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Mafia, giustizia e legalità

Di Cesare Piccitto il . Progetti e iniziative

In una villa Gordiani, insolitamente
piena, si è svolto uno dei più attesi dibattiti in programma all’interno
del programma della festa di “Sinistra Ecologia e Libertà”. Il
tema della serata “mafia giustizia e legalità”, a moderarlo il
giornalista Giovanni Bianconi, Corriere della Sera. Il tema introdotto
dal giornalista, inevitabilmente, è legato a gli argomenti di strettissima
attualità. Le ultime novità che stanno emergendo su le stragi del
92’. Le verità che lentamente, quasi centellinate stanno emergendo
su retroscena di quei mesi e soprattutto sui depistaggi operati da pezzi
importanti dello Stato. Più che una domande, quelle di Bianconi,
sono uno spunto che offre a gli altri relatori la possibilità di rifletterne
pubblicamente davanti ad una platea numerosa e attenta. Il giornalista
cita le ultime dichiarazioni, in merito proprio alle indagine su via
d’Amelio, del Pm, Domenico Gozzo: «Non so se la politica saprà reggere
la verità che sta emergendo sulle stragi». Quelle parole pesanti
come macigni, che sono state raccolte dagli organi di stampa e sarebbero
state procunciate davanti ai giornalisti che assediavano la prefettura
di Palermo, poco prima di entrare in audizione con la Commissione antimafia,
che ha secretato i verbali della seduta: «Una verità che passa anche
attraverso alcuni apparati istituzionali – avrebbe aggiunto, nella
stessa circostanza, il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo» 

Il primo a intervenire è Francesco
Forgione, ex presidente della Commissione antimafia, riferendosi alle
zone d’ombre sempre presenti nella nostra storia repubblicana si sofferma
sulla mancanza di una volontà politica spesso nella ricerca della verità.
Oggi come ieri la politica italiana rende, di fatto, difficoltoso e
spesso irraggiungibile una verità giudiziale. Anche nelle stragi più
lontane nel tempo, tale atteggiamento non cambia. Forgione ricorda,
infatti, come su Portella della Ginestra, la politica italiana apponga
tutt’oggi il “segreto di stato” su molta (e determinante) documentazione. 

Prosegue nel suo intervento,
arrivando all’attualità su via D’Amelio. “E’ intollerabile
la doppiezza dello Stato che sappiamo oggi esserci stata anche nella
strage del 92’. Non è tollerabile che un pezzo delle forze dell’ordine
abbiano addirittura depistato quelle indagini ” Sottolinea – inoltre
– la necessità di una antimafia sociale di popolo che stia fuori dalle
aule di tribunale. Che sia in grado di riaccendere e far rivivere le
coscienze civili degli italiani che sembrano ormai addormentate: “

“un antimafia meno delle
ricorrenze o della memoria ad orologeria. Una antimafia quotidiana,
viva” 

Il procuratore capo di Torino,
Giancarlo Caselli, riallacciandosi, alle parole di Forgione esprima
anche lui la necessità di avere una antimafia su due versanti; ma che
quella che deve funzionare primariamente è l’antimafia giudiziale.
Dal punto di vista tecnico, prosegue Caselli, la giustizia non funziona
per la mancanza di cose elementari. “Mancano, ad esempio, i cancellieri.
Sembra cosa da nulla ma questa semplice mancanza è uno degli elementi
che rallenta la giustizia – prosegue il procuratore – il 15/30% in
meno di cancellieri rende difficoltosa la macchina della giustizia,
se a questo si aggiungono i continui prepensionamenti e il non inserimento
di nuovo personale, capite bene che anche le udienze subiscono un rallentamento
e rinvii ciò rallenta generalmente tutta la macchina della giustizia”. 
Il procuratore capo di Torino, si sofferma quindi, sulla riforma della
giustizia in discussione nello specifico la legge su le intercettazioni:
“verrà limitato in maniera drastica l’uso, al punto da renderlo
inefficace come strumento investigativo. Un governo che dice di battersi
per la sicurezza non può e non deve limitare le intercettazioni, con
la quale vengono a galla la maggior parte dei reati. E’ una incoerenza
politica: battersi per la sicurezza e depotenziare lo strumento cardine
della ricerca della maggior parte dei reati penali”. Riferendosi alle
indagini su via D’Amelio e le verità che stanno emergendo, Caselli
dichiara: “sono inchieste difficili come lo erano le inchieste condotte
da Falcone e Borsellino negli anni 80’: le collusioni tra mafia e
politica Ciancimino a Palermo e le indagini sui “Cavalieri del lavoro”
a Catania. Indagini che portarono all’isolamento i due magistrati”.  

  Nichi Vendola in chiusura
di dibattito rievoca il proprio percorso personale e militante all’interno
della sinistra che è stato concomitante con la militanza antimafiosa.
Anche lui concordando con gli altri relatori, si sofferma sulla necessità
di una forte “doppia antimafia” e sulla necessità, oggi più che
mai, di non relegare più la questione mafia come un fenomeno meridionale
ma bensì di portata globale. Necessità di riaprire un dibattito pubblico
sulla ormai dimenticata “questione morale” nella politica. L’etica
nella politica, la riproposizione della dottrina berlingueriana,
in ogni livello della politica ed in qualsiasi contesto essa si trovi
ad amministrare la cosa pubblica. 

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