Peccati di presunzione
Tristezza è la sensazione che mi pervade in questi giorni vedendo quanto il mondo della politica sta offrendo a questo nostro paese.
Ho assistito giorni fa al dibattito surreale svoltosi in Parlamento quando un ministro di questa repubblica si è presentato per spiegare quanto stava avvenendo o era avvenuto in alcune aziende da lei gestite prima del suo ruolo istituzionale, o nelle quali aveva una compartecipazione azionaria.
Già era palese agli occhi di tutti il conflitto che il ministro del turismo vive ogni giorno perché non basta cedere una attività per sentirsi fuori dal giro di interessi che l’avevano riguardata fino a poco tempo prima.
Ma assistere a un dibattito in cui questo ministro si rivolge ai parlamentari suoi colleghi affermando che avrebbe parlato loro come imprenditore, ci fa capire come questo nostro paese stia rischiando di non arrivare mai ad una democrazia compiuta.
Non entro nel merito delle indagini penali o civili, ma è chiaro a tutti che questa persona non possa avere la necessaria libertà nell’esercizio delle sue funzioni e dunque impossibilitata politicamente a proseguire nell’incarico che gli è stato affidato.
Avrà da seguire come risolvere i problemi delle sue aziende, come evitare fallimenti, come riuscire a pagare i compensi alle persone che lavoravano per lei e dunque non potrà occuparsi con la necessaria serenità del suo ruolo a favore della collettività.
Solo la presunzione di non accettare la realtà che è chiamata in questa fase ad affrontare le impedisce di rassegnare le dimissioni.
Quasi in contemporanea abbiamo assistito a un Presidente del Senato che invece di trincerarsi nel silenzio per quanto sta accadendo a suo figlio (al quale auguriamo di non aver commesso nessun reato) ci ha comunicato che dopo aver parlato a lungo con lui, accusato d violenza sensuale, ha direttamente appurato che lo stesso non ha fatto niente di penalmente perseguibile.
Ha così, da buon avvocato, svolto il ruolo di difensore, e poi vestito i panni del giudice e assolto il suo “assistito”… mettendo nel contempo in dubbio le accuse della presunta ragazza violentata.
Anche in questo contesto traspare la presunzione di arrivare a conclusioni che non spettano a lui, mettendo “vestiti” che non può indossare.
Stiamo parlando del Presidente del Senato, la seconda carica dello Stato che, per il ruolo che riveste, dovrebbe avere rispetto per la strada e i percorsi che la giustizia deve perseguire, anche nelle parole che dice, anche se riguardano i suoi affetti personali.
Sempre negli stessi giorni il sottosegretario Delmastro è stato rinviato a giudizio (con una imputazione coatta, dopo che il pubblico ministero ne aveva chiesto il proscioglimento) per aver svelato alcune informazioni al deputato Donzelli sul “caso Cospito”. Notizie che, secondo il giudice delle indagini preliminari non potevano essere rivelate.
In questo caso, aldilà dell’aspetto penale e delle decisioni del G.I.P., si assiste a un doppio “peccato di presunzione”.
Da parte di Delmastro che ha rivelato a chi poteva farne un uso politico queste informazioni, ma più grave ancora la presunzione di Donzelli per l’uso, a dir poco superficiale e avvilente, che ha fatto di queste informazioni, rivelandole durante una discussione pubblica in Parlamento.
Peccati di presunzione che dimostrano come queste persone facciano un uso improprio e non pubblico, del ruolo che svolgono mettendo i loro interessi personali e le loro prerogative politiche prima dell’impegno istituzionale che sono chiamati ad adempiere.
In tutti e tre i casi si ravvisa un scarso senso delle istituzioni e un senso di presunzione e di intoccabilità che lascia un grande amaro in bocca.
Per capire meglio la presunzione ci viene incontro la psicoanalisi: “Prima di essere parole, comportamento, modalità di relazione, la presunzione è “giudizio” su se stessi (un giudizio al rialzo, per eccesso), e in questo senso la presunzione è un peccato del giudizio. Il presuntuoso si pensa “più” di quello che in realtà è (che gli altri vedono ma lui non vede)“.
Queste parole tratte dal sito www.psicanalisipratica.com spiegano bene quello che è accaduto nei tre casi presi in considerazione.
Le vere vittime di quanto sta accadendo sono alla fine le nostre istituzioni repubblicane. Esse diventano più vulnerabili e deboli quando alcune delle persone che ne ricoprono ruoli e compiti, superano limiti che non dovrebbero essere superati.
In fondo quella che viene a mancare in questi casi è un’etica nei comportamenti che dovrebbe farci capire cosa possiamo o non possiamo fare, avendo come meta principale il bene comune e non il proprio io, i propri interessi, i propri giochi di partito.
Perché questo è richiesto a chi ha ruoli nelle istituzioni, sia esso un ministro, un presidente del Senato, un sottosegretario o un parlamentare.
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