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In ricordo di Giorgio Ambrosoli, 44 anni dopo

Eugenio Fusco * il . Criminalità, Diritti, Istituzioni, Lombardia, Mafie, Memoria

Pubblichiamo di seguito il testo scritto dell’intervento del dott. Eugenio Fusco in occasione del convegno “Giorgio Ambrosoli” tenutosi a Bergamo il 12 luglio 2023. 

Giorgio Ambrosoli – come si legge nella brochure di questo “breve convegno” per la sua memoria e in suo onore – è stato anche un illuminato, arguto, preparatissimo avvocato. Personalmente, mi sentirei di aggiungere: il “padre” delle moderne indagini in materia di criminalità economica. E lo sento un padre putativo, anche per ragioni anagrafiche: sono nato nello stesso giorno in cui è nato Giorgio Ambrosoli, lui trent’anni esatti prima di me.

L’avvocato Giorgio Ambrosoli è stato un innovatore del metodo delle indagini nel settore dell’economia e della finanza così come Giovanni Falcone lo è stato nelle indagini su “Cosa nostra” e più in generale sulla criminalità mafiosa. Alcune appassionanti letture, negli anni immediatamente precedenti all’ingresso in magistratura, mi avevano già portato a queste conclusioni.

Me ne sono definitivamente convinto a seguito delle tante, fondamentali conversazioni, con Francesco Greco, con il quale ho avuto la fortuna di lavorare, a lungo, su tanti delicati dossier.

Ed oggi sono più che mai persuaso che proprio a uomini come Giorgio Ambrosoli si riferiva Mario Draghi nel delineare – in un passaggio, divenuto famoso, della lectio magistalis, tenuta in occasione del conferimento della laurea honoris causa in economia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, a Milano – quelle che possono definirsi le caratteristiche essenziali del civil servant: conoscenza, coraggio, umiltà.

Giorgio Ambrosoli e la conoscenza. Giorgio Ambrosoli è un avvocato che, occupandosi di procedure concorsuali, ha allargato le sue conoscenze, all’economia, alla finanza ed è capace di leggere i bilanci con le lenti del giurista, diverse da quelle di chi è avvezzo ai numeri ma non anche ai codici.

L’avvocato Ambrosoli – come i migliori “fallimentaristi” – scrutina scrupolosamente ogni documento perché per formare, con precisione, uno “stato passivo” – mi limito a fare un solo esempio – è necessario verificare le giustificazioni delle singole operazioni economiche e finanziarie.

Dunque, la sua è una competenza fondata sulla conoscenza che è essenziale per capire la complessità (Draghi).

E, occupandosi della liquidazione della Banca Privata Italiana (B.P.I.), la complessità con la quale deve misurarsi si presenta con una fisionomia del tutto “nuova”, per quell’epoca: la transnazionalità delle operazioni da esaminare. Vengono così attivate commissioni rogatoriali con gli Stati Uniti, il Lussemburgo e molti altri paesi esteri come non era mai accaduto prima di allora.

L’inchiesta sulla Banca Privata è indubbiamente la più all’avanguardia nel settore del penale dell’economia e Ambrosoli ne è il motore.

Egli è tra i primi – mi preme ricordarlo – a comprendere le insidie delle operazioni back to back, con le quali una società costituisce un deposito presso una banca a garanzia di un finanziamento che sarà erogato a un beneficiario legato alla stessa società che ha costituito il deposito: uno schema che verrà riscontrato in tante indagini finanziarie successive.

Ambrosoli, con le sue indagini, accerta anche il riciclaggio dei proventi della mafia – l’art. 648 bis non era stato ancora introdotto nel codice penale – e scopre quel malaffare che, prima di lui, nessuno aveva voluto vedere. D’altronde, la bancarotta non era all’epoca – ma forse ancora oggi – un delitto tanto infamante, e di “bancarottieri ricchi” ne circolavano molti.

Giorgio Ambrosoli e il coraggio. Ma – come osserva Mario Draghi nella sua lectio magistralis – la conoscenza non è però tutto, una volta stabilito, nella misura del possibile, come stanno i fatti, arriva il momento della decisione.

L’avvocato Ambrosoli mai si sottrae alla decisione: «Anna carissima, è il 25.2.1975 e sono pronto per il deposito dello Stato passivo della B.P.I. atto che ovviamente non soddisferà molti e che è costato una bella fatica».

Il lavoro proseguirà per oltre quattro anni, durissimi, e le decisioni assunte saranno tante e sempre più gravi.  Giorgio Ambrosoli è il simbolo del coraggio di chi non arretra di fronte al proprio dovere. Sempre rivolgendosi all’amatissima moglie scrive:

«(…) pagherò a molto caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per il Paese».

Alla base di questo atteggiamento, stanno i valori in cui Ambrosoli fermamente crede, anch’essi esplicitati nella lettera del 25 febbraio; nella quale, parlando dei figli, scrive: «abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il Paese, si chiami Italia o si chiami Europa».

Giorgio Ambrosoli e l’umiltà. L’umiltà – dice Draghi nella sua lectio magistralis – discende dalla consapevolezza che il potere e la responsabilità del servitore pubblico non sono illimitati, ma derivano dal mandato conferito, che guida le sue decisioni e pone limiti alla sua azione.

Ambrosoli è stato anche sotto quest’aspetto un esempio da imitare: l’assoluto rispetto della legge, il franco rapporto con chi gli aveva conferito il mandato e con i più stretti collaboratori.

L’avvocato Giorgio Ambrosoli ha adempiuto il proprio compito senza ricercare scorciatoie, nella costante consapevolezza dei limiti dei poteri attribuitigli, ma senza, per questo, fermarsi davanti agli ostacoli che, anche i poteri dello Stato, frapponevano alla sua azione.

* Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Milano

Fonte: Sistema Penale


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