Nel 43esimo anniversario della strage del 2 agosto 1980 l’Aser al fianco dell’Associazione dei familiari delle vittime
L’Associazione stampa Emilia Romagna anche quest’anno sarà al fianco dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage del 2 agosto 1980 a Bologna.
Sono trascorsi 43 anni da quella maledetta mattina quando lo scoppio di una bomba fece 85 morti e oltre 200 feriti. Oggi il quadro giudiziario della strage è molto chiaro: tre persone condannate in via definitiva per concorso in strage (Francesca Mambro e il marito Giusva Fioravanti, ergastolo; Luigi Ciavardini 30 anni), un altro ex Nar, Gilberto Cavallini condannato all’ergastolo in primo grado con un processo d’appello in corso, stessa sorte per Paolo Bellini di Avanguardia Nazionale. Ma le indagini della Procura generale di Bologna sono riuscite e portare alla luce anche – stando sempre alle indagini – chi organizzò e finanziò l’orrore: la P2 di Licio Gelli. Nella rete, nel corso degli anni, sono finiti anche una serie di depistatori.
Tantissime sono le iniziative che in questi giorni animano la città metropolitana di Bologna con l’intento di non dimenticare la strage. Il cuore della cerimonia è a Palazzo d’Accursio, lungo via Indipendenza fino a Piazza Medaglie d’Oro.
Mercoledì alle 8.20 nel Cortile d’Onore del palazzo comunale il sindaco Matteo Lepore incontrerà i familiari delle vittime insieme alle massime autorità: in rappresentanza del governo, qui interverrà il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Prenderà la parola anche il Presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. È già stata annunciata la partecipazione alla commemorazione della segretaria del Pd Elly Schlein e di Patrick Zaki, rientrato da una settimana in città dopo aver ricevuto la grazia dal presidente egiziano.
Alle 8.50 il corteo dei familiari con la gerbera bianca al petto, di cittadini e istituzioni partirà verso la stazione centrale, incontrando nel percorso i «sampietrini della memoria» su cui sono incisi i nomi e le età delle 85 vittime. Alle 10in Piazza Medaglie d’Oro è in programma l’intervento dal palco del presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage Paolo Bolognesi.
Alle 10.25, ora dello scoppio della bomba, il triplice fischio della locomotiva segnerà il minuto di silenzio; poi le conclusioni con il sindaco Matteo Lepore
In occasione del 43esimo anniversario, ha scritto per noi un ricordo di quei momenti la collega Cristina Boschini, componente del direttivo Aser. Lo pubblichiamo di seguito.
“E’ ancora difficile, per me, parlare del 2 agosto 1980. I ricordi sono vividi, ma l’emozione è rimasta la medesima di quel giorno. Avevo 17 anni e avevo terminato il quarto anno del Liceo Classico. Il signor B., fattorino della redazione del ‘Carlino Modena’, andava sempre in ferie per tutto il mese di agosto e io, già da un paio d’anni, lo sostituivo. Volevo guadagnare qualche soldo per potermi iscrivere a scuola guida, dopo la maturità. Il mio lavoro, apparentemente semplice, comportava una discreta responsabilità: tutte le mattine ritiravo la mazzetta dei quotidiani all’edicola, quindi aprivo la redazione, di cui avevo le chiavi, appoggiavo i giornali sul tavolo del direttore e sedevo alla macchina da scrivere per aggiornare gli elenchi (film in programma nei cinema, farmacie, officine aperte e altri servizi utili ai cittadini). Col telecopier, antesignano del fax, dovevo inviare gli elenchi a Bologna, dove si impaginava il giornale, insieme a tutti gli articoli che man mano mi consegnavano i giornalisti nell’arco della giornata. Raccoglievo anche le foto, controllavo i loro spazi sui menabò, le didascalie, poi riponevo tutto nella busta del ‘Fuori Sacco’, che dovevo portare personalmente in stazione e consegnare all’addetto del vagone postale del ‘Milano Crotone’ delle 21. Non c’era internet, allora; ll telecopier era un oggetto grande come una lavatrice.
Dovevo presidiarlo perché non era sempre libero. I tempi erano decisi a Bologna: la linea veniva data alle redazioni delle province emiliano-romagnole, a turno. Faceva molto caldo, quel giorno. Aprii la redazione poco prima delle 10. A poco a poco iniziarono ad arrivare i giornalisti; li vedevo tutti, dalla mia postazione. Erano circa le 10,45. Alzai lo sguardo sulla stanza difronte. Proprio in quell’attimo Italo (Frigeri) alzò il ricevitore del telefono e balzò in piedi. Era un signore sui 45 anni. Rivedo la sua sagoma longilinea in controluce, la camicia bianca indossata sui jeans. Il suo braccio si levò e ricadde. Riagganciò il telefono e si guardò attorno sgomento: “E’ esplosa la stazione di Bologna….Alle dieci e mezza”. Iniziò una sorta di concitazione silenziosa. Dopo un momento d’incredulità, tutti si diedero da fare per avere maggiori notizie: telefonavano, ma bisbigliando, controllavano le mappe, le foto degli archivi, frugando rapidamente negli schedari. Da Bologna arrivò l’annuncio: edizione straordinaria. Le prime notizie parlavano di una caldaia, di qualcosa che era scoppiato in un impianto. Sentivamo le sirene di ambulanze che partivano dal Policlinico di Modena. Alle 13,30 le prime immagini dei telegiornali furono eloquenti. Già in quelle edizioni dei tg nazionali si iniziò a parlare di una bomba, di quella voragine nella sala d’aspetto. Eravamo entrati tutti in una sorta di automatismo; silenziosi, febbrili. Man mano che arrivavano i ‘fax’ li portavo al Capo. Ciascuno di noi aveva un amico, un parente, che quel giorno sarebbe stato in partenza o che lavorava in stazione, che non dava notizie. E non esistevano i cellulari. Verso sera iniziarono a giungere anche gli elenchi dei primi morti, quelli che erano stati riconosciuti. Dovevo scorrere le liste per controllare se ci fossero stati Modenesi tra le vittime. A un tratto scorsi un nome uguale a quello di un ragazzo che avevo conosciuto in vacanza, uno o due anni prima. Pensai a un’omonimia. Seppi solo dopo qualche giorno che si trattava proprio di lui. Tuttora, se chiudo gli occhi, vedo qual foglio di carta chimica, con sopra il suo nome. La sera del 2 agosto 1980 non portai nulla in stazione: i treni erano fermi. Si tornò a casa molto tardi, alla spicciolata, in silenzio. Ancora oggi, passando davanti alla stazione di Bologna, ritrovo quel silenzio sospeso nel quadrante dell’orologio con le lancette fisse sulle 10 e 25 minuti”.
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