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Fare memoria vuol dire unire insieme sentimento e ragione

Pierluigi Ermini il . Cultura, Giovani, Memoria, Politica, Società

Lo scorso 5 agosto l’Anpi Provinciale di Arezzo ha organizzato un bellissimo evento dal titolo “Il fiore del partigiano”, inaugurando un cippo che dalla croce del Pratomagno si affaccia su tutto il Valdarno e il Casentino.

Un gesto in memoria e in ricordo di tutti coloro che hanno combattuto (e molti hanno anche perso la vita) durante la Resistenza, fino alla liberazione della nostra terra dal nazismo e dal fascismo. Un momento per fare memoria, attraverso il ricordo di gesti ed eventi che hanno permesso al nostro paese di uscire dalla dittatura e aprire la stagione della democrazia.

Non è un caso che l’Anpi abbia invitato anche Libera a quel momento, perché anche Libera, come l’Anpi fa della memoria il cuore della sua attività.

Una memoria che è l’inizio della strada che conduce prima al rifiuto dell’indifferenza e poi all’impegno civile.

Memoria non è raccontare ciò che è accaduto, ma è mettere insieme fatti ed eventi singoli che si legano insieme e ci conducono alla spiegazione di ciò che è avvenuto per giungere a una consapevolezza storica.

Solo raggiungendo una consapevolezza storica si può condividere la scelta compiuta da quelle persone e arrivare anche noi a poter fare scelte importanti oggi, per difendere ciò che ieri altri hanno conquistato anche per noi.

Solo una conoscenza storica dà un senso ad eventi che altrimenti possono apparire solo come singoli eventi.

Come dice molto bene Nando Dalla Chiesa nel suo bellissimo libro “La legalità è un sentimento” la memoria non racconta, ma spiega: “La memoria ha una forza straordinaria. Congiunge il sentimento e la ragione, gli stadi della vita, le generazioni. Inchioda alle responsabilità”.

Parole forti che ci danno il senso di come fare memoria abbia la forza di entrare nella nostra vita e cambiarla, perchè ci spinge, attraverso la conoscenza che penetra nella nostra coscienza, a decidere da che parte stare.

Qui sta il senso di quel monumento sulla croce del Pratomagno, questa stupenda montagna che dal suo crinale ci permette di vedere il Valdarno ed il Casentino.

Quel monumento riunisce, in una consapevolezza storica, ogni singolo evento compiuto dai partigiani e i tanti eccidi commessi dai nazifascisti nelle due vallate.

Ma è il senso anche di noi di Libera ed è per questo che lo scorso 5 agosto siamo saliti, insieme all’Anpi, all’Arci, alle Acli, ai Sindacati, ai movimenti per la pace, su quella montagna.

Libera dal 1996 ha dedicato alla memoria la giornata del 21 marzo con il ricordo di tutti i nomi delle vittime innocenti delle mafie perchè sono parte, ognuna di quelle morti, di una storia collettiva, non somme casuali di singoli episodi.

Questo ci spinge a prendere coscienza della storia del nostro paese, anche sul versante della lotta alle mafie, e a fare scelte di impegno civile.

Quest’anno ricorrono i 30 anni dalla strage dei Georgofili.

Un bellissimo documentario realizzato dal Comune di Firenze e dalla società “Firenze Smart”, dal titolo “Illuminando la storia” ci permette di legare insieme, parlando di questa strage, tanti eventi che si sono succeduti nei mesi precedenti e successivi alla strage, che ci danno il senso storico di quanto avvenuto e del rischio che il nostro paese ha vissuto nel periodo che va dal gennaio del 1992 all gennaio del 1994.

Riattraversiamoli brevemente insieme.

Il 30 gennaio 1992 viene letta la sentenza finale della Corte di Cassazione sul maxiprocesso di Palermo, con la quasi totale conferma delle condanne concesse nel processo di primo grado. Il maxi processo di Palermo è considerato ancora oggi il processo più grande e importante mai fatto in Italia.

Il 12 marzo 1992 viene ucciso a Palermo Salvo Lima il più potente politico siciliano, leader della Democrazia Cristiana nell’isola. Lima fu ucciso perché non era riuscito a impedire le tante condanne inflitte ai mafiosi al termine del maxi processo.

Il 23 maggio 1992 ci fu la strage di Capaci dove vennero uccisi il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo (anche lei magistrato), e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Il 19 luglio 1992 avviene la strage di via D’Amelio dove vennero uccisi il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Il 15 gennaio 1993 viene arrestato il latitante e boss mafioso Totò Riina.

Il 9 maggio 1993 Papa Giovanni Paolo II pronunciò a braccio, in visita ad Agrigento, queste parole: “Questi che portano sulle loro coscienze tante vittime umane, devono capire, devono capire che non si permette uccidere innocenti! Dio ha detto una volta: “Non uccidere”: non può uomo, qualsiasi, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio! Qui ci vuole civiltà della vita! Nel nome di questo Cristo, crocifisso e risorto, di questo Cristo che è vita, via verità e vita, lo dico ai responsabili, lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!”. Sono state le prime parole chiare di presa di distanza netta della Chiesa dal mondo mafioso.

Nella notte tra il 26 e il 27 maggio 1993 avviene lo scoppio di una bomba in via dei Georgofili dove morirono i coniugi Fabrizio Nencioni e Angela Fiume, con le loro figlie Nadia e Caterina e lo studente Dario Capolicchio.

La notte del 27 luglio 1993 poco dopo le 23 una bomba scoppiò in via Palestro a Milano provocando la morte dei vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, dell’agente di polizia municipale Alessandro Ferrari e del migrante marocchino Moussafir Driss, che dormiva su una panchina.

Il 28 luglio poco dopo la mezzanotte a Roma un’autobomba esplose nei pressi della Basilica di San Giovanni in Laterano e cinque minuti dopo nei pressi della chiesa di San Giorgio in Velabro che causò ventidue feriti.

Il 23 gennaio 1994 l’esplosione di un’autobomba in viale dei Gladiatori a Roma, all’uscita dello Stadio Olimpico, doveva causare la morte di tanti carabinieri che operavano in un presidio in servizio per la partita di calcio Roma-Udinese. L’esplosione non avvenne per un malfunzionamento del telecomando che avrebbe dovuto innescare l’ordigno.

Solo una lettura congiunta di questi singoli eventi ci permette di arrivare a una spiegazione storica di quanto forte sia stata la follia omicida di origine mafiosa contro la nostra democrazia.

Ma nel contempo anche di come sia maturata in quegli anni nei cittadini (e anche nella chiesa) un forte senso di rivolta e di lotta alla mafia che poi ha dato vita anche alla nascita del cosiddetto fronte dell’antimafia.

Se si entra in questo percorso che è principalmente di conoscenza, si scopre che “fare memoria, non è aria ma ferro” come ci ricorda ancora Nando dalla Chiesa nel suo libro. Un ferro che ci rafforza nei valori della Resistenza ieri, nella difesa della nostra Carta Costituzionale e nel respingere la mentalità mafiosa oggi, che sono la strada per difendere la nostra libertà.

Così appaiono chiare le parole di Primo Levi nel suo libro “I sommersi e i salvati” quando afferma che “un popolo senza memoria è destinato a perdere la sua libertà, è come un vecchio che cammina senza sapere dove sta andando”.

I vecchi stanno giungendo alla fine della loro esistenza. Mentre i giovani hanno davanti a sé la vita e il tempo che gli può permetter di trovare la giusta via, per un anziano, non avere chiaro verso dove si cammina e ciò che conta realmente, giunto ormai alla fase finale della propria esistenza, è la rappresentazione di un vero e proprio fallimento.

Fare memoria, dare una spiegazione storica ai fatti che hanno segnato la storia recente del nostro paese, è dunque la strada per arrivare a un impegno civile e sociale.

È fare politica nella sua accezione più vera e limpida, riconoscendosi nei valori dell’antifascismo, della nostra Costituzione, della giustizia intesa come lotta alle disuguaglianze sociali, della ricerca della pace, della difesa delle verità storiche, della difesa della dignità di ogni persona (sia essa italiana che straniera).

In fondo sono quei i valori che, grazie alla nostra Costituzione ci legano insieme, e fanno di noi un popolo.

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La legalità è un sentimento

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