fonte: Ansa/Lombardia


‘Ndrangheta, colpo al clan Morabito. Perquisizioni anche nelle province di Alessandria e Novara

Droga, truffe ed ecobonus per finanziare l’organizzazione criminale. 7 arresti in carcere, 18 indagati. Lo stupefacente venduto anche sulla piazza di Torino.

Dall’alba del 24 ottobre vasta operazione anti-‘ndrangheta in corso in tutto il Nord Italia. Sono 18, in tutto, le persone indagate a vario titolo per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, all’estorsione e al compimento di numerosi reati economico-finanziari. Nel mirino, la cosca ‘ndranghetista Morabito-Palamara-Bruzzaniti, originaria della fascia ionica reggina. Sette persone sono finite in carcere, 4 agli arresti domiciliari, 3 sottoposte all’obbligo di dimora e 4 all’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria.

Perquisizioni anche in Piemonte

In corso nelle province di Milano, Monza Brianza, Pavia, Varese, Novara, Alessandria, Messina e Foggia, perquisizioni in case e aziende risultate nella disponibilità degli indagati, anche con il supporto di unità cinofile anti-valuta della Guardia di Finanza.

4 anni di indagini

L’indagine dei pubblici ministeri Sara Ombra e Paola Biondolillo, coordinati dall’aggiunto Alessandra Dolci, è iniziata nel 2019 coinvolgendo 68 persone appartenenti a due diverse associazioni criminali: la prima dedita ai reati economico-finanziari e che ha visto la partecipazione di professionisti e imprenditori di Milano titolari di società di consulenza nel centro città.  La seconda per i reati di traffico di droga e le estorsioni, entrambe dirette da un medico calabrese, collaboratore di alcune RSA milanesi, già condannato in via definitiva per traffico di sostanze stupefacenti e figlio dello storico capo della cosca Morabito-Palamara Bruzzaniti, attualmente detenuto in regime di 41-bis a seguito di condanna irrevocabile per associazione mafiosa.

Fondi neri e truffe covid

La prima associazione criminale si sarebbe occupata della creazione di “società cartiere” per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti utilizzate per accumulare ‘”ondi neri”, di creare e vendere false polizze fideiussorie formalmente emesse da una delle più grandi banche italiane a favore di imprese e ditte che mai avrebbero legalmente ottenuto le garanzie perché prive di solidità economico-finanziaria. In un caso le false polizze sono state concesse a società dei giochi e delle scommesse (che non avrebbero potuto ottenerla legalmente perché colpite da interdittiva antimafia), allo scopo di garantire l’adempimento degli obblighi economici conseguenti al contratto stipulato con il concessionario dello Stato.

Falsi crediti d’imposta

La cellula che si occupava dei reati economico finanziari avrebbe anche commerciato falsi crediti d’imposta “Ricerca&Sviluppo” creati da un’altra organizzazione criminale con sede nella provincia di Napoli e composta da professionisti (commercialisti, periti ed ingegneri), alcuni dei quali già condannati, e utilizzati dalle per pagare imposte e contributi. Sono state realizzare truffe aggravate ai danni dello Stato per circa 2 milioni di euro durante la pandemia sfruttando le normative emergenziali e i finanziamenti per il covid-19. In uno di questi casi, proprio per sfruttare una specifica norma diretta a favorire la capitalizzazione delle società nel periodo della pandemia, sono  stati creati attraverso bilanci contraffatti e fittizi aumenti di capitale sociale con la connivenza di periti e pubblici ufficiali, titoli esteri di dubbio ed incerto valore ed aventi caratteristiche tecniche diverse da quelle previste dalla legge. Il denaro così guadagnato veniva reinvestito nella creazione di nuove aziende con altri soci (sospettati di appartenere alla ‘ndrangheta) per operare nell’edilizia sfruttando i benefici dell’Ecobonus, nella raccolta e riciclaggio dei rifiuti, nel commercio di carburante e nella grande distribuzione.

La droga fino a Torino

Il secondo gruppo criminale sarebbe invece responsabile di importazione, acquisto, trasporto e cessione sul mercato del Nord Italia (Milano, Torino e altre province) ed in Calabria, di centinaia di chili di sostanze stupefacenti (cocaina, eroina, marijuana e hashish) oltre a gestire un’attività di recupero crediti con metodi mafiosi anche attraverso intimidazione e l’uso di armi. La base per stoccare la droga si trovava in un magazzino di Paderno Dugnano. Gli appartenenti alla rete utilizzavano cellulari intestati ad altri e cambiati con estrema frequenza mentre le auto impiegate per il traffico di stupefacenti venivano noleggiate o messe a disposizione da uno degli indagati. All’interno di questo filone gli inquirenti milanesi hanno ricostruito i canali di approvvigionamento esteri della droga e in un caso è stato arrestato in flagranza un corriere che trasportava 5 chilogrammi di eroina destinata al mercato calabrese. Sono state documentate numerose compravendite per un totale di 50 kg di eroina, 150 kg marijuana e circa 50 kg di hashish, provenienti anche da Spagna, Austria e Albania. E’ stata verificata l’apertura di un canale di vendita di cocaina proveniente dal Perù e dal Brasile e destinata ai membri di un’altra famiglia della mafia calabrese.

Fonte: Tgr Piemonte


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