Il mare di morti in cerca di una vita migliore
Oltre centomila migranti, duemila morti accertati sino a ferragosto: sono i dati resi pubblici dal Viminale che, involontariamente, documentano il fallimento del Governo di centrodestra che aveva promesso, durante la campagna elettorale, di stroncare il flusso dei “clandestini”.
Affidare oggi al governo autoritario della Tunisia, ieri alla Libia, in cambio di denaro, il compito di bloccare nel deserto del Sahel il flusso dei migranti oltre che inumano è stato velleitario.
I migranti non sono felici vacanzieri che desiderano visitare l’Europa, non sono clandestini, come ha sancito la Cassazione italiana, sono dei disperati che fuggono da guerre, da fame, dalla lunga siccità per il riscaldamento climatico, da dittature diversamente sostenute da potenze occidentali o da Russia, Cina, Turchia.
Un paese democratico come l’Italia, non può alzare muri ai propri confini nazionali, alla Trump o alla Orban, per arginare una migrazione planetaria storica le cui cause affrontate e rimosse all’origine. Se i migranti, nei loro paesi, avessero lavoro, rispetto dei diritti umani, governi democratici non fuggirebbero.
Se le risorse e le ricchezze naturali dei loro luoghi d’origine fossero utilizzate, col consenso di servili governi nazionali, non da potenze politiche ed economiche straniere, ma da forze nazionali dedite al bene comune dei propri cittadini, non scapperebbero per farsi sfruttare da mafie interne e internazionali e da imprenditori di pochi scrupoli.
Inoltre senza guerre i governi potrebbero eliminare la spesa per le armi e usare le risorse per il benessere dei loro popoli.
Occorre una forte volontà comune a livello internazionale come invoca Papa Francesco in ogni occasione, affrontare alle radici l’attuale crisi significa rivedere il modello di sviluppo attuale.
La globalizzazione senza governance internazionale democratica ha fatto crescere il PIL mondiale ma anche la povertà e la disuguaglianza sociale. Non ha gocciolato ricchezza verso il basso, come vantato dai suoi sostenitori, ma ha favorito la concentrazione della ricchezza in pochi gruppi multinazionali senza controlli democratici da parte della politica che ha perso peso, autorevolezza e capacità di visione e analisi delle trasformazioni tecnologiche, socioeconomiche, finanziarie. Si pone, dunque, il ruolo che deve esercitare l’Onu.
Il tema riguarda anche l’Ue che deve decidere cosa fare per non essere solo un’area di libero scambio, ma un’istituzione politica con visione e comportamenti unitari riconoscibili a livello planetario, capace di superare i rischi che corrono attualmente i sistemi istituzionali democratici dei paesi membri. Ciò è urgente per recuperare la fiducia dei cittadini europei per sconfiggere populismi, sovranismi, antipolitica e invocazioni dell’uomo forte.
Le prossime elezioni europee saranno il banco di prova del recupero della fiducia degli elettori: è in gioco la democrazia, un futuro di pace, di lavoro e di libertà.
* Centro Studi Pio La Torre, 22/08/2023
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