NEWS

Il caso Visconti, tra censura e “antimafia della fuffa”

Petra Reski il . Cultura, Diritti, Giovani, Mafie, Memoria, Sicilia

Nei decenni in cui mi occupo di mafia come giornalista tedesca, ho visto una buona dose di mostruosità – culminate recentemente nei funerali di Stato del criminale abituale e finanziatore della mafia Berlusconi – per non parlare di una premier che definisce le tasse un “pizzo di Stato”.

E allora perché non ora l’“antimafia della fuffa”, per la quale si vuole stigmatizzare l’impegno del procuratore antimafia Nino Di Matteo e del giornalista Saverio Lodato? E nientemeno che da un docente di diritto penale all’Università di Palermo?

Costantino Visconti non si accontenta di questo dileggio, ma nell’intervista al quotidiano “Il Foglio” chiede anche che Di Matteo e Lodato non possano più parlare davanti ad alunni e studenti – in modo che non possano continuare a informare sul patto tra lo Stato italiano e la mafia. Il che è logico quanto chiedere che tutti i termometri siano banditi dalle case, in modo che nessuno parli più della crisi climatica.

Per quanto riguarda la richiesta di censura nei confronti della mafia, posso dare un contributo dalla mia esperienza in Germania: lì i libri sulla mafia vengono oscurati. E ogni giornalista che ha scritto sulla mafia in Germania e viene citato in giudizio dai protagonisti perde la causa.

È così che negli ultimi decenni la Germania si è potuta trasformare in un paradiso della mafia all’insaputa della maggioranza dei tedeschi. È forse questo il sogno di Costantino Visconti e dei suoi sostenitori nella redazione del Foglio?

Quando sono stata inviata per la prima volta in Italia come giornalista nel 1989, dovevo raccontare la cosiddetta “Primavera di Palermo”, quello slancio di entusiasmo in Sicilia che era dovuto al lavoro di Falcone e Borsellino.

Ebbi il privilegio di conoscere molti dei protagonisti di questa “primavera palermitana”, tra cui poliziotti come Saverio Montalbano, che aveva scoperto a Trapani il legame tra massoni, esponenti democristiani di primo piano, il viceprefetto e il capo della polizia municipale – rendendosi così estremamente impopolare presso tutti coloro che sedevano al potere. Era stato trasferito al commissariato di San Lorenzo ed era scortato da due guardie del corpo che viaggiavano con lui in una macchina blindata – e mi sono detta: che strano Paese! Poliziotti di successo vengono trasferiti qui e devono essere scortati!

Ma eravamo fiduciosi in quell’estate del 1989, all’Est il cemento si stava sgretolando e mi sembrava che anche in Italia le fondamenta su cui la mafia e i politici italiani corrotti avevano costruito il loro dominio stessero tremando.

È stato questo fatidico reportage a farmi desiderare di rimanere a fare la giornalista in Italia, perché sono rimasta colpita dal lavoro dei miei colleghi giornalisti siciliani – come Saverio Lodato, Attilio Bolzoni, Francesco La Licata o Vincenzo Vasile – e dall’impegno di magistrati siciliani come Falcone e Borsellino. Lo Stato italiano, che mi ha favorevolmente impressionato, l’ho visto rappresentato dal lavoro di persone come Falcone, Borsellino e Montalbano.

Sono rimasta e ho visto come la base di ferro su cui la mafia ha costruito le sue fondamenta, che per un breve periodo aveva vacillato, è stata rapidamente consolidata di nuovo dalle stesse forze che hanno sempre usato la mafia come braccio armato: funzionari pubblici infedeli, agenti dei servizi segreti e politici. E questo accade ancora oggi, quando con le leggi di una Cartabia e di un Nordio il revanscismo ha raggiunto il suo – temporaneo – apice.

Se lo Stato italiano ha ancora una qualche credibilità nella lotta alla mafia – e ai politici, ai funzionari pubblici e agli agenti dei servizi segreti ad essa alleati – è solo grazie a magistrati come Nino Di Matteo, Antonio Ingroia, Nicola Gratteri, Roberto Scarpinato, Sebastiano Ardita o Giuseppe Lombardo, che hanno portato e continuano a portare alla luce la verità su questo Stato.

Oggi non si osa più negare l’esistenza della mafia, oggi la si dichiara sconfitta. Il docente Visconti vuole che uno Stato che ha fatto un patto con la mafia sia considerato normale. Vuole che si racconti la favola della mafia, in cui la mafia è solo una specie di gentaglia poco seria, un’organizzazione criminale che fa i suoi dispetti da qualche parte nel sottobosco sociale. E che vengano messi a tacere coloro che con le loro indagini e le loro sentenze forniscono la prova che lo Stato italiano è marcio.

“La sconfitta delle organizzazioni criminali sta altrove, non nel diritto penale, ma nell’educazione culturale”, dice il docente Visconti.

Ma i giovani italiani hanno smesso da tempo di credere all’idea romantica del potere curativo della cultura, come se la mafia potesse essere sconfitta come un difetto di ortografia.

Hanno invece capito che il segreto della mafia consiste nella sua coesistenza con lo Stato.

Sì, sono disgustati dal cinismo della classe dirigente, che considera il Paese come una cassa privata – mentre i giovani italiani sono costretti a fuggire in massa all’estero in cerca di lavoro. Non credono più alle favole. Sanno che l’imperatore è nudo.

Fonte: AntimafiaDuemila, La rubrica di Saverio Lodato, 15/08/2023


La lettera degli studenti al professor Visconti

Gentile Prof. Visconti,

Le scriviamo questa lettera come studenti e studentesse di diverse Università, licei e istituti scolastici di Palermo e di varie parti d’Italia.

Siamo rimasti molto sconcertati dalle dichiarazioni che lei ha rilasciato al Foglio due giorni fa, parlando dell’antimafia “della fuffa” e invitando (di fatto) le nuove generazioni a non chiamare più nelle scuole e nelle università il magistrato Nino Di Matteo e il giornalista Saverio Lodato. 

Siamo rimasti interdetti, non solo perché la storia della mafia che lei racconta è totalmente fuorviante e antistorica, soprattutto per chi, come molti di noi, ha letto sentenze e assistito fisicamente ai processi giudiziari, ma anche e soprattutto perché offende le conferenze e i confronti voluti ed organizzati dagli studenti in questi mesi e in questi anni all’interno delle proprie aule (nelle città di Catania, Catanzaro, Roma, Milano ecc.).

Tra le firme ci sono anche studenti che hanno organizzato recentemente due di questi incontri lo scorso febbraio all’interno dell’istituto scolastico Rutelli e lo scorso marzo all’interno della facoltà di Giurisprudenza di Palermo. Entrambi confronti diretti tra gli studenti e il dott. Di Matteo; incontri da noi fortemente voluti e che sono stati estremamente formativi, stimolanti ed emozionanti: non solo per comprendere l’importanza dei nostri strumenti legislativi nella lotta alla mafia, unici in Europa e nel mondo, ma anche per approfondire gli avvenimenti riguardanti le stragi del 1992-1993, il processo Trattativa Stato-mafia e soprattutto le riforme della giustizia della ministra Cartabia e quelle del ministro Nordio. Incontri che hanno lasciato un segno, riempiendo dopo tanti anni le aule e suscitando entusiasmo in migliaia di ragazzi fisicamente presenti e collegati online. Quindi, pensiamo sia veramente inopportuno da parte sua, come professore di Diritto Penale, pretendere di dirci cosa possiamo e non possiamo fare, chi possiamo o non possiamo invitare all’interno dei nostri spazi e soprattutto quale storia della mafia è giusto che noi conosciamo. 

È giusto che conosciamo la storia dei mafiosi “brutti e cattivi” contrapposta allo Stato “etico e integerrimo”? È giusto che ci complimentiamo con le forze dell’ordine per l’arresto di Matteo Messina Denaro, senza pretendere di conoscere da quali personaggi interni e soprattutto esterni alla mafia è stato protetto nei suoi 30 anni di latitanza?

Lei dice che la partita per la sconfitta definitiva di queste organizzazioni criminali “non sta nel diritto penale, ma nell’educazione culturale”. Proprio per questo noi ci facciamo domande e ci chiediamo come sia possibile che le mafie continuino a proliferare nell’intero territorio nazionale (e non solo) da più di 150 anni, se lo Stato è davvero così forte come lei sostiene. È evidente che ciò può avvenire solo grazie a rapporti di altissimo livello. Lo raccontano decine e di inchieste. Lei sostiene che è un “dato inconfutabile” che “lo Stato c’è e che è più forte delle mafie”. Ma non ci si può limitare ad applaudire esclusivamente i blitz della polizia quando si parla della presenza e della forza dello Stato. Possiamo parlare di Palermo, come di tantissime altre città italiane, dove sono assenti i servizi basilari, strutture adeguate, territori salubri e funzionali alle esigenze degli abitanti, dove si negano diritti fondamentali (come il diritto ad una casa, ad un lavoro degno e sicuro, ad una sanità pubblica e accessibile a tutti), che marginalizzano e stigmatizzano migliaia di persone, mettendole in una condizione di fortissima ricattabilità nei confronti di dinamiche clientelari, da cui si arricchiscono e si fortificano i traffici e il potere delle mafie. Seguendo il suo ragionamento, sarebbe questo lo Stato, totalmente assente, al quale dovremmo affidarci? O forse a quelle parti di Stato che si sono corrotte e colluse con la mafia? Forse, professore, noi e lei abbiamo un concetto di “Stato” un po’ diverso.

Come giovani non ci affidiamo ad uno Stato che, nelle figure dei carabinieri del Ros Mario Mori, Giuseppe De Donno e Antonio Subranni, mentre saltavano in aria magistrati, forze dell’ordine e civili innocenti, andò a cercare i vertici di Cosa nostra e trattò con loro per “indicibili ragioni di interesse nazionale” (come scritto nella sentenza di secondo grado). Abbiamo letto attentamente le migliaia di pagine di motivazioni dei primi due gradi di giudizio; sappiamo che le accuse nel processo erano per “violenza o minaccia a corpo politico dello Stato” (art. 338 c.p.); sappiamo che gli imputati sono stati assolti perché il reato di “trattativa” non è previsto nel nostro ordinamento. Ma speriamo che lei, professore Visconti, non sia tra quelle persone che ne negano l’esistenza a livello storico. Prima di tutto perché sono stati gli stessi imputati a confessare di aver trattato con Cosa Nostra e poi perché esiste una sentenza definitiva ed irrevocabile (sentenza Tagliavia di Firenze sulle stragi del 1993) che ne conferma l’esistenza. Infine, come giovani, studenti e cittadini riteniamo che questi fatti costituiscano una vergogna sul piano della responsabilità morale e politica: per lei, professore, ci dovremmo “affidare” ad uno Stato che tratta con le organizzazioni criminali? 

Non ci “affidiamo” ad uno Stato che, nella figura di un Presidente della Repubblica come Giorgio Napolitano, chiamato a testimoniare nel processo Trattativa Stato-mafia, chiese   ed ottenne con un’azione senza precedenti la distruzione delle intercettazioni sulle telefonate tra lui e l’allora indagato ex ministro Mancino.

Non ci “affidiamo” ad uno Stato che, nella figura di un Presidente del Consiglio come Silvio Berlusconi, il quale ha governato per quasi 20 anni il nostro Paese, ha pagato con fior di milioni Cosa nostra dal 1974 al 1992, mentre quella stessa Cosa nostra uccideva persone innocenti; un Presidente che ha avuto come braccio destro un uomo condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa e che fino alla sua morte era indagato alla procura di Firenze come mandante esterno delle stragi del 1993.

Non ci “affidiamo” ad uno Stato che, nelle figure di senatori e parlamentari, si è colluso con le organizzazioni mafiose, senza mai pentirsi delle proprie azioni: Marcello Dell’Utri (condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, per essere stato intermediario di un patto tra Berlusconi e Cosa nostra), Antonino D’Alì (che da segretario agli Interni operò a favore dei mafiosi capeggiati da Matteo Messina Denaro ed è stato condannato in via definitiva a sei anni sempre per concorso esterno), Nicola Cosentino (referente del clan dei casalesi, uno dei più potenti della Camorra, condannato in via definitiva a dieci anni per concorso esterno), Amedeo Matacena (collegato alla ‘Ndrangheta, latitante per anni dopo la condanna definitiva del 2013 di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, oggi deceduto). 

Non ci “affidiamo” ad uno Stato rappresentato anche dal volto della figura dell’ex presidente dell’Ars, oggi senatore di Forza Italia, Gianfranco Miccichè, il quale è stato recentemente coinvolto in uno scandalo riguardante l’acquisto di cocaina, consapevoli che chi fa uso di droga alimenta comunque le mafie.

Non ci “affidiamo” ad uno Stato che, nella figura dell’attuale sindaco di Palermo Roberto Lagalla, ha accettato nella scorsa campagna elettorale l’appoggio di due condannati per fatti di mafia come Marcello Dell’Utri e Totò Cuffaro, senza aver mai voluto prendere esplicitamente le distanze da questi personaggi.

Non ci affidiamo ad uno Stato che, nella figura dell’attuale presidente della Regione, Renato Schifani, è stato indagato per fatti di mafia ed è attualmente imputato in un processo giudiziario per rivelazione di segreto d’ufficio.

Non ci affidiamo ad uno Stato che, nella figura dell’attuale Ministro della giustizia, Carlo Nordio, sulla scia di quanto già fatto dalla Cartabia, sta distruggendo i più importanti pilastri del nostro sistema di giustizia e della legislazione antimafia, garantendo impunità a politici e colletti bianchi: riforma delle intercettazioni, abrogazione del reato di abuso d’ufficio, limitazione della portata del reato di traffico di influenze, rimodulazione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, per non parlare dei bavagli sempre più grandi nei confronti dei giornalisti. Eppure lei, professore Visconti, è docente di diritto penale, queste cose dovrebbe saperle.

Non ci “affidiamo” ad una Presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha dichiarato il lutto nazionale per la morte di un finanziatore della mafia come Berlusconi e che in questi giorni, durante l’anniversario della strage di Via D’Amelio, ha deciso di scappare da Palermo per paura delle contestazioni: non “da parte della mafia” (come lei afferma), ma da parte dei cittadini e dei giovani.

Non ci affidiamo ad uno “Stato” che, nei governi che si sono succeduti, non ha mai voluto aprire gli archivi dei servizi segreti sulle stragi, da Portella della Ginestra in poi; uno “Stato” che ha depistato indagini, oscurato prove e si è avvalso più volte della “facoltà di non rispondere” a processo. Non si tratta, come lei afferma, di un’antimafia “nichilista” e il nostro non è un approccio “cameratesco”. Conoscere quei “super sistemi criminali”, per quanto possa essere scomodo a certi poteri, non ha assolutamente “effetti negativi” sulla nostra formazione. Al contrario, è il diritto che professori come lei ci negano di conoscere questi fatti, che costituisce un “vulnus” per il nostro percorso formativo. 

Se ha tempo di leggerle, ci sono sentenze, come quella del processo ‘Ndrangheta stragista, in cui sono riportati fatti e dichiarazioni di collaboratori di giustizia e di ex massoni accuratamente riscontrate, che dimostrano l’esistenza di questi “sistemi criminali” e distruggono la narrativa tradizionale e anti-storica delle mafie come organizzazioni separate l’una dall’altra e ancorate ai propri territori.

Questa lettera è per farle sapere professore che i giovani e gli studenti conoscono la storia, ma quella vera, scomoda e fastidiosa: non la storia che ci viene propinata con concetti retorici e astratti di “legalità”, o con passerelle istituzionali all’interno delle nostre scuole e università.

Per questo motivo vogliamo ascoltare e confrontarci con magistrati come Nino Di Matteo, il quale si è occupato di decine e decine di processi, e giornalisti come Saverio Lodato, al quale Giovanni Falcone in persona parlò di quelle “menti raffinatissime” subito dopo il fallito attentato all’Addaura nel 1989. Al netto delle opinioni personali, Di Matteo e Lodato rappresentano due voci autorevolissime nel racconto della storia delle stragi, delle vite dei nostri martiri, delle indagini e dei processi antimafia, così come nella loro esperienza professionale e umana. La sua volontà di squalificarli agli occhi degli studenti ci sembra un tentativo di grande bassezza morale. 

In ogni caso stia certo, professore, che nei nostri spazi continueremo a mobilitare le nostre coscienze e il nostro pensiero critico, indipendentemente dal pensiero di altri professori, dirigenti scolastici, rettori o capi di dipartimento che possano pensarla come lei: difendendo il nostro diritto a sviluppare le nostre idee e invitando le persone che per noi rappresentano veramente quello “Stato” a cui vogliamo affidarci.

Proprio sulle parole espresse dal dottore Di Matteo in uno dei nostri incontri, sulla necessità di “contrapporre al muro di gomma del silenzio il chiasso del dibattito e dell’approfondimento”, come giovani continueremo a parlare di questi temi e a creare occasioni di confronto. Se per lei professore Visconti questa si chiama “antimafia della fuffa”, allora noi la rivendichiamo in pieno!

Firme di studenti/esse delle Università e delle scuole:

  1. Andrea La Torre, studente dell’I.S.S. Mario Rutelli di Palermo
  2. Marta Capaccioni, studentessa Università degli Studi di Palermo
  3. Noemi La Spada, studentessa del liceo scientifico statale “Benedetto Croce”
  4. Claudio Pecoraino, studente del Liceo Regina Margherita di Palermo
  5. Antonino Albano, studente dell’I.S.S. Mario Rutelli di Palermo
  6. Davide Bonfigli, studente Università degli Studi di Perugia
  7. Jamil El Sadi, studente Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” 
  8. Beatrice Boccali, studentessa Università degli studi di Palermo 
  9. Asia Centofante, studentessa Università Politecnica delle Marche
  10. Fiona Iacobellis, studentessa Liceo delle scienze applicate E. Torriceli di Milano
  11. Sonia Tabita Bongiovanni, studentessa Università degli studi di Palermo 
  12. Irene Nespeca, studentessa Liceo delle scienze umane A. Giglielmotti Civitavecchia
  13. Laura Bonomi, studentessa Liceo Guglielmotti Civitavecchia
  14. Giada Trotta, studentessa Università  degli Studi di Torino 
  15. Karim El Sadi, studente Università degli studi di Palermo 
  16. Sofia Capaccioni, studentessa Università degli Studi di Macerata
  17. Thierno Mbengue, studente Università degli studi di Palermo
  18. Alessandro Versace, studente Università Della Calabria
  19. Saverio Solimani, studente Università degli Studi di Pisa
  20. Rosanna Bonfiglio, studentessa Università degli Studi di Messina
  21. Simone Basta, studente dell’I.I.S “Giustino Fortunato” di Rionero in Vulture
  22. Stefania Simonetti, studentessa del Liceo Giosuè Carducci di Nola
  23. Alessandra Legrottaglie, studentessa dell’Università degli studi di Bari “Aldo Moro”
  24. Francesco Lo Monaco, studente dell’I.S.S. Mario Rutelli di Palermo
  25. Giulia Cannella, studentessa dell’I.S.S. Mario Rutelli di Palermo
  26. Linda Funaro, studentessa Università degli Studi di Firenze
  27. Dennis Pinzone, studente Università degli Studi di Palermo
  28. Giorgio David Almendras País, studente I.S.S. Francesco ferrara di Palermo
  29. Luca Napoli, studente Università degli Studi di Napoli Federico II
  30. Simona Maggio, studentessa Università degli Studi di Palermo
  31. Chiara Mariagrazia Bellantone, studentessa Liceo Classico Tommaso Campanella (RC)
  32. Salvatore Di Lorenzo, studente dell’I.S.S. Mario Rutelli di Palermo
  33. Pietro Calligaris, studente Accademia di Belle Arti di Palermo
  34. Lucia Sgarbossa, studentessa Università degli Studi di Venezia
  35. Andrés González, studente Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano
  36. Paco De Nuzzo, studente Università degli Studi di Roma Tor Vergata
  37. Simeon Taormina, studente dell’I.S.S. Mario Rutelli di Palermo
  38. Giuseppe Amato, studente del Liceo Regina Margherita di Palermo
  39. Alessandro Taormina, studente dell’I.S.S. Mario Rutelli di Palermo
  40. Marta Napoli, studentessa del Liceo Regina Margherita di Palermo
  41. Giulia Corrao, studentessa dell’istituto Kiyohara-Parlatore di Palermo
  42. Mattia Gueli, studente dell’I.S.S. Mario Rutelli di Palermo
  43. Francesca Marcimino, studentessa dell’I.S.S. Mario Rutelli di Palermo
  44. Giorgia Barbagiovanni, studentessa del Liceo Sciascia Fermi di Sant’Agata di Militello
  45. Marco Lo Cicero, studente dell’I.S.S Mario Rutelli di Palermo
  46. Alessio Ferrara, studente dell’I.S.S. Mario Rutelli di Palermo
  47. Fabrizio Lo Monaco, studente dell’Università degli studi di Palermo
  48. Michela Barca, studentessa Università degli studi di Messina
  49. Fabiana Martino, studentessa dell’I.I.S. Alfonso Maria de’ Liguori di Sant’Agata de’ Goti
  50. Mariachiara Proia, studentessa Università degli studi di Pavia
  51. Gaia Oddo, studentessa dell’I.S.S. Mario Rutelli di Palermo
  52. Alessio Sancarlo, studente dell’I.S.S. Mario Rutelli
  53. Martina D’Adamo, studentessa Università degli studi di Genova
  54. Elena Chimenti, studentessa Liceo scientifico statale Augusto Righi di Roma
  55. Giuseppe Puleri, studente Università degli Studi di Palermo
  56. Francesca Mondin, studentessa Università di Macerata
  57. Francesca Cecere, studentessa Università degli studi Gabriele D’Annunzio
  58. Antonino Morana, studente Università degli Studi di Palermo
  59. Jacopo Bignami, università degli studi di Genova
  60. Carlotta Graziani, Università degli Studi di Roma Tor Vergata 
  61. ​​Nicole Castrataro, Liceo scientifico “Isis Majorana Fascitelli” di Isernia
  62. Francesca Sensini
  63. Nadia Lo Votrico, studentessa dell’Università di Catania
  64. Cecilia Naccarato, studentessa dell’Università degli Studi di Genova)
  65. Giorgia Bozzello Verole
  66. Biagio Torsello, studente del Politecnico di Torino
  67. Giulia Guagliardo, studentessa dell’Università degli studi di Palermo 
  68. Maria Antonietta Assenza, studentessa dell’Università degli Studi di Catania
  69. Laura Incantalupo, Wikimafia
  70. Ilaria Roncoroni, studentessa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
  71. Macchi Tommaso, studente dell’Università degli studi di Milano
  72. Simone Barbaro, studente dell’Università degli Studi di Palermo
  73. Sara Cinquegranelli, studentessa dell’Università La Sapienza Roma
  74. Elisea Lembo, studentessa Scuola Media Statale Publio Virgilio Marone
  75. Castronovo Salvatore, studente Università degli Studi di Ferrara
  76. Roberto D’Amore, studente dell’Università degli Studi di Catania
  77. Lorenzo Capretta, studente Università degli Studi di Palermo
  78. Anita Vinciguerra, studentessa Liceo Carlo Amoretti di Imperia
  79. Stefania Peduzzi, studentessa Università di Modena e Reggio Emilia
  80. Fabiana Giraldi, studentessa Libera Università di Bolzano
  81. Giacomo Pioppi, studente Università degli Studi di Torino 
  82. Nicolò Nicoletti, studente Università degli Studi di Milano
  83. Marilena Lo Greco, studentessa Università degli Studi di Palermo
  84. Chiara Tocco, studentessa Università degli studi di Palermo
  85. Alessandro Salerno, studente I.S. Majorana di Palermo
  86. Luis Alberto Ostaiza gomez, studente del Galdus Formazione di Milano
  87. Gloria Costantino, studentessa I.S. Ettore Majorana di Palermo
  88. Niccolò Vitiello, studente Università degli Studi di Firenze
  89. Chiara Priolo, studentessa dell’Istituto tecnico Parlatore di Palermo
  90. Francesco Di Venere, studente dell’Università di Foggia
  91. Simeon Taormina, studente I.S.S. Mario Rutelli di Palermo
  92. Maria La Corte, studentessa Istituto Regina Margherita di Palermo
  93. Giusi Priola, studentessa Istituto Regina Margherita di Palermo
  94. Gabriele Rizzo, studente di Palermo e militante sindacale
  95. Oriana Roccaforte, studentessa Università degli Studi di Palermo
  96. Lorenzo Selini, studente Università degli Studi di Bologna
  97. Giacomo Mastronardi, Università degli Studi di Trieste

Firmano la lettera anche i ragazzi e le ragazze di Wikimafia – Libera enciclopedia sulle Mafie.

(Firme in corso di aggiornamento)

Per nuove adesioni mandare il proprio “nome, cognome e istituto/liceo o università di provenienza” all’indirizzo e-mail appello.visconti@gmail.com 

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link