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Un anno senza Daouda

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Il 2 luglio 2022 ad Acate scompariva nel nulla l’operaio ivoriano. Indagini ferme. Tanta omertà. Una storia da raccontare. Da far conoscere. Una storia che chiede verità e giustizia.

Una storia che inizia il 2 luglio 2022: nel pomeriggio di quel giorno si perdevano le tracce di Daouda Diane, giovane mediatore culturale originario della Costa D’Avorio e residente da alcuni anni ad Acate (RG).

Daouda era partito qualche anno fa dal suo paese e, come tanti, aveva sfidato il Mediterraneo con una imbarcazione poco sicura. Giunto in Sicilia era riuscito a trovare lavoro come mediatore culturale anche grazie alla sua dimestichezza con le lingue. Conosceva molto bene, oltre al francese, anche l’inglese e aveva imparato in poco tempo a parlare spigliatamente l’italiano. Aveva lasciato la sua famiglia in Costa D’Avorio e lavorava per realizzare il suo sogno: portare moglie e figli in Sicilia. Per questo motivo aveva scelto di impegnarsi in un secondo lavoro che lo vedeva operaio in una azienda di calcestruzzi, la SGV di Acate. Daouda, nonostante l’azienda abbia cercato di negare la cosa, lavorava in nero e, assieme agli altri operai, sopportava condizioni di lavoro proibitive, specie per chi come lui soffriva di diabete.

Il 2 luglio, alle 14.30 invia due video ad un suo amico connazionale nei quali stranamente parla per lo più in francese e non in bambara, il dialetto ivoriano con il quale i due abitualmente comunicavano tra loro. Nel primo le immagini fanno vedere Daouda dentro una betoniera, con un martello pneumatico in mano privo delle dovute protezioni. Nel secondo di lui si sente la voce che dice “Qui il lavoro è duro, qui si muore”. Quella è l’ultima sua testimonianza. Un paio d’ore dopo il suo cellulare si spegne e di lui non si ha più notizia. Non lo si vede uscire dal posto di lavoro, anche perché le videocamere di sorveglianza della SGV non funzionano, “da tempo”, secondo la versione dell’azienda.

Nella sua stanza Daouda ha lasciato il passaporto, il permesso di soggiorno in originale, soldi e persino un biglietto aereo per la Costa D’Avorio, con volo prenotato per il 22 luglio, un volo che Daouda non ha mai preso. Poco dopo quella data la Procura ha aperto, contro ignoti, un fascicolo per omicidio e occultamento di cadavere.Il coordinamento di Libera Ragusa, assieme alle associazioni della rete (Cgil, Anpi, Caritas Ragusa, Emergency Pozzallo, i circoli provinciali di Legambiente, Mediterranea Saving Humans,, Mh-Casa delle Culture), sin dalle prime ore si è mobilitato per tenere accesi i riflettori sulla scomparsa di Daouda.

Un anno dopo, la verità coperta dall’omertà

Da quel pomeriggio del 2 luglio  è trascorso un anno. Senza nessuna notizia, nessuna traccia, nessun indizio.Le indagini sono ferme. La verità coperta dall’omertà. I suoi familiari continuano a che chiedere di lui.

Lo scorso maggio Luigi Ciotti si è recato in Costa d’Avorio per incontrare incontrato la moglie di Daouda rilanciando il suo appello “Sono Awa. La moglie di Daouda. Voglio giustizia, aiutatemi per fare luce su quello che è successo a Daouda e sulla sua sparizione. Ho fiducia e conto sulla giustizia.”. Un incontro toccante tra la famiglia di Daouda e Luigi Ciotti durante il quale la moglie ha ricordato che aveva lasciato la Costa D’Avorio per andare a lavorare nel nostro paese per portare la sua famiglia inSicilia. Aveva trovato un secondo lavoro che lo vedeva operaio in una azienda di calcestruzzi, la SGV di Acate dove sopportava condizioni di lavoro proibitive.

“Abbiamo il dovere di continuare a cercare la verità – ha commentato Luigi Ciotti, presidente di Libera – perché solo così si può costruire un percorso di giustizia. Una verità che passeggia per le vie di quella città. C’è chi sa, c’è chi ha visto. Lo dobbiamo a lei e alla sua famiglia e dobbiamo impegnarci tutti perché questo avvenga. Libera non la lascerà sola perché Dauda è nostro fratello”.

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“Voglio giustizia, aiutatemi a far luce su quello che è successo a mio marito Daouda Diane”

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